Gli angeli di Bangkok

Le donne, la grande ricchezza dell'Asia. Un'inchiesta su di loro, girando in un mercato della capitale thailandese.

Né giornali né tv ne parlano; eppure sono forti, direi fortissime. Sono le “altre” donne di Bangkok. Hanno i nomi più svariati, le età più diverse; vengono da tutte le regioni del Paese e le trovi nei mercati, ai bordi delle strade, dove vendono di tutto, a tutte le ore del giorno. Sono quelle che si alzano al mattino presto, molto presto.

Una di loro l’ho sentita raccontare ad un’amica la sua vita: si era alzata all’una di notte per preparare i dolcetti da vendere e poi era già al mercato, alle 5, per essere la prima e poter vendere tutto, presto! Con una famiglia da mantenere, un marito che faceva l’autista in una ditta di bibite per pochi soldi alla settimana. Avrà avuto nemmeno trent’anni; un bel viso. Erano le 11,40 del mattino ed era ancora lì, ancora col cibo da vendere: stanca morta. Un bel sorriso, in piedi: forte.

«Che bella questa gente – mi sono detto – che lavora e che lotta. Altro che i manager con i “paracaduti d’oro” (bonus di produzione da svariati miliardi), che mandano in fallimento le ditte internazionali». Mi chiedeva un amico qualche giorno fa: «Ma questi manager, che ci hanno rovinato con le loro manovre, con la loro finanza, tu, non li chiameresti terroristi internazionali?».

Mi tocca il cuore la gente che lavora e soffre per pochi soldi. Sono anni che l’osservo, ed ogni volta è lo stesso. Come quella ragazza sul bordo della strada (i venti centimetri di marciapiede sono a pagamento, naturalmente), che infila in uno stecchino di legno le frittelline di carne da cuocere. Avrà avuto poco più di vent’anni; un bel sorriso, in mezzo al traffico. M’ha toccato. E poco distanti delle signore e signorine che vendono chi gli orologi, chi la frutta, chi i fazzoletti… Tutte donne, quasi solo donne nei mercati. Ognuna con la sua storia che ti prende il cuore.

Mi dice una di loro: «Molte di noi sono sole, con una famiglia da sfamare alle spalle; a 42 anni ho dovuto ricominciare partendo da zero. Mi alzo alle 4,30, preparo tutto e poi corro qui prima che il grosso traffico intasi le strade. Alle 6 già arriva gente e inizio a vendere. Qui nessuno mi conosce, e non sanno che vengo da una famiglia benestante. Non mi vergogno: mia figlia è ancora piccola».

«E tuo marito?». «Dopo anni che mi picchiava ho preferito ricominciare la vita». Le chiedo: «Quanto riesci a guadagnare al mese?». «Quanto basta per mandare a scuola mia figlia, e per le altre spese. È la mia dignità, tutto frutto delle mie mani. E la notte dormo senza paura: nessuno mi picchia più. A volte ho incontrato qualche vecchio conoscente che è rimasto sorpreso nel verdermi al mercato, a vendere piccole cose… Sono molto contenta: pensavo che fosse impossibile riuscirci da sola. E non pensavo nemmeno che Dio mi amasse cosi tanto».

 

Giro l’angolo del mercato; ho il magone in gola. In questa città ci sono donne che rischiano anche la vita con lavori pesanti e pericolosi nelle costruzioni dei palazzi. Sono i veri angeli di Bangkok, gli angeli di cui questa città porta il nome: Krungthep.

Proseguo nel mercato e incontro Noi, Poem, Jup, tre signore non più giovani, ma attivissime; vendono delle minestre, che in Italia sarebbero le prime colazioni. Con quest’attività mantengono una famiglia composta magari da dieci persone. Figli, scuole, vitto, alloggio, vestiti: tutto sulle loro spalle. Noi, con i suoi 65 anni, si alza alle 3,30 del mattino, va al mercato, prepara gli ingredienti, poi sveglia le altre, per essere tutte pronte alle 5,30 con le prime minestre.

«Ce la fate?». Mi rispondono serenamente: «La vita è così: devi lottare, non prender scorciatoie pericolose, per le quali poi ti perdi e perdi tutto. Col lavoro duro si va avanti per i figli, i nipotini; ma sei serena dentro, perché hai dato tutto quanto potevi. L’amore vero è così: costa ma fa felici».

Saluto; giro l’angolo e mi vergogno d’aver anche solo pensato che qui, per le donne, era comune prender “scorciatoie”. Mi sbagliavo. È un popolo molto laborioso, questo thai. Ci sono, per esempio, dei mercati dove possono essere venduti solo articoli d’artigianato “puro”, o frutto d’invenzione; e vi posso dire che sono pieni di cose originalissime. La gente lavora, pensa, soffre per superare la crisi.

Certo, mi direte: «E le altre, quelle che vediamo nelle inchieste della tv, le ragazze dei night club?». Se vi raccontassi quello che sentito, quello che ho visto, non ci credereste. Quanto dolore, quanta tristezza, quanta paura e oppressione dietro quei volti che si vedono in alcuni posti della città. Una persona molto importante di questi luoghi ebbe a dire un giorno che se non ci fosse tutta la “domanda” da parte dei turisti, non ci sarebbe tutta quest’“offerta locale”. È un fenomeno dovuto principalmente ad uno stile di vita importato dall’esterno e innestato con la forza nella cultura locale.

 

Vado avanti nel mercato; continuo la mia “inchiesta” sulla vita di questa parte di città. E cresce la mia fiducia nell’uomo, anzi nelle donne, in quello che portano dentro, nel loro “intimo cuore”, come si dice qui. L’amore c’è. L’ho visto in questa città, anche in queste donne. Sono la grande ricchezza dell’Asia, la grande risorsa. La donna è vincolo d’amore, d’unità naturale nella famiglia.

Qualcuno ha detto che Dio creò la donna per ultima, perché sapeva che per tener insieme tutto ciò che aveva creato c’era bisogno di un amore delicato e forte al tempo stesso, che tutto lega e unisce. Credo che il mondo cambierà per questo tipo d’amore: «Come il cuore di una madre ama il proprio figlio», recita una preghiera locale. E il mondo, allora, si salverà.

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