Giappone, febbre e un tocco umano

Ogni volta che si va in un Paese del quale non si conosce la lingua, si ripete la stessa esperienza. Quando non sai né parlare né capire gli altri, basta dotarsi in aeroporto di moneta locale, trovare un’etichetta con su scritto un prezzo di un oggetto di cui si ha bisogno o che si vuol portare in dono a qualcuno, e senza altro linguaggio incontriamo persone grazie a questo semplice atto umano. È questa una delle operazioni umane più semplici, e anche per questo tra le più antiche: i primi contatti tra popoli lontani, le prime esperienze di incontro sono state o la guerra e la conquista, o lo scambio commerciale, l’America e gli spagnoli, la Cina e Marco Polo. L’economia ancora oggi conserva una sua vocazione (spesso tradita) a far incontrare persone diverse e sconosciute grazie al primitivo linguaggio delle merci, dei bisogni e dei desideri umani. In un recente viaggio in Giappone mi è capitato di prendere l’influenza. È bastato questo banale virus per farmi fare l’esperienza che non appena le relazioni umane diventano un tantino complesse, lo scambio e il mercato non bastano più. Il sistema degli scambi è entrato infatti in profonda crisi di fronte al bisogno di un termometro. Né il personale dell’hotel, né quello dei negozi, comprendevano il termine (in inglese, ovviamente), nonostante i miei sforzi mimici. Dopo ripetuti tentativi di trovare una risposta su Internet, dove vengono segnalati vari rimedi, dal diodo ai battiti cardiaci (metodo ottimo per chi sa i propri battiti da sano), ho capito che sarebbe bastata una mano, diversa dalla mia, passata sulla fronte. Ma dove procurarsi quella mano amica? Ho capito subito che né quella del personale dell’hotel, né quella dei negozianti (anche qualora fossi riuscito a spiegare loro che cosa volevo), poteva passarmi quella mano sulla fronte. Non esiste, infatti, un mercato del genere, un mercato dove offrire e vendere gratuità. È qui, in radice, la crisi dello Stato sociale: il mercato prende il posto della famiglia e della comunità nell’offrire servizi di cura. La gente, però, si sente sempre più insicura. Quella insicurezza che proviamo tutte le volte che dobbiamo affidare ad un contratto un parente malato di Alzheimer, o un bambino ad un asilo nido. Vorremo, pagando, comprare anche la gratuità del tocco umano, quella mano sulla fronte. La qualità della vita delle nostre società dipenderà molto dal saper coniugare mercato e tocco umano, senza che l’uno scacci necessariamente l’altro.

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