Giovanni Custodero ha “vinto”, il lascito di un campione

Il giovane calciatore che aveva annunciato di aver scelto la sedazione profonda è morto a 27 anni. La sua testimonianza di amore per la vita e le differenze con l'eutanasia.

È stata una meravigliosa testimonianza di che cos’è davvero la sedazione palliativa, scelta di vita alla fine della vita, che nulla ha a che vedere con l’eutanasia. Non conoscevo la sua storia, ma ho seguito con commozione le testimonianze della sua fidanzata e dei suoi familiari in questi giorni. Davvero “Giovanni ha vinto” e chi lo ha amato ha vinto con lui. Lo ricorderemo a lungo, anche solo per quello che abbiamo potuto leggere.

Giovanni Custodero aveva 27 anni, ed è morto per il sarcoma osseo che lo aveva colpito tre anni fa. Un percorso fatto di coraggio, forza, molte cure e purtroppo pochi risultati, come ancora oggi capita ineluttabilmente in alcune forme tumorali. Lo ha condiviso, senza enfasi e nella verità, sui social (bella l’immagine dove indossa una maglietta con stampate l’icona di un guerriero e una sua frase: «Basta solo aprire gli occhi e vedere più avanti delle nostre paure per accorgerci quanto di bello la vita ci dà»).

Giovanni giocava come portiere, ed era una promessa del calcio giovanile pugliese: la metafora sportiva ha spesso accompagnato i commenti di quanti gli hanno voluto bene, e certamente l’ha vissuta fino in fondo con la forza degli atleti veri. Nei giorni scorsi il suo ultimo messaggio: «…Ho deciso di trascorrere le feste lontano dai social, ma accanto alle persone per me più importanti. Peró, ora… ho deciso che non posso continuare a far prevalere il dolore fisico e la sofferenza su ciò che il destino ha in serbo per me. Da domani sarò sedato e potrò alleviare il mio malessere».

Nel tempo confuso che stiamo vivendo, accentuato nell’ultimo anno dalle campagne in favore di suicidio assistito ed eutanasia che hanno spesso parlato con molta superficialità della sedazione palliativa quasi fosse una “scorciatoia legale” per accelerare la fine della vita, le sue parole hanno un valore molto forte. La sedazione per “alleviare il malessere” e non per porre fine anticipatamente alla vita: un gesto di cura, per il controllo di sintomi diventati incoercibili. Liberamente condiviso in un percorso che coinvolge innanzitutto il malato, e con lui i suoi cari e l’equipe che lo ha in assistenza. Altissima la testimonianza del suo commiato dai suoi cari e dai suoi amici. Una procedura riservata alle ultimissime fasi della vita, che non accorcia l’esistenza (Giovanni è morto dopo pochi giorni, non certo di fame e di sete, ma perché nulla poteva ormai modificare il suo tempo: lo si poteva solo alleviare con adeguate terapie e così è stato fatto).

Eppure, dopo poche ore dal suo messaggio, sui social era stata necessaria una puntualizzazione, da parte dei suoi genitori e della sua fidanzata: «Vorrei fare una precisazione rivolgendomi a tutti coloro che stanno scrivendo qualcosa per Giovanni in queste ore. Giovanni è VIVO, sta semplicemente DORMENDO per alleviare tutti i dolori che accusa. Ieri ha voluto rendervi partecipi di questa situazione per ricevere parole di conforto e sostegno, ma per favore abbiate rispetto per la famiglia e per un ragazzo che è TRA NOI!!!».

Precisazione giustissima ed essenziale: la persona sedata è viva, e come tale deve essere accudita, curata, accompagnata ed amata. Il tempo della sedazione è fatto di rapporti e istanti unici, che restano per sempre, nella certezza che anche negli stadi più profondi esiste sempre la percezione della presenza e dell’affetti, delle voci conosciute e del contatto fisico. Quante volte, nelle case e negli hospice, vediamo quanto questi momenti possano essere preziosi.

Giovanni Custodero ha così concluso il suo ultimo post: «Spero di essere stato d’aiuto a molte persone. Per questo voglio per l’ultima volta ringraziarvi per ciò che siete stati, siete e sarete sempre: LA MIA FORZA». Un messaggio stupendo, ancora una volta di reciprocità che vince la solitudine e di un amore che va e che torna: i bisogni più grandi di ogni vita, anche e soprattutto alla fine della vita.

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