Gilli e Trimi nella storia delle Paraolimpiadi

Ipovedente, nata con la sindrome di Stargardt, la prima, affetta da tetraparesi spastica la seconda. Entrambe hanno scoperto che lo sport è libertà, è una passione che cambia la vita
Carlotta Gilli ed Arjola Trimi

Quale aggettivo potremmo usare per un’atleta che centra qualcosa come cinque medaglie in cinque gare? E se anche fossero “solo” tre? Andiamo con ordine. Dall’Aquatics centre di Tokyo, Carlotta Gilli entra dritta nella storia dei più grandi di sempre e inevitabilmente, con lei, l’intera spedizione azzurra a queste Paralimpiadi giapponesi. Mentre i “paraGiochi” sono solo al giro di boa, mentre scriviamo i podi conquistati toccano già quota 34: teniamo presente che il bottino totale di Rio 2016 si era fermato a 39.

Al momento, l’Italia è all’ottavo posto nel medagliere perché alla fine della sesta giornata di Giochi si sono aggiunte ben sette medaglie: due ori, un argento, quattro bronzi. Non solo dal nuoto ma anche da tiro con l’arco, tiro a segno, getto del peso ed equitazione, con il secondo bronzo di Sara Morganti nel dressage individuale.

 “Wonder” Gill
Il bilancio di Carlotta è francamente pazzesco e non poteva essere migliore: avevamo dato notizia dei suoi straordinari due ori nei 200 misti e nei 100 farfalla; poi sono arrivati due argenti, nei 400 stile libero e nei 100 dorso, e un bronzo nei 50 stile libero. Ha inoltre istituito il nuovo record mondiale nei 200 metri misti di nuoto con un tempo di 2’21″44, di fronte al quale ovviamente nessuna avversaria è riuscita opporsi. «Sono veramente contentissima. Ho aperto questo Tokyo 2020 con una medaglia d’oro e il record paralimpico nei 100 farfalla e lo chiudo adesso con il record paralimpico, del mondo, nei 200 misti. Quindi non potevo chiedere di più», ha affermato entusiasta la ventenne di Moncalieri (Torino), che gareggia nella categoria degli atleti ipovedenti (Sm13) per una malattia congenita. «Quando incomincerò a realizzare il tutto – scherza – spero di essere già tornata a casa, perché mi arriverà una botta che non mi alzerò dal letto per una settimana».

Ipovedente, nata con la sindrome di Stargardt, una retinopatia degenerativa, prima partecipava a gare con chi non ha disabilità. Quando i genitori guardano in tv la Paralimpiade di Rio 2016, si chiedono: «Perché non prova anche Carlotta?».

Da lì, nasce una passione che le cambia la vita: oltre a far parte della Rari Nantes Torino, gareggia con lo stemma delle Fiamme Oro, con performance dominanti a livello mondiale. «Lo sport è una filosofia di vita, un modo di vivere che dura tutta la giornata, non solo nelle due o quattro ore di allenamento quotidiane», ripete.

Del resto, aveva solo cinque anni quando ha cominciato ad andare in piscina: «Con il passare dei giorni e delle vasche è diventato un vero e proprio amore», ispirato anche da campioni italiani come Gregorio Paltrinieri e Federica Pellegrini. Studia psicologia all’Università di Torino e confida per il futuro: «Ho un altro grandissimo sogno nel cassetto: io faccio parte delle Fiamme ore, quindi il gruppo sportivo della Polizia di Stato. La mia aspirazione sarebbe di essere la prima atleta paralimpica ad essere arruolata e diventare effettivamente una poliziotta».

La rincorsa di Arjola Trimi
Altro oro della giornata è arrivato da Arjola Trimi nei 100 stile libero categoria S3 riservata ad atleti con menomazioni fisiche. Si tratta della terza medaglia a Tokyo per la 34enne di Milano affetta da tetraparesi spastica, dopo l’altro oro ottenuto nei 50 dorso e l’argento nella staffetta 4X50 stile libero. «Sono molto felice – ha commentato – perché non mi aspettavo un risultato così e soprattutto sono riuscita ad avere dei buoni parziali».

Arjola è arrivata dall’Albania quando aveva poco più di due anni. Nel nostro Paese ha trovato l’amore e un lavoro ma, soprattutto, la possibilità di nuotare ad altissimo livello con quello che probabilmente è il più forte gruppo di atleti paralimpici, quello della Polha Varese. Una malattia degenerativa l’aveva portata alla tetraplegia, ma non l’ha fermata: «Lo sport è libertà, rappresenta la capacità di esprimermi al 100% e di comprendere come reagisce il corpo ai miei movimenti». Prima di cominciare con il nuoto, aveva infatti praticato a livello agonistico basket, calcio e atletica leggera. Tokyo rappresenta la sua seconda Paralimpiade e la sua grande consacrazione a livello internazionale: a Rio vinse una medaglia d’argento nei 50 stile libero, categoria S3.

Due storie che, se non fossero vere, forse faremmo fatica anche solo a immaginare. Sono invece verissime e bellissime, d’ispirazione per tanti.

 

 

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