Game over, qui giochiamo davvero

Esercenti e cittadini impegnati contro l’incentivo all’azzardo

«A volte, per prendere decisioni importanti, bisogna arrivare a toccare il fondo». Questa frase, riferita da una psicologa impegnata contro l’azzardo, è stata determinante per Terry Morandi. Proprietaria di un bar ad Orzinuovi (Brescia), vede ogni giorno arrivare nel suo locale persone disperate che tentano la fortuna con le slot machine. «Una mattina – racconta –, entra un signore di circa 70 anni, gioca 200 euro alle slot e poi si mette al bancone e mi racconta che quelli erano gli ultimi soldi della pensione. Eravamo ad inizio mese, quindi mi dice che sarà costretto a fare il muratore per riuscire ad arrivare a fine mese. Piange ed è disperato, ma di fronte al mio consiglio di cambiare bar e andare dove non c’erano macchinette che lo potessero tentare, mi riferisce che ormai non riesce a farne a meno». Davanti a questa situazione Terry prende la decisione di non tenere più le slot, ma il gestore non vuole toglierle prima della scadenza del contratto. «Ho pensato così di scrivere “guasto” – spiega –. Le tasse fisse di rete telematica, però, erano comunque da pagare e per riuscire a sostenere la spesa ogni tanto la dovevo riattivare». Questa bassa resa fa sì che tanto la Siae quanto la Finanza vengano ad effettuare controlli fino a quando il gestore si convince a portarla via perché «la macchina non lavorava abbastanza». Siamo a gennaio dello scorso anno ma due mesi dopo alla nostra Terry arriva da pagare una tassa di 1500 euro. Un errore, come verrà riconosciuto alla fine, ma anche una felix culpa: l’ingiustizia infatti suscita scalpore e attira l’attenzione dei media, in particolare di un giornalista di Avvenire. «Credo che per noi esercenti sia un fatto di sensibilità e coscienza, ma non solo – commenta Terry Morandi –. Purtroppo in tempi di crisi come quelli che stiamo passando, i soldi fanno gola a tutti. Esistono attività che stanno in piedi solo con il guadagno delle slot: è sicuramente una scelta difficile e non giudico chi non riesce a toglierle. Quell’uomo di 70 anni, però, mi ha fatto capire cosa vuol dire toccare il fondo!». La storia non finisce qui. Terry chiama a raccolta nel suo locale le persone che immagina sensibili al problema della patologia da gioco d’azzardo. «Ci siamo chiesti cosa fare per rispondere a questa sollecitazione», mi raccontano Francesca, Egidio, Agostino, Angiola, Francesco. «Avevamo già in programma di organizzare una manifestazione contro l’incentivo dell’azzardo, uno Slot mob, a Manerbio. Abbiamo pensato di fare il bis: il pomeriggio giochi alternativi per tutti a Manerbio, al mattino in piazza a Orzinuovi per il Festival dell’educazione». Le persone citate, provenienti da alcuni paesi della bassa bresciana e appartenenti a diverse associazioni, sono alcune fra quelle che hanno dato vita a Game over, un vero e proprio comitato contro l’azzardo, di cui è presidente la più giovane, Francesca, neanche 24 anni. «Fra una riunione e l’altra – raccontano – fiorivano le idee e nascevano progetti. Da qui l’idea di darci una fisionomia organizzativa più stabile e riconoscibile, Game over, appunto, per coinvolgere al meglio le realtà del territorio. Insieme abbiamo deciso di sviluppare due direttrici d’azione: una socio-educativaculturale e l’altra di pungolo e stimolo alle amministrazioni locali per incoraggiarle ad adottare regolamenti comunali restrittivi». Perfetti sconosciuti, prima di tutta questa vicenda; ora compagni di battaglia, fortemente motivati, con le idee chiare e un programma definito: coinvolgere sempre più persone e allungare la lista dei sostenitori; promuovere attività culturali; redigere una proposta di regolamento sulla base di quello adottato da molte città virtuose, come Bergamo, da sottoporre alle amministrazioni locali per chiedere maggiore controllo sulle concessioni, restrizioni alla pubblicità, una mappatura del territorio per individuare le zone slot-free secondo il regolamento regionale vigente. Un’attenzione che non si limita alle “macchinette”, mi spiegano, ma «interessa tutte quelle attività che, mascherandosi da gioco, creano grandi danni a tutta la società, lasciando ulteriore spazio alla criminalità organizzata che, direttamente o indirettamente, ne trae profitto. Sono questi e altri i motivi per cui abbiamo deciso di rispondere alla chiamata di Terry e di rimboccarci le maniche».

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