Grazie a don Roberto, testimone di carità

Don Roberto Malgesini è stato definito "il parroco degli ultimi" e di lui ha parlato anche papa Francesco. Un ricordo da parte del suo parroco, don Gianluigi Bollini.

Ucciso il 15 settembre scorso a Como, Don Roberto Malgesini era un sacerdote definito come “il parroco degli ultimi”, che si era speso ogni giorno per aiutare chi si trovava senza un lavoro, senza una casa, o in altre forme di difficoltà; e che alla fine ha trovato la morte proprio per mano di una delle persone da lui aiutate e che conosceva bene – dinamiche e motivazioni sono ancora al vaglio degli inquirenti, e lì le lasceremo –, in quello che a molti è apparso come un vero e proprio martirio.

Di lui ha parlato anche papa Francesco, che al termine dell’udienza generale di mercoledì scorso ha detto: «Mi unisco al dolore e alla preghiera dei suoi familiari e della comunità comasca e, come ha detto il suo vescovo, rendo lode a Dio per la testimonianza, cioè per il martirio, di questo testimone della carità verso i più poveri. Preghiamo in silenzio per don Roberto Malgesini e per tutti i preti, suore, laici, laiche che lavorano con le persone bisognose e scartate dalla società».

Di don Roberto ci parla don Gianluigi Bollini, parroco della comunità pastorale Beato Scalabrini di Como, di cui fa parte anche la parrocchia di San Bartolomeo, di cui era parroco il sacerdote ucciso, ricordato sui media come “prete di strada” ed entrato, suo malgrado, nelle polemiche contro l’immigrazione irregolare.

«Sì, si è detto già di tutto di più – ammette don Gianluigi–, ma chiaramente la mia prospettiva è diversa. Sicuramente il dolore per aver perso un confratello, un testimone di carità speciale, come ha detto il Papa, è immenso. Non solo per me, ma anche per tanti altri. E davanti al dolore ognuno reagisce a modo proprio, anche sopra le righe, con l’emotività che gioca una parte determinante. Per prima cosa, quindi, credo sia bene lasciar decantare tutti questi sentimenti, pur legittimi, per raccogliere i frutti dopo».

I frutti non solo di un dolore in cui, osserva don Gianluigi, «dovremo capire che cosa Dio ci sta dicendo»; ma anche della vita di don Roberto, della sua testimonianza, trovando così la forza per portarla avanti. Pensieri che don Gianluigi vuole raccogliere in un messaggio alla comunità.

«Sicuramente vorrei dire un grande grazie – esordisce –. Un grazie a don Roberto per la sua testimonianza di vita evangelica gioiosa, di attenzione a tutti: gli ultimi, i poveri, i senza fissa dimora. Un’attenzione che è andata fino al dono della vita. E, in questo, voglio dire grazie perché anche con la sua morte ci ha fatto capire che è possibile vedere un mondo diverso di fratelli».

Una tematica che il parroco riconosce essere oggi assai divisiva: «Sarò contestato – ammette –, ma se, in un quartiere multietnico come è il nostro, la gente anche di altre fedi mi ferma per fare le condoglianze; se anche un imam mi telefona per esprimere la vicinanza della comunità musulmana; beh, credo siano i segni tangibili che stiamo raccogliendo i frutti della sua opera. Non so ancora come la porteremo avanti, sicuramente nessuno potrà sostituire don Roberto; però siamo chiamati a fare del nostro meglio. Anche insieme alle istituzioni, con cui c’è stata una bella esperienza di collaborazione. Ecco, vorrei guidare la comunità nel dire: grazie».

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