Gorbačëv e la casa comune europea

Un visionario romantico che ha cambiato il suo paese e il mondo
1988: Michail Sergeevič Gorbačëv (1931-2022) con la moglie Raisa insieme a un gruppo di scolari a Belgrado. (AP Photo, File)

«Gorbačëv è difficile da comprendere» – così si è espresso lo stesso Michail Sergeevič rivolgendosi al suo biografo statunitense, William Taubman. Ci troviamo di fronte a una personalità complessa e una vicenda storico-politica multiforme. Alcuni hanno sostenuto che la sua azione politica alla guida dell’Unione Sovietica si sia risolta in un fallimento: se il suo obiettivo era di riformare il sistema e di condurre il paese verso un futuro migliore, il risultato tuttavia è stato il collasso del sistema e la frammentazione dell’URSS.

Occorre rilevare un aspetto che è importante per capire Gorbačëv e la sua opera politica. Egli era figlio del suo mondo, un prodotto del sistema, ma allo stesso tempo ne rappresentava una paradossale contraddizione. Egli si è definito «un prodotto della nomenklatura [sovietica] e allo stesso tempo il suo anti-prodotto, il suo ‘becchino’».

Gorbačëv era un convinto sostenitore del socialismo. Apparteneva alla generazione che aveva partecipato delle attese del disgelo di Chruščëv e aveva fatto suoi gli ideali e gli intenti di quella stagione di riforma del sistema non priva di ambiguità, basata, dopo lo stalinismo, sull’idea di tornare a Lenin e di riproporre lo spirito del 1917.

Il mito di Lenin, di un Lenin idealizzato, diverso da Stalin, e del ritorno alle origini del socialismo animò la ricerca di cui Gorbačëv si fece interprete, quella di un rilanciare il comunismo cercando di realizzare un socialismo dal volto umano. A prevalere nella cultura politica di Gorbačëv furono gli aspetti umanistici di questa spinta ideale, e allo stesso tempo anche ideologica.

L’idealismo e il romanticismo dello slancio riformatore della perestrojka, che erano alimentati dalla tensione a trasformare la società, radicata nella visione comunista della storia, innescarono il processo che condusse al collasso del sistema. In questo senso Gorbačëv è stato un «eroe tragico», come scrive il suo biografo: «Gorbačëv ha contribuito a seppellire il sistema sovietico cercando di renderlo degno di lode. Cercando di portarlo all’altezza di quelli che riteneva fossero i suoi ideali originali».

Tuttavia, occorre guardare all’opera politica di Gorbačëv anche da altri punti di vista, che evidenziano come in realtà il bilancio non sia esclusivamente negativo. Il suo idealismo ha avviato processi che hanno cambiato la storia.

L’azione politica di Gorbačëv, ispirato da ideali umanistici, ha innescato una dinamica di democratizzazione della società sovietica. L’introduzione delle libertà, e tra queste in maniera significativa della libertà di coscienza, dopo un settantennio di persecuzioni e di politiche antireligiose, costituisce senza dubbio un successo delle riforme di Gorbačëv.

La fine dei regimi comunisti in Europa centro-orientale nel 1989 è stata sostanzialmente resa possibile dalla politica di Gorbačëv e dalla sua decisione di non intervenire militarmente né di interferire nei processi politici di quei paesi. La sua ferma decisione di non ricorrere all’uso della forza era fondata sul rifiuto di pratiche di governo che risalivano alla cultura politica staliniana, ma più generalmente bolscevica, così intrisa di violenza fin dalle sue origini.

L’opzione per il dialogo e la persuasione come strumenti della politica ha caratterizzato la sua azione, nei successi e nei fallimenti. È indiscutibile che il suo contributo sia stato decisivo per mettere fine alla guerra fredda, al conflitto bipolare fondato sull’equilibrio del terrore degli arsenali nucleari. Gorbačëv pensava che la perestrojka dovesse condurre a un nuovo ordine internazionale.

La priorità di Gorbačëv era la costruzione di un ordine globale del mondo sulla base della cooperazione e della non violenza. Egli elaborò un «nuovo modo di pensare» che riconosceva «le interdipendenze mondiali» quali una realtà ineludibile della situazione internazionale e conseguentemente cancellava l’immagine del nemico. Il suo sguardo era particolarmente rivolto alla definizione di un nuovo paradigma di sicurezza europea – la «casa comune europea» – che a partire dalla perestrojka sovietica avrebbe dovuto condurre al nuovo ordine mondiale da lui auspicato e cercato.

Un fine studioso russo, Dmitrij Furman, ha scritto che la sua sconfitta è stata in realtà una vittoria, secondo le regole della morale umana che ispiravano gli ideali che hanno guidato l’azione politica dell’ultimo leader sovietico. Avrebbe potuto fermare il processo che aveva innescato, ricorrendo alla forza per arrestare la dissoluzione dell’Unione Sovietica, ma secondo le sue regole sarebbe stata una sconfitta, sostiene Furman.

È stata la tragica contraddizione con cui si è misurato Gorbačëv e che ha dato la misura della sua grandezza. È stato un visionario che ha cambiato il suo paese e il mondo. Un visionario romantico.

 

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