Gaza: fame o obesità?

«S’impone subito il cessate il fuoco a Gaza. È disumano che venga ridotta alla fame un’intera popolazione, dai bambini agli anziani: l’esercito israeliano renda accessibili i territori della Striscia all’azione degli organismi internazionali, rendendo possibile la ripresa di piena assistenza umanitaria alle persone». Questo il cuore dell’appello che il presidente Sergio Mattarella ha rivolto al governo e all’esercito israeliano il primo giugno, parlando di fronte al corpo diplomatico accreditato e riunito nei giardini del Quirinale in occasione della festa per i 79 anni della Repubblica italiana.
È possibile che il presidente italiano non fosse informato bene? Eppure il premier israeliano Netanyahu era stato chiaro, solo due o tre giorni prima, quando aveva detto: «Migliaia e migliaia di prigionieri si tolgono la maglietta [per controllare che non abbiano giubbotti esplosivi] e non ne vedi uno, nemmeno uno denutrito dall’inizio della guerra a oggi. Anzi, vedi l’opposto, perché non fa[nno] molto esercizio, certamente non nei tunnel, ma ricevono cibo. E ci accusano di causare la fame».
Quindi la fame a Gaza sarebbe una colossale fake dei soliti antisemiti? Secondo Netanyahu, a quanto pare, il vero problema dei gazawi sarebbe semmai l’obesità e la mancanza di movimento.
Il non detto, è che il vasto mondo antisemita – per come la vede Netanyahu – ha dato credito alla “versione” diffusa dagli altri, molti altri, compreso Philippe Lazzarini, capo dell’Unrwa, l’agenzia Onu che assisteva (il passato è d’obbligo) profughi e civili palestinesi, e che aveva accusato Israele di usare la fame a Gaza come arma di guerra. Secondo Netanyahu, l’Onu e tutte le sue agenzie sarebbero corrotti e sosterrebbero Hamas. Per questo la Knesset ha bloccato l’attività dell’Unrwa a Gaza, in Israele e in Cisgiordania da oltre un anno.
Lazzarini, e sempre più persone, politici e Paesi, ritengono che a Gaza siano 470 mila le persone che si trovano in Fase 5 IPC (fame catastrofica, il livello più alto della scala IPC), che l’intera popolazione (oltre 2 milioni di persone) sia colpita da insicurezza alimentare acuta e che 71 mila bambini e 17 mila madri hanno o avranno a breve bisogno di cure per la malnutrizione.

Di fronte all’affermazione sull’obesità dei gazawi insinuata da Netanyahu mi cadono le braccia. E sono particolarmente grato al presidente Mattarella per aver denunciato (con grande equilibrio di argomentazioni e senza concedere spazio a polemiche inutili, da autentico statista) una situazione intollerabile.
Non così, o almeno non così lucida, mi pare, l’analisi e la presa di posizione del ministro degli Esteri Antonio Tajani che intendeva esprimere la posizione del governo italiano sulla mattanza di Gaza. Ma almeno ha detto qualcosa, come pure il ministro Crosetto. Brilla per la sua assenza una presa di posizione della premier Meloni, anche se poi avrebbe genericamente detto che è d’accordo con Mattarella.
Silenzio dovuto a molteplici e non secondarie argomentazioni politiche che comprendo e rispetto anche quando non le condivido. Invito chi fosse interessato a farsene un’idea a leggere il redazionale de ilpost.it (29 maggio 2025) intitolato: Perché Giorgia Meloni non riesce a schierarsi in modo chiaro su Gaza, compresi alcuni commenti dei lettori riportati in calce.
Oltre al dolore per le vittime, c’è però qualcosa che mi fa paradossalmente più paura del cinico bombardamento, che prosegue da più di 600 giorni, di ospedali, scuole, moschee, chiese e punti di distribuzione degli aiuti, ma soprattutto di bambini, donne e uomini palestinesi, e di giornalisti e operatori umanitari, che non riesco proprio a disumanizzare ed a identificare con Hamas. La mia paura è soprattutto rivolta alla Cisgiordania e alla retorica fondamentalista degli ultrasionisti che proprio in questi giorni hanno voluto stabilire, confermare o ripristinare 22 nuove colonie (illegali secondo il diritto internazionale).

Perché se a Gaza si muore di bombe e di fame, in Cisgiordania i coloni (circa mezzo milione) più che mai incoraggiati dal governo e sostenuti dall’esercito israeliano stanno mettendo le basi per garantire almeno un secolo di futuri massacri. E non è una questione di tregua, di pace o di convivenza di popoli e stati, ma di una esplicita ed esclusiva volontà di dominio più volte dichiarata. Sullo stesso piano, anche se opposto, della altrettanto indisponibile posizione di Hamas.
Bezalel Smotrich, intransigente ministro delle Finanze israeliano e super-fautore sovranista delle colonie, ha detto a questo proposito: «Non abbiamo preso terra straniera, ma l’eredità dei nostri antenati. Il prossimo passo: la sovranità».
In sostanza ha detto a tre milioni di palestinesi che vivono lì da svariati secoli: voi non esistete, levatevi di mezzo. Che dovrebbero fare quei tre milioni (senza contare gli altri)? Pentirsi di esistere? Rassegnarsi a diventare “terroristi”? O andarsene “volontariamente” a capo chino dalla terra dei loro padri e trisavoli, colpevoli di non essere gli antenati di Smotrich e Netanyahu?
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