Gran Bretagna fuori dall’Ue, non si torna indietro

L'uscita dall'Ue non chiude il dibattito interno, anzi solleva molte altre questioni, anche perché il Paese è diviso a metà. Ci sono preoccupazioni innanzi tutto riguardo alle relazioni con Scozia e Irlanda, ben intenzionate a rimanere in Europa, ma emerge anche un conflitto generazionale, con i giovani, che vorrebbero rimanere agganciati al Vecchio Continente. Dal nostro corrispondente
David Cameron e Boris Johnson

Oggi tutto sembra diverso da ieri. Ieri la maggior parte di noi credeva che, per quanto con un margine risicato, avremmo deciso di rimanere nell’Ue; ma, man mano che lo scrutinio avanzava, è apparso chiaro che in realtà la maggioranza dei britannici era a favore dell’uscita della Gran Bretagna dall'Unione europea. La scommessa di Cameron non ha pagato.

 

Ma la sorpresa non è stata che la Scozia abbia votato a larga maggioranza per rimanere, o che gli elettori di orientamento politico a destra siano stati favorevoli all’uscita; ma che le roccaforti del partito laburista nel nord dell’Inghilterra e nelle Midlands abbiano deciso di non seguire l’invito del loro partito, e votare per l’uscita. Alla fine, sembra che siano stati gli elettori bianchi della classe lavoratrice ad esprimere la loro frustrazione per l’immigrazione, i salari bassi, i “burocrati senza un volto di Bruxelles”, e far uscire la Gran Bretagna dall’Ue. Ma, ben lungi dal chiudere il dibattito sull’Ue nel Paese, questo referendum solleva molte altre questioni.


Innanzitutto c’è la questione scozzese. I cittadini della Scozia hanno votato a larghissima maggioranza per rimanere nell’Ue, e il Partito nazionalista scozzese (Snp) sta già chiedendo un altro referendum sull’indipendenza da Londra. L’Unione della Gran Bretagna e dell'Irlanda del Nord è, a questo punto, seriamente e più che mai a rischio.


Poi c’è la questione di chi ha votato pro e chi contro l’uscita. Il 75 per cento degli elettori sotto i trent’anni hanno votato contro. Molti giovani hanno una visione più ampia dell’Europa: vanno nel continente, ci lavorano, ci studiano, si fanno degli amici. E molti sono rimasti profondamente toccati dall’assassinio della deputata Jo Cox, e del suo atteggiamento di apertura e amore verso tutti. “È molto più quello che ci unisce che quello che ci divide”, è la sua citazione che rimane nel cuore di molti.


Inoltre, gli elettori a favore della permanenza nell’Ue sono stati il 48 per cento, quasi metà della popolazione: ciò significa che qualunque futuro governo dovrà tenerne conto, o farà fatica a sopravvivere. E chi succederà a David Cameron? Boris Johnson, il politico che più si è impegnato nella campagna per l’uscita, sembra quasi aver ordito la sua ascesa al potere; ma più della metà dei parlamentari conservatori erano fermamente contrari a lasciare l’Ue. Vorranno Johnson come loro primo ministro?

 

In quanto al Partito laburista, il referendum l’ha lasciato in uno stato ancora peggiore di prima. Il leader Jeremy Corbyn ha dato un sostegno alla campagna contro l’uscita che è apparso piuttosto tiepido, tanto che anche coloro che avrebbero normalmente votato per il Labour hanno in buona parte ignorato il suo appello.

 

Solo il tempo dirà se i britannici hanno preso una decisione saggia o meno; ma ciò che spaventa molti è che si tratta di una decisione irrevocabile. Se si rivelerà sbagliata, non si potrà tornare indietro.


(Traduzione di Chiara Andreola)

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