Sfoglia la rivista

Italia > Iniziative

Gaza nostra ostinazione, ripartire da Mazzolari

di Umberto Zanaboni

- Fonte: Città Nuova

Il senso di un’iniziativa in programma Bozzolo, nella bassa mantovana, paese legato alla testimonianza di don Primo Mazzolari più attuale che mai

La Marcia della pace di Assisi, 21 settembre 2024. ANSA/ DANILO NARDONI

In un tempo in cui la guerra sembra aver riacquistato cittadinanza nel vocabolario politico e nei notiziari, da Bozzolo, piccolo paese della Bassa Padana, si accende una scintilla capace di illuminare ben oltre i confini della Lombardia. Sabato 30 agosto, oltre cento tra gruppi, movimenti, associazioni, realtà civili, cattoliche, musulmane, Comuni, semplici cittadini, credenti e non credenti si ritroveranno lì dove riposa don Primo Mazzolari, per una marcia che non è solo una testimonianza, ma un atto di ostinazione: ostinazione per la pace.

La manifestazione – dal titolo eloquente: “Gaza nostra ostinazione” – si pone nel solco della più profonda tradizione del pacifismo italiano, incarnato da don Mazzolari.

Proprio lui, primo tra i primi, nel 1941, nel mezzo della Seconda guerra mondiale, parlava di obiezione di coscienza in quel toccante scritto che prese il nome di “Lettera a un aviatore”. A un giovane militare, Giancarlo Dupuis, che gli chiedeva: «Può un cristiano uccidere?». Egli rispondeva: «La coscienza non può abdicare interamente nelle mani di nessuna creatura, fosse il più grande degli uomini o il più santo. Il cristiano, pur obbedendo alle gerarchie ecclesiastiche che tengono quaggiù il luogo del Signore, non fa rinuncia alla propria anima. Non ci si salva per delega. Ognuno risponde della propria anima, come risponde del proprio prossimo. Anche l’ultimo cittadino ha il dovere di obbedire con gli occhi aperti e coscienza vigile»E riprendendo gli Atti degli apostoli aggiunge: «Bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini» (5,29)

Furono parole rivoluzionarie per quell’epoca. Fu una voce solitaria, ma profetica. Solo anni dopo, don Lorenzo Milani avrebbe ripreso il tema, con la forza dei suoi scritti Lettera ai cappellani militari e Lettera ai giudici, spalancando una breccia irreversibile nella riflessione cristiana sulla guerra.

Oggi, quell’eredità torna viva. La marcia del 30 agosto partirà da piazza Europa per concludersi davanti alla tomba di don Primo, nella chiesa parrocchiale. Durante il percorso, sulla scia del cardinale Matteo Zuppi a Marzabotto, verranno scanditi i nomi dei bambini palestinesi e israeliani uccisi.

Saranno presenti vescovi, sindaci, attivisti, famiglie, giovani, in un abbraccio trasversale che è già di per sé un miracolo: gruppi religiosi, movimenti politici, organizzazioni sociali che fino a pochi anni fa non avevano nulla da spartire, oggi camminano insieme.

Uniti da una causa che supera ogni confine: la pace per Gaza, la fine dei massacri, il rispetto della vita di ogni persona.

Il programma prevede momenti di forte intensità simbolica e spirituale: la Tenda di solidarietà per la Palestina della bassa bresciana, le letture delle poesie palestinesi alternate alle parole di don Mazzolari, gli interventi in collegamento internazionale del cardinale Pierbattista Pizzaballa, patriarca latino di Gerusalemme, e i messaggi di personalità come Anna Foa e Moni Ovadia.

Cuore della manifestazione è un documento-appello, ispirato al pensiero radicale di Mazzolari. Un pensiero che già negli anni ’50 denunciava l’inganno della cosiddetta “guerra giusta”: «Nell’epoca dell’arma nucleare – diceva – non ci sono più guerre giuste. Ogni guerra è una sconfitta per l’umanità».

