Gli angeli di Kon Tum

Si possono separare due gemelli, adottandone solo uno? E si può avere un amore così grande da decidere di aprire la propria famiglia a ben quattro bambini? La scelta di Carmela e Vincenzo Capitanio
Carmela e Vincenzo Capitanio con i bambini di Kon Tum

«Entrati in cortile, ci trovammo circondati da un mare di ragazzini. Erano circa 200: il più grande badava al più piccolo e tutti ci osservavano. A un certo punto una suora ci indicò Adam. I nostri occhi si incrociarono». Carmela e Vincenzo Capitanio, tra le prime coppie che hanno adottato in Vietnam con l'Associazione Famiglie Nuove (AFN), mi raccontano il giorno del primo incontro con il loro figlio e la scoperta di una realtà che non si sarebbero mai immaginati.

 

«Tutto è cominciato con il nostro matrimonio, felici e ricchi di sogni. Presto l’amara scoperta di non poter avere figli ha calato in noi una tristezza smisurata paragonabile ad un lutto. Anni lunghi e difficili, ma che hanno rafforzato il nostro amore aprendoci alla strada dell’adozione».

 

Adam viveva in un istituto di suore nel villaggio più povero di Kon Tum, negli altipiani centrali del Vietnam, dove vige un tipo di vita seminomade. Le famiglie si spostano durante la stagione secca per trovare da mangiare, a volte solo molluschi ed erbe amare. I bambini abbandonati e gli orfani sono tantissimi a causa delle frequenti morti per parto e delle malattie. Durante il mese di permanenza a Kon Tum per conoscere Adam, la coppia si rende conto che il bambino ha una sorella gemella, in quel momento non adottabile, da cui sarebbe stato difficile per lui separarsi.

 

A tre anni, Adam arriva in Italia: «Mi ricordo quando, usciti dall’aeroporto, c’erano i miei zii, le mie nonne – dice il ragazzo che oggi ha 13 anni – e mio zio Francesco mi regalò un orsacchiotto bianco di cui allora avevo paura». Più giorni passavano e più il bambino si lega ai genitori e loro a lui, adattandosi facilmente alle nuove abitudini. «A distanza di qualche mese però – racconta Carmela – ha cominciato a chiedere della sorellina: “Phi è rimasta in Istituto!”, “Phi non ha molto da mangiare!”». I genitori così decidono per amore suo di riprendere in mano i documenti e far venire in Italia anche Phi. In seguito, genitori e figli insieme, scelgono di accogliere anche un terzo figlio e attualmente sono in attesa del quarto. «Adam aveva colto la mia esitazione di fronte a questo nuovo passo. Ricordo che mi disse: “Mamma, non avere paura, dove tu ti fermerai, continueremo noi”. L’adozione è una scelta impegnativa, sia prima che dopo l’ingresso del bambino in famiglia».

 

Mi spiega Carmela, che qualche anno fa ha avuto il riconoscimento di ‘Mamma coraggio’ (Premio Rancati di Benevento): «Era una scelta impegnativa anche perché non possiamo rassegnarci a portare sulle spalle “un fagottino” che abbiamo desiderato, dimenticandoci dove è nato».

 

Carmela e Vincenzo per questo continuano a tornare tutti gli anni in Vietnam per portare personalmente gli aiuti necessari alle famiglie e ai bambini di Kon Tum. Organizzano pesche di beneficienza nelle scuole e nelle parrocchie di San Giorgio del Sannio (BN), il loro paese. «L’affetto che quegli angeli ci manifestano tutte le volte che andiamo riesce a ripagarci di ogni sacrificio. Con la solidarietà di tanti abbiamo acquistato per loro materassi, cibo, pannolini e saponi». Gli aiuti raccolti hanno consentito nel tempo la costruzione di un muro in cemento per separare il porcile dalle stanze dell’istituto dove dormivano. Successivamente è stata costruita un’aula di una scuola, ed è stato possibile l’acquisto del materiale didattico per 200 bambini e di alcune mucche. «Ci siamo spinti nei villaggi più poveri, simili a palafitte di paglia e canne, per dare la possibilità alle famiglie di tenere con loro i propri figli, anziché abbandonarli, costretti dalla povertà. Con altri volontari abbiamo tagliato i capelli ai bambini, li abbiamo lavati e organizzato spettacoli e giochi per farli divertire».

 

«Mi vien molto da ridere quando la gente per strada mi chiede se mi piace stare qui – commenta Adam –. Voglio un mondo di bene ai miei genitori che prima di amare me, hanno amato le mie origini. Loro mi dicono che non si possono tagliare le radici a una giovane pianta. E questo legame li spinge a portare sostegno al villaggio dove sono nato come un senso di riconoscenza ad un Paese che gli ha dato tanto».

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