Il “Giovane favoloso” al tempo del colera

La pandemia che ci costringe a stare in casa è anche un'occasione per rivedere delle belle pellicole come la storia di Leopardi narrata dal regista Mario Martone e realizzata nel 2014.

Vale la pena rivedere il film di Mario Martone, del 2014, dedicato a Giacomo Leopardi. Non solo per la delicatezza accurata con cui delinea il personaggio, interpretato da  Elio Germano in maniera  stupenda, come ha fatto recentemente con il pittore Antonio Ligabue,  insieme ad un cast che comprende Isabella Ragonese, Michele Riondino, Massimo Popolizio.

Ma perché è interessante osservare il comportamento del poeta negli ultimi suoi mesi di vita in una Napoli colpita da colera. Una epidemia che ha stravolto la vita cittadina. Leopardi trova vuoto il caffè dove gustava goloso i gelati, chiacchierava con gli intellettuali. Passeggia ingobbito da solo, senza paura del contagio e senza osservare le leggi, mentre la gente prega tra fede e superstizione.

Alla fine  si trasferisce a Torre del Greco, costretto dall’amico Ranieri, da lì osserva l’eruzione del Vesuvio: la natura ribelle alla civiltà  umana che sommerge. E muore: di colera? È la parte oggi più interessante del film perché di stretta attualità. Da una parte la natura dalla  forza misteriosa e superiore all’uomo, dall’altra la coscienza della fragilità dell’uomo e dell’’inutilità del suo “forsennato orgoglio”. Pur nel pessimismo che lo contraddistingue, il poeta ha la lucidità di riflettere sui limiti  umani, perciò invita l’uomo alla saggezza e a non credersi Dio.

 

 

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