Nel documento si chiede con chiarezza: il riconoscimento dello Stato di Palestina, la fine dell’occupazione di Gaza, la cessazione dei massacri «di natura genocidaria», la restituzione degli ostaggi israeliani, la condanna di ogni forma di antisemitismo e violenza.

Questa ostinazione per la pace è tutt’altro che ingenua. È una resistenza lucida, radicata nel Vangelo. E trova eco anche nelle parole di Chiara Lubich, che scriveva: «L’umanità sarà una, quando ognuno saprà farsi uno con l’altro».

E come non sentire la stessa forza in Igino Giordani, che fu amico intimo di Mazzolari, quando affermava: «La pace non è solo il fine della politica cristiana: è il suo inizio, la sua via, il suo spirito».

Questo è lo spirito che Bozzolo vuole testimoniare. Non basta più invocare la pace, bisogna prepararla, con gesti concreti, con parole responsabili, con la fatica del dialogo tra mondi diversi. Perché la pace non si costruisce tra uguali, ma tra diversi.

In Tu non uccidere, capolavoro sulla pace, sintesi matura della sua idea sulla pace, idea totalmente a sfondo biblico, (il titolo è tratto dal V comandamento), don Mazzolari afferma: «La pace è un bene universale, indivisibile: dono e guadagno degli uomini di buona volontà. La pace non s’impone (“non ve la do come la dà il mondo”); la pace si offre (“lascio a voi la pace”). Essa è il primo frutto di quel comandamento sempre nuovo, che la germina e la custodisce»E continua citando il Vangelo: «Vi do un nuovo comandamento: amatevi l’un l’altro”. Nella verità del nuovo comandamento, commisurato sull’esempio di Cristo (“come io ho amato voi”), “tu non uccidere” non sopporta restrizioni o accomodamenti giuridici di nessun genere. Cadono quindi le distinzioni tra guerre giuste e ingiuste, difensive e preventive, reazionarie e rivoluzionarie. Ogni guerra è fratricidio, oltraggio a Dio e all’uomo. O si condannano tutte le guerre, anche quelle difensive e rivoluzionarie, o si accettano tutte. Basta un’eccezione, per lasciar passare tutti i crimini».

Nel manifesto che accompagna l’iniziativa, campeggia una frase pronunciata da don Primo nel 1945, rivolgendosi ai reduci della guerra: «Chi domani parlerà ancora di guerra, chi ci organizzerà per la guerra – per qualsiasi guerra – dovrà essere messo al bando dell’umanità».

Parole che oggi suonano come una chiamata alla coscienza collettiva. Chi promuove la guerra non può essere nostro alleato. Non può essere guida. Non può essere profeta.

Forse non ci sarà un nuovo Mazzolari in mezzo al corteo. Ma è certo che don Primo camminerà con tutti, attraverso i suoi scritti, le sue provocazioni, e soprattutto attraverso la sua ostinata fede nella fraternità come unica via percorribile.

Chi crede nella pace oggi deve osare. Deve resistere alla tentazione dell’indifferenza. Deve riconoscere, come aveva già intuito Mazzolari, che l’ostinazione per la pace è l’unico cammino possibile per la costruzione di un mondo nuovo.

E quel mondo – anche se oggi sembra lontano – comincia proprio da qui, da un piccolo paese del mantovano, tra l’Oglio e il Po, dove un giorno un uomo acceso di Vangelo ha osato dire che ogni uomo, se vuole essere fedele al suo nome, non può più uccidere nessuno.

Riproduzione riservata ©

Sostieni l’informazione libera di Città Nuova! Come?
Scopri le nostre riviste,
i corsi di formazione agile e
i nostri progetti.
Insieme possiamo fare la differenza! Per informazioni:
rete@cittanuova.it

Condividi

Ricevi le ultime notizie su WhatsApp. Scrivi al 342 6466876