Il giro del mondo degli auguri

Lo stato di salute del nostro pianeta non è dei migliori, ma nonostante la Terza guerra mondiale a pezzi siamo ancora vivi. E, visto che le luci dell’albero brillano in ogni angolo del mondo, anche se non cristiano, pensiamoci reciprocamente in questi giorni
Cominciamo il giro del mondo degli auguri dalle Americhe: auguri agli Inuit che vedono sparire il ghiaccio dalle loro terre; auguri ai canadesi che sono tra i pochi ad accogliere ancora siriani e iracheni; auguri agli statunitensi sempre creativi e straordinari, ma non via twitter, si potrebbero fare gaffe; auguri ai messicani, che lottano con i cartelli della droga; auguri pure ai guatemaltechi, agli honduregni, ai nicaraguensi, ai salvadoregni che lottano con le criminalità più devastanti che siano al mondo; auguri a tutti i caraibici, ai ricchi e ai poveri, ai Castro che se ne vanno sperando che gli uragani si calmino; auguri ai colombiani che cercano la riconciliazione e ai venezuelani che ne sono ancora lontani; auguri ai boliviani che rivedranno Morales per la quarta volta, nonostante avessero votato contro; ai peruviani, agli ecuadoregni, ai brasiliani e agli argentini che lottano contro l’idra tentacolare della corruzione; auguri ai cileni più poveri (e anche ai ricchi), in uno dei Paesi più disuguali al mondo; e un abbraccio a Uruguay e Paraguay, che ci mettono il cuore in tutto quello che fanno.
 
Risaliamo sull’Africa: auguri ai sudafricani che non sanno bene chi li governerà; auguri ai malgasci che cercano di trovare normalità; ai congolesi, ai burundesi e ai ruandesi, che non sanno bene se sono in guerra o no, se hanno un dittatore o no, se possono sperare o no; auguri alla Tanzania dove si convive tra musulmani, cristiani e seguaci di religioni tradizionali; auguri ai centrafricani sempre in preda a lotte tribali sanguinose, come in Nigeria e purtroppo come in Camerun, tra anglofoni e francofoni; auguri a tutti quei Paesi che vorrebbero che le loro risorse fossero lasciate agli autoctoni, e non portate altrove; auguri ai tanti Stati dell’Africa occidentale che hanno un po’ di democrazia ma che traballano qua e là; auguri a chi lotta contro i terroristi nel deserto del Sahara; auguri al gigante del Kenya e alla vicina Etiopia, che potrebbero essere guida per una rinascita anche economica dell’Africa intera; auguri ai somali che non hanno più memoria della tranquillità; a poi ai Paesi africani e mediterranei, perché la loro natura araba si coniughi col rispetto dei diritti umani, dal Marocco, dove si avanza, alla Libia dove si arretra, all’Algeria e alla Tunisia, dove si fatica ma si avanza, all’Egitto minacciato dal fondamentalismo.
 
Superato lo Stretto di Suez, ecco le Terre Sante. Non solo al singolare. Che un Abramo a molte facce rinasca in queste zone e porti pace agli uomini di buona volontà, che sono tanti, ma proprio tanti. Che stabilizzi la penisola arabica, che sia un po’ più giusta la sorte dei lavoratori stranieri in quelle monarchie, che la guerra in Yemen cessi e si soccorrano i feriti; auguri a chi la pace la vive bene o male, come in Libano e in Giordania, che la Siria finalmente trovi una via alla riconciliazione; che l’Iran diventi uno straordinario volano di intelligenza e di avvicinamento tra i popoli; che in Pakistan e Afghanistan talebani, qaedisti e miliziani del Daesh depongano le armi e disarmino il cuore; che nel Caucaso le cento etnie diverse riescano a convivere senza incidenti; che nel cuore dell’Asia non si pensi solo al denaro della Via della seta ma anche alla completezza della vita umana; che il subcontinente indiano, che si appresta a diventare la zona più popolosa al mondo, conosca uno sviluppo sicuro, tollerante e rassicurante; e poi che i Paesi dell’Asia “indocinese” sappiano coniugare sviluppo e mantenimento delle loro tradizioni, senza diventare schiavi del consumismo; auguri, perché la libertà trionfi nei Paesi dove continuano le persecuzioni etniche, religiose o culturali; che nelle Filippine si ritrovi un po’ di concordia nazionale, e che l’Indonesia resti tollerante; che la Cina prosegua nel suo cammino verso la libertà, l’uguaglianza e, perché no, la fraternità armonica confuciana, anche in Tibet e Xinjiang; auguri alle Coree e al Giappone, perché nella regione non si lancino più missili e che a Pyongyang si possa entrare liberamente.
 
Nell’immenso mare dell’Oceania, e nelle tante terre, piccole o grandi, che il continente accoglie, gli auguri si coniugano con l’auspicio che le culture originarie siano preservate come antidoto a una globalizzazione che non potrebbe soddisfare le esigenze di tutti, nemmeno dei tanti immigrati.
 
All’Europa bisogna augurare unità, un po’ ovunque, unità che deve nascere dalla riscoperta della propria identità plurale: dalla Russia in crisi demografica, all’Ucraina col bubbone del Donbass, alla Bielorussia ancora in lotta coi suoi fantasmi, alle terre d’emigrazione spinta dell’Est, alla Turchia che continua a essere sospesa tra due mondi; alla Grecia che forse forse sta uscendo dal tunnel; ai Balcani che cercano di lenire le piaghe sempre aperte; ai quattro di Visegrad, auguri che le loro legittime aspirazioni identitarie si coniughino con lo spirito evangelico più autentico, di cui tutta l’Europa avrebbe bisogno; auguri ai tedeschi in cerca di governo (con una leader che avanza negli anni ma che tiene ancora testa a tutti) e ai francesi che un governo forte l’hanno trovato (con un giovanissimo presidente che naviga tra Ricoeur e Rothschild); auguri al Benelux e agli scandinavi che faticano a integrare culture tanto diverse; auguri alla Brexit, o piuttosto a coloro che la Brexit la soffrono; auguri agli irlandesi che vogliono mantenere le frontiere aperte; auguri agli spagnoli e ai catalani (e ai baschi e ai galiziani), che ritrovino la giusta convivenza, e ai portoghesi, che trovino la stabilità economica; ai maltesi che ricordano la cara Daphne Caruana Galizia; e, infine, auguri a noi italiani, sballottati da mille micro-sisma elettorali, perché continuiamo a essere un ponte nel Mediterraneo.
 
Auguri da tutti i corrispondenti di Città Nuova nel mondo. Buon Natale e Felice Anno Nuovo, a tutti e tutte, anche a chi non è stato nominato in questo insolito giro del mondo.

 

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