Gilyard: faccio cinema e credo

La Family Theater Production associazione di operatori del cinema cristiani operanti a Hollywood, ha attribuito il suo Lifetime Achievement Award 2004 a Chiara Lubich, con questa motivazione: Per più di cinquant’anni ha riunito persone di fede, etnia e nazionalità diverse al dialogo e alla comprensione. Ha usato il potere della preghiera, della persuasione e l’efficace azione dei media per chiamare la gente all’unità, come membri della stessa famiglia umana. In occasione della consegna del premio a Palmira Frizzera (a nome di Chiara Lubich), nella Cittadella Foco dei Focolari a Montet in Svizzera, Gilyard ha detto, parlando di Chiara Lubich: La mia vita è un enigma per me. È una sfida e un mistero. Ma da quando ho sentito del Movimento dei focolari e ho incominciato a fare ricerche su di esso, ho subito capito che desideravo che facesse parte della mia vita. Allora vorrei semplicemente dire a Chiara che la amo per quanto lei ama Gesù e perché sembra che niente sia impossibile per lei. Chiara è un’ispirazione per me e per la mia famiglia. Potrebbe dirci qualcosa di sé, del suo passato, della sua famiglia, dei suoi studi? Da giovane ero molto irrequieto. Così, dopo aver ottenuto la maturità, non sono più riuscito a rimanere seduto in un’aula scolastica. Per questo ho dovuto arrivare a 33 anni per riuscire a laurearmi in teatro; il 20 maggio scorso, poi, alla bella età di 50 anni, ho finito il master in belle arti nella Southern Methodist University di Dallas. Sono ufficialmente professore di teatro!. Quale la spinta originaria verso il cinema? Qualcosa di simile a una vocazione? Certo che no! Cercavo disperatamente di lavorare nel cinema e alla televisione, quando il mio agente a Hollywood mi chiamò per lavorare in uno show famoso, Different strokes, una piccola serie di telefilm molto divertente e strana. Molte volte nella mia vita mi hanno fatto apparire più giovane della realtà. In questo show, interpretavo la parte di una matricola della scuola superiore, mentre avevo già 27 anni! Comunque ho recitato una frase, solo una frase, lavorando per una settimana. Me ne sono andato via dal set stressato, e pensando che non avrei mai più lavorato in tv.Ma mi hanno richiamato la settimana seguente, e le cose sono andate avanti. Da quel momento tutto è diventato molto stressante…. So che lei è molto impegnato in un movimento che, a Hollywood, si occupa del rapporto tra fede e arte, tra fede e cinema. Ecco, questa è invece una vera chiamata, una vocazione. In effetti esiste un movimento nel cinema e nella televisione negli Stati Uniti legato alla fede. È una nicchia? È un modo per fare soldi? È un mercato da sfruttare? Può darsi. Ma, comunque stiano le cose, dobbiamo essere presenti sul campo per cogliere le opportunità quando si presentano per testimoniare la fede. Questo è davvero interessante per me, perché nel momento della mia conversione ero propenso a non lavorare mai più nel cinema e nella tv. Ma mi è stato consigliato che sarebbe stato meglio rimanere nel campo, perché questo era il mio carisma. Certo, avrei dovuto continuare a formarmi nel mio rapporto con Gesù, così da poter lavorare bene in prima fila. Le piace insegnare cinema? È duro, perché cerco di mostrare delicatamente ai giovani che buona parte del cinema che si fa non è veritiero, che la visione del regista e lo sviluppo dei personaggi non necessariamente esprime la storia vera. È così che noi informiamo male e addirittura scandalizziamo la gente. Una domanda privata e pubblica allo stesso tempo. Chi è Gesù per lei? Giovanni Paolo II mi ha toccato quando stavo preparando una conferenza sulle comunicazioni. Egli sottolineava quanto fosse importante avere un incontro personale con Gesù, un dialogo vero, reale, personale con lui. Leggendo questi concetti mi sono accorto che era quello il modo in cui potevo creare un legame tra quello che volevo e quello di cui avevo bisogno. Ho bisogno di Gesù, di un Gesù reale. E allora il mio grido, la mia vita di preghiera consiste nella speranza che lui mi formi, in modo che io lo trovi sempre come una persona reale nella mia vita, qui, ora, nel rapporto con mia moglie, coi miei figli, nel mio modo di essere padre, di fare arte, di insegnare. Ho bisogno della sua presenza sempre. Sempre. Cosa può dirci della sofferenza nella sua vita e nel suo lavoro? Da dove viene il dolore? Perché arriva? Nel corso di una visita a Loppiano, l’architetto mi spiegava il concetto della chiesa dedicata alla Theotokos dicendomi come sia proprio nella Madre di Dio che il Signore può trovarci con la sua potenza. Questo concetto sta diventando sempre più una realtà per me… Perché desidero Gesù in ogni momento. Lui mi fa segno, piagnucolone come sono, e mi indica che lui c’è, anche lì in quel dolore, pur piccolo esso sia. Questo mi aiuta poi quando le cose si fanno più serie: come marito, come padre, come fratello, come qualcuno che crede e chiede per sé e la sua famiglia di arrivare in Cielo… E la sofferenza diventa allora qualcosa di più chiaro, qualcosa che fa parte del viaggio; anzi, è in sé una buona parte del viaggio, una parte necessaria. CLARENCE GILYARD è nato nel 1955. È conosciuto per il ruolo di Conrad McMasters nella serie televisiva Matlock (1989-1993) e per quello di Texas Ranger James Trivette in Walker, Texas Ranger. Clarence si è pure distinto nella serie televisiva della Nbc CHiPs come Benjamin Webster (1982-1983). Il suo film più noto sono Die Hard, Sundown e The Karate Kid, Part II. Ben noto anche il suo ruolo del pastore Bruce Barnes in Left Behind: Tribulation Force.

I più letti della settimana

Chiara D’Urbano nella APP di CN

La forte fede degli atei

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons