Gaby e la Voce

Pubblicata l’edizione integrale di uno dei testi spirituali più straordinari del secolo scorso. L’autrice, Gabrielle Bossis, è stata attrice, scrittrice e mistica francese

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Le-Fresne-sur-Loire è un’incantevole cittadina a circa 60 km da Nantes, bagnata dalla Loira. Le acque del fiume lambiscono l’argine murato a terrazza di un villino ottocentesco: la casa di villeggiatura di Gabrielle Bossis, che in quest’oasi di pace trascorse anni sereni, ricevendo amici, leggendo, ricamando, pregando, godendo del paesaggio dal terrapieno alberato e fiorito.  Di questa attrice, scrittrice e mistica francese è apparsa recentemente l’edizione integrale di Lui e io, che ha inaugurato una nuova collana dell’editrice Ares. Nel presentare il libro, l’autorevole p. Antonio Maria Sicari dichiara: «Vedo negli scritti mistici di Gabrielle Bossis una compiuta realizzazione dell’itinerario intrapreso già dai grandi mistici carmelitani».

Ultima di 4 figli, Gabrielle nacque a Nantes nel 1874 da una famiglia della buona borghesia originaria della Vandea. Singolarmente dotata nella pittura, scultura, musica, danza e nello sport, si faceva amare per brio e socievolezza: motivo per cui ebbe numerose proposte di matrimonio, sempre però respinte in quanto non riteneva quella la sua strada. Negli anni giovanili la vita di società non le impedì di approfondire la spiritualità francescana facendo parte del Terz’ordine.

Rimasta sola dopo la morte, nell’arco di pochi anni, dei genitori e di una sorella (gli altri fratelli si erano sposati), Gabrielle non si chiuse in sé stessa, ma iniziò a lavorare in un laboratorio di arredi liturgici per le missioni, che aiutò anche economicamente, e si dedicò a insegnare catechismo nelle due parrocchie di Nantes e Le-Fresne, da lei pure beneficate con i redditi delle sue eredità. In seguito, durante la Seconda guerra mondiale, avrebbe prestato servizio come crocerossina molto stimata per dedizione e carica umana.

Nel 1930, l’evento che segnò una prima svolta della sua vita: invitata dal parroco di Le-Fresne a comporre una commedia per una recita di ragazze della parrocchia, Gabrielle accettò e insieme a loro interpretò il testo preparato. L’argomento: il fascino esercitato dalla grande città su giovani inesperti. Stimolata dal successo riscosso da Le charme, Gaby (com’era familiarmente chiamata) scrisse ancora decine di commedie e di balletti di cui fu attrice, regista, scenografa e costumista, al solo scopo di diffondere i princìpi morali nei quali credeva e non per ambizioni letterarie. I personaggi di queste opere che la resero popolare anche all’estero (fu chiamata perfino in Palestina e in Marocco) erano gente comune, magari povera di mezzi ma ricca interiormente. In breve, anticipò di quasi 20 anni il neorealismo! Fedele a quella che ormai considerava la sua missione sulla terra – dare gioia –, la Bossis non badò a sacrifici: organizzava da sola i suoi viaggi, confezionava da sé gli attrezzi di scena trascinandoli in pesanti valigie e sosteneva le spese delle costose tournée oltre i confini della Francia.

Fu appunto durante una di queste in Canada (1936) che per utilizzare il tempo della traversata atlantica iniziò un diario. Ben presto però alle impressioni di viaggio andarono sostituendosi parole che una Voce udita già da bambina le andava dettando interiormente. Talvolta Gabrielle dubitava che potesse trattarsi di Gesù, ma sempre veniva rassicurata da lui (quella Voce misteriosa), che la esortava ad abbandonarsi con fiducia a Dio con espressioni come queste del 20 novembre 1941: «In ogni istante, entra in Me e non uscirne mai. Di’ a te stessa: sono in Dio… Respiro in Dio… Mi muovo in Dio. Come un piccolo pesce portato dalle acque profonde, con Dio in te, che per di più ti impregna di Sé. Quale intimità è più grande?… Non irrigidire la tua volontà. È così semplice la vita di un altro Cristo, tra le braccia di Cristo!».

In altri dialoghi Gesù la invita a immedesimarsi nei dolori della sua passione, ad attingere da lì forza, amore e unione con lui, a farsi piccola, a sfruttare le semplici incombenze quotidiane per puntare alla santità, ad essere messaggera del suo amore anche soltanto col sorriso: quel sorriso che Cristo dichiara una volta essere suo dono. Impossibile non rimanere profondamente toccati da questo scambio amoroso tra una creatura e un Dio a tal punto rispettoso della libertà dell’uomo da “mendicare” amore.

Soltanto poco tempo prima di morire Gabrielle confidò al suo confessore, il gesuita padre de Parvillez, la singolare esperienza in cui era immersa da quasi 10 anni e gli fece leggere i suoi quaderni. Il sacerdote ne fu così impressionato da caldeggiare la pubblicazione di un volume antologico. Lei però preferiva che ciò avvenisse dopo la sua morte e si convinse solo perché il 24 ottobre 1944 si sentì replicare dalla Voce interiore: «Perché non durante la tua vita?… […] Il nostro libro […] ben merita che tu vi curi tutto ciò che può aiutare chi legge. Non vuoi assistermi in questo?». Esso tuttavia apparve solo nel 1949, dopo le drammatiche vicende belliche che coinvolsero anche Nantes: anonimo, come Gaby desiderava, ma presentato da tre firme autorevoli: il vescovo di Nantes, il gesuita teologo Lebreton e lo stesso padre de Parvillez.

Lui e io ebbe in Francia un’accoglienza sbalorditiva, tanto che in poco tempo fu esaurito e si dovette preparare una seconda antologia. Sebbene gravemente malata di tumore, Gaby arrivò a curare anche questa nuova scelta. Il volumetto, uscito postumo, stavolta aveva la prefazione dell’accademico di Francia Daniel Rops, che svelando finalmente il nome dell’autrice, ne parlò in questi termini: «Gabrielle Bossis fu senza dubbio una grande mistica, e gli estratti del suo diario sono il resoconto, quasi la stenografia, di ciò che essa ricevette in un sublime Solo-a-sola con Gesù. I colloqui hanno un suono di purezza e di semplicità che li assimila ai più autentici capolavori della letteratura spirituale».

La pubblicazione integrale dei dialoghi per i tipi di Beauchesne sarebbe stata completata nel 1957 in 7 volumetti ora tradotti in varie lingue.

Gabrielle si spense il 9 giugno 1950. Nell’estremo commovente colloquio del 25 maggio di quell’anno, quasi cieca e respirando a stento, chiese a Gesù: «Sono giunta alla fine della mia vita?… Celebro ora la mia prima e ultima Messa? Dove sei, amorosa Presenza?… E dopo, che sarà?». La risposta: «Sarò Io, sarò sempre Io». Sulla sua tomba nel cimitero di Le- Fresne è incisa questa frase da lei dettata: «O Cristo, fratello mio/ Lavorare accanto a te/ Soffrire con te/ Morire con te/ Sopravvivere in te».

Parenti e amici, affascinati dal carattere gioioso e creativo di Gaby, rimasta interiormente giovane anche nell’anzianità, pensavano che tutto le fosse riuscito facile nella vita, e non frutto di virtù; solo lontanamente avevano intuito la profondità spirituale di lei, che anche durante le tournée non aveva mai rinunciato alle sue pratiche religiose (messa, via crucis, ora di adorazione durante la quale riceveva i messaggi della Voce), insieme all’umile abitudine di dormire per terra e di indossare il cilizio anche durante le recite: strumento penitenziale ritrovato solo dopo la sua morte.

Oggi la Bossis può ben essere un modello per chi, senza estraniarsi dalla vita mondana, è attratto dalle più alte vette spirituali. Il suo carisma, del resto, era stato già indicato da Cristo, che in uno dei suoi ultimi dialoghi con lei – dialoghi non privi talvolta di qualche battuta scherzosa –, ne aveva così spiegato lo scopo: «Sai quello che facciamo scrivendo queste pagine? Togliamo il pregiudizio che l’intimità dell’anima sia possibile solo per il religioso nel suo chiostro, invece il mio Amore segreto e tenero è in realtà per ogni anima che vive in questo mondo».

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