Guerra culturale o logica ternaria?

 
FILE - In this Jan. 6, 2021, file photo, violent insurrectionists loyal to President Donald Trump scale the west wall of the the U.S. Capitol in Washington. Two Seattle police officers who were in Washington, D.C., during the Jan. 6 insurrection were illegally trespassing on Capitol grounds while rioters stormed the building, but lied about their actions, a police watchdog said in a report released Thursday, July 8, 2021. (AP Photo/Jose Luis Magana, File)

Durante le ultime settimane, in alcuni articoli ho trovato un concetto forse non nuovo, ma comunque preoccupante: la cosiddetta “guerra culturale”.
Papa Francesco ha parlato in diverse occasioni di “guerra mondiale a pezzi”, in riferimento al proliferare di conflitti militari o violenti. La “guerra culturale” è un’altra cosa, non meno grave, certamente più profonda e non di rado causa di conflittualità bellica.

Leggo, ad esempio: «In una società iperconnessa, cresce la percezione della contrapposizione a favore o contro qualsiasi cosa: vegani contro carnivori; negazionisti contro epidemiologi; uomini contro donne; femministe di sinistra contro femministe di destra; progressisti contro conservatori». Basta che una persona (intellettuale, artista o teologo), nota per il suo stile progressista, decida di approfondire il discorso animalista (per dire…) che immediatamente passa a ingrossare le file del conservatorismo più rancido.

Il tribunale del pensiero dominante è spietato. E la sala processuale privilegiata è quella dei social, come Twitter, dove si usano poche parole, onde evitare ogni forma di argomentazione. In questo modo risulta improponibile lottare contro l’ingiustizia sociale e difendere allo stesso tempo la vita in tutte le sue fasi; o rispettare la condizione sessuale di ogni persona e allo stesso tempo credere nei benefici della famiglia tradizionale. No, nella guerra culturale vige la “logica binaria” del vero o falso assoluti.

Pochi sfuggono alla regola che costringe a scegliere da che parte stare. Sembra ingenuo riconoscere che c’è qualcosa di vero in ogni forma di pensiero, se condotto con onestà. La “guerra culturale” diviene così un inno all’intolleranza. Se rimanesse solo a livello di discorsi e dibattiti, sarebbe tutto sommato passabile; il problema è che contamina i rapporti quotidiani producendo divisioni, separazioni, rotture. Perdere una battaglia culturale implica una pena morale, significa diventare indegno di appartenere a un determinato gruppo sociale.

Alto tasso di ideologizzazione, pensiero squalificante, logica binaria: ecco gli ingredienti del clima culturale che ci sovrasta. Di fronte a tutto questo, penso sia importante opporre la realtà all’ideologia, la stima dell’altro (in quanto altro, anche col suo modo di pensare) al disprezzo; la logica ternaria alla logica binaria (in senso relazionale, antropologico).

La logica ternaria, infatti, è una logica versatile, che accetta la possibilità di non sapere tutto, di non cogliere tutti gli aspetti della realtà, di dare una possibilità al diverso e allo sconosciuto. È il fondamento della “pace culturale”, a favore di una convivenza armoniosa, rispettosa, plurale e amicale.

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