Gosford Park

Siamo nel 1932. Nella fastosa residenza di campagna di Sir William McCordle una numerosa schiera di nobili è ospitata per il weekend per prendere parte a una battuta di caccia al fagiano. Al seguito dei tanti personaggi altolocati affollano la casa una pletora di servitori, maggiordomi e valletti. Tra tresche, invidie, gelosie e vendette, il fine settimana scorre via tranquillo, fino a quando l’omicidio del padrone di casa manda in frantumi l’apparente tranquillità dell’evento mondano- venatorio. È chiaro che l’assassino è qualcuno della casa, ma neanche l’arrivo della polizia sembra sufficiente a dipanare il mistero. Cosa ci fa Altman a dirigere un giallo alla Agatha Christie? Il quesito potrebbe essere interessante se non fosse mal posto. Perché Gosford Park, pur attingendo a piene mani dal genere, tutto è meno che un giallo alla Aghata Christie. È vero, gli elementi ci sono tutti: l’omicidio, la residenza di campagna, il gruppo di gentiluomini e gentildonne, una nutrita schiera di possibili colpevoli senza un alibi, e via dicendo. Ma Altman rimescola le carte alla sua maniera e smonta pezzo a pezzo l’illusoria linearità di quel collaudato meccanismo che prevede sempre il colpevole smascherato da qualche arguto investigatore o poliziotto e il trionfo della giustizia. Quale giustizia può esistere in una società che umilia e maltratta i propri servitori? E così il regista americano ci mostra il dietro le quinte di quel luccicante mondo, portandoci nelle cucine, negli alloggi della servitù, dove si muove un mondo a parte, invisibile e ignorato da chi sta al piano di sopra e in cui si è chiamati non con il proprio nome, ma con quello del proprio signore, proprio come gli schiavi nell’antichità. In più Altman completa la sua opera di demistificazione mettendo in scena un ispettore assolutamente credibile nella sua apparente solerzia che in realtà nasconde il massimo della deferenza per gli illustri indagati. Atteggiamento che, ovviamente, lo porterà molto lontano dalla verità scoperta da un’umile valletta e che non verrà rivelata alla maggior parte degli ospiti (altro strappo alla ferrea regola del giallo). In Gosford Park, insomma, Altman centra ancora nel segno, sfoderando sotto i guanti di velluto tutta la sua carica ironica e dissacrante nei confronti della società delle convenzioni e delle ingiustizie che genera, tratto che ne ha fatto uno dei registi più amati e scomodi del cinema. Regia di Robert Altman; con Michael Gambon, Kristin Schott Tomas, Maggie Smith.

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