Giustizia e governance

A 50 anni dalla profetica enciclica sono sempre più attuali le analisi e le proposte avanzate da Paolo VI per una giustizia sociale integrale a livello planetario. Un contributo dalle giornate di studio “Educazione e Sviluppo per la pace tra i popoli” promosse dall’università Cattolica a Brescia
AP Photo/Felipe Dana

Colpisce nella lettura della Populorum Progressio uno dei presupposti che Paolo VI utilizza per la sua analisi: «In questo stato di marasma si fa più violenta la tentazione di lasciarsi pericolosamente trascinare verso messianismi carichi di promesse, ma fabbricatori di illusioni» (Populorum Progressio (PP 11).

Non si tratta sola di una costatazione, ma di un aspetto che caratterizza il percorso dell’enciclica e che di fatto la rende attuale. Una corretta e leale cooperazione, come pure una efficace governance domandano che le illusioni lascino il posto a regole e strutture per fare della Comunità mondiale uno spazio essenziale di convivenza. Uno spazio per garantire la pacifica coesistenza tra i popoli e quindi uno sviluppo integrale, quello a misura d’uomo.

Certamente ad ispirare tale approccio resta l’immagine di fondo che il messaggio cristiano sin dal suo iniziale pervadere la struttura della società ha proclamato, sostituendo all’idea di una realtà cosmopolita – assestata secondo rapporti di forza – quella di famiglia umana unita intorno alla condivisione di valori comuni frutto della concezione ad un tempo umana e trascendente della persona, del rispetto della sua dignità e della tutela dei suoi diritti. Tratti che caratterizzano anche la dimensione sociale della persona, come pure la sua appartenenza a diversi popoli.

Riflettendo sulle tematiche della cooperazione internazionale e della governabilità della Comunità internazionale, Paolo VI esplicita tale presupposto essenziale della visione cristiana e descrive la convivenza planetaria non in ragione delle vicende politiche, dei disegni economici o di una semplice idea di struttura, ma come esigenza di persone e di popoli di vivere secondo l’idea di famiglia e il cardine della fraternità.

Tradotto nel linguaggio internazionalistico questo significa che la dimensione universale resta lo strumento aggregante, il vincolo unitario che per sua natura non relativizza o elimina le differenze e le peculiari caratteristiche di ogni popolo, ma anzi ne favorisce l’espressione, allontanando forme di discriminazione, di diverse speranze circa la qualità della vita, di egoismi che tendono ad isolare singoli e popoli.

In sostanza un vincolo che opera per «superare le ambizioni e le ingiustizie, […] aprire a tutti le vie di una vita più umana, in cui ciascuno sia amato e aiutato come il fratello dai fratelli» (PP.62), allontanando così effetti destabilizzanti per l’ordine internazionale. Da questo scaturisce la necessità di rivedere il concetto di sviluppo, non limitandolo a soddisfare le necessità materiali o ad alimentare la crescita di beni e consumi. L’indicazione è di prestare attenzione alle sofferenze degli ultimi superando l’egoismo dei singoli e, ancor più difficile, quello degli Stati.

In tale prospettiva, ad esempio, la Populorum Progressio prevede e definisce anche quella sostenibilità che oggi sembra essere il grande traguardo se non della prassi, almeno del linguaggio internazionale: «Eredi delle generazioni passate e beneficiari del lavoro dei nostri contemporanei, noi abbiamo degli obblighi verso tutti, e non possiamo disinteressarci di coloro che verranno dopo di noi ad ingrandire la cerchia della famiglia umana» (PP17).

Certo una tale visione, allora come oggi, ha l’obiettivo preminente di legare l’intero complesso dei rapporti tra Stati ad un concetto di giustizia internazionale intesa non come solo strumento di controllo o di strutturazione, ma piuttosto quale componente essenziale per edificare il bene comune e quindi garantire una vera governabilità mondiale. Infatti, è evidente anche in questa fase storica come la realizzazione della giustizia –sia nei rapporti tra Stati sia nello sviluppo economico‑sociale di tutti i popoli – ha come presupposto essenziale un sistema di regole in grado di rispondere alle esigenze mutevoli ed a bisogni sopravvenuti per la Comunità internazionale, anche nelle sue forme di organizzazione(PP64).

 

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