Gli elettori vogliono contare

Quante interessanti novità in un colpo solo! Nessuno se le aspettava così numerose da questa consultazione di metà maggio.
Una elettrice alle urne

Quante interessanti novità in un colpo solo! Nessuno se le aspettava così numerose da questa consultazione di metà maggio. E ce ne sono per tutti. A incominciare dalla coalizione di governo, perché Pdl e Lega Nord calano pericolosamente nella roccaforte di Milano, né sfondano a Torino e a Bologna. Non ha pagato nemmeno l’impostazione marcatamente referendaria di Berlusconi su sé stesso, rimediando un magro bottino personale, per il Pdl e per la maggioranza.

 

Dalle urne esce un bipolarismo che non convince nella sua interpretazione italiana, basata più sulla demonizzazione dell’avversario, che sulla qualità di un programma. L’infelice uscita della moderata signora Moratti non è passata senza conseguenze. «Si è parlato poco di Milano», ha ammesso il sindaco uscente, ferma al 41,6 per cento contro il 48 di Pisapia.

Dove il governo della città ha saputo gestire le sfide locali, gli elettori hanno premiato (come a Torino) la continuità. Laddove l’amministrazione ha fatto acqua, anzi rifiuti (come a Napoli), i votanti hanno manifestato totale sfiducia (+ 6 per cento l’astensionismo) e indicato un tentativo diverso di fare politica, premiando De Magistris, dell’Idv (27,5 per cento) – sconfiggendo seccamente Morcone, del Pd (19, 2) –, ora pronto al ballottaggio con Lettieri, Pdl (38,5).

 

Altra indicazione dei cittadini: non vedono in Casini, Rutelli e Fini un vero e proprio terzo polo. Tuttavia, il pur modesto risultato consentirà alla compagine centrista di essere determinante nel ballottaggio in varie città, Milano su tutte. Mentre va tenuto in debito conto il successo della lista 5 stelle, animata da Beppe Grillo. Quel 9,4 per cento ottenuto a Bologna la dice lunga sul diffuso disagio verso una politica ingessata nelle logiche tradizionali, anche se il candidato di centrosinistra ha vinto subito con il 50,4 per cento.

 

Due indicazioni, in particolare, sembrano perciò emergere: la città ha acquistato un peso rilevante nelle scelte di voto, ovvero sono guai se il livello della politica più vicino alla gente non affronta i problemi quotidiani della comunità (l’incrinatura tra i due poli e i rispettivi elettorati lo evidenzia, così come l’ulteriore incremento dell’astensione: +1,8, salita al 29 per cento); secondo, che gli elettori hanno ancora molto da dire alle istituzioni e ai partiti, ma serve quel rapporto diretto, non episodico tra politici e cittadini che il sistema elettorale in vigore nega per le elezioni politiche nazionali. L’evidente richiesta di cambiamento non è una novità, ma irrompe di nuovo con estremo fragore. Accoglierla potrebbe costituire un riscatto per i due schieramenti e un recupero di democrazia per tutti.

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