Futuro incerto per l’energia in Italia

Solo nelle emergenze ci ricordiamo dell'assenza di un piano energetico di lungo periodo. Perchè questa impreparazione? Su quali settori occorre investire per non essere paralizzati da freddo, crisi, conflitti?   
Piattaforma petrolifera

Quanto sia importante disporre di energia ce se ne accorge solo quando questa viene a mancare, come è successo in questi giorni per la caduta sulle linee elettriche di alberi carichi di neve. nel mondo di oggi senza energia elettrica quasi non si è in grado di fare alcunché, neppure ad informarsi via TV, usare un computer e soprattutto a far funzionare l'impianto di riscaldamento.

Il fatto che in Italia ci si preoccupi dell'energia solo quando si corre il rischio di rimanere al gelo, fa parte della nostra natura: contrariamente a quanto succede  in famiglia, dove siamo portati ad essere previdenti come le formiche,  nelle decisioni comuni ci comportiamo come cicale: si parla e si canta dimenticando  l'inverno che inevitabilmente arriva.

Quando negli anni settanta la crisi del petrolio ha reso evidente all'Europa la possibilità di un prolungato ricatto petrolifero,  francesi, svizzeri, danesi, tedeschi ed altri cittadini nord europei, si sono rivolti decisamente al nucleare: noi invece, anche se la prima pila atomica era stata montata da Enrico Fermi, facemmo molti piani ma riuscimmo ad avviare solo due centrali nucleari, che dopo Chernobyl grazie ad  un referendum decidemmo di fermare; forse confidando nella nostra buona stella o nelle grandi raffinerie di petrolio situate sulle nostre coste, che producevano prodotti petroliferi per tutto il mondo: almeno una parte di essi sarebbero sempre rimasti a casa nostra.

A quaranta anni da allora dobbiamo ammettere che queste decisioni a favore dell'ambiente non erano come pensavano i nostri vicini  sconsiderate, neppure sotto il profilo economico; nel costo dell'energia nucleare si dovrebbe tener conto anche dei costi di demolizione delle centrali, adesso che dopo Fukushima alcuni stanno seguendo il nostro esempio; costi che in questi quaranta anni non abbiamo pagato acquistando a prezzo ridotto di notte l'energia elettrica in esubero che le loro centrali producevano,  che noi immagazziniamo  pompando con essa l'acqua dai bacini a valle a quelli montani, per ottenere poi di giorno nuovamente l'energia elettrica che ci serve.


Metano e petrolio ci piacciono perché il nostro boom economico è nato dal gas naturale scoperto dall'ENI in valle padana  e dal petrolio libico allora a  basso prezzo; quando l'Europa impose per motivi ambientali di non produrre più energia elettrica da olio combustibile ad alto zolfo, ci affidammo al gas naturale, che grazie alla rete di gasdotti costruita da Mattei per portare in tutta Italia il gas della valle padana, poteva  convogliare ovunque anche quello reso disponibile ai nostri confini dai gasdotti russi e olandesi, che erano stati costruiti con tubi di acciaio di nostra produzione; poi per diversificare le fonti venivano collegati alla rete con arditi gasdotti sottomarini anche i giacimenti di gas dell'Algeria e della Libia.


L'ENI inoltre era tra i primi ad attrezzarsi per il trasporto su speciali navi metaniere, costruite nei cantieri di Genova, di gas naturale liquefatto a temperature bassissime; esso veniva scaricato in serbatoi presso La Spezia, per essere poi rigassificato ed immesso in rete: inizialmente si caricava in Libia, quando poi Gheddafi fece le bizze sul prezzo, si cercarono altri produttori.


Un tipo di rifornimento utile, che rispetto al gasdotto richiede meno investimenti e permette anche di cambiare fornitore, ma in Italia lo si è colpevolmente trascurato per molti anni, ritardando con motivazioni ambientali e di sicurezza facilmente superabili  la costruzione di altri terminali in Sicilia, in Toscana  ed in Puglia.


Così quando il freddo diventa intenso dall'Artico al Mediterraneo ed il nostro maggiore fornitore russo ci consegna solo quanto è impegnato per contratto, l'unico nuova fonte possibile diventa il gassificatore già operante installato presso Rovigo, che non prevede di pompare a terra gas liquefatto, ma di gassificarlo direttamente su una piattaforma galleggiante ancorata al largo, a cui attraccano le navi metaniere: una soluzione che pone meno problemi di sicurezza, ma che espone il sistema alle condizioni del mare aperto, tanto è vero che in questo periodo esso ha potuto operare solo a ritmo ridotto.

E per il futuro? Tutti sappiamo che il petrolio non durerà per sempre e che il nostro paese si è impegnato come gli altri a ridurre le emissioni di gas serra: i francesi continuano a credere nel nucleare,  inglesi e olandesi hanno gas naturale, i tedeschi e i danesi hanno deciso di affidarsi in particolare all'eolico, che da loro funziona bene  grazie al forte vento costantemente disponibile sulle grandi pianure e nel mare del Nord.

In Italia a parte alcune zone in Sardegna, in Sicilia e in Puglia l'eolico è meno conveniente: per i prossimi anni il gas naturale continuerà a risultare la scelta giusta, soprattutto dopo la scoperta della sua possibile produzione fratturando le rocce dei giacimenti di scisto; una pratica ormai sposata dalla Cina, per i suoi crescenti  consumi e negli Stati Uniti, il cui sottosuolo è risultato per metà costituito da tali rocce: grazie a questa nuova produzione gli USA si stanno addirittura trasformando da importatori ad esportatori di gas liquefatto.

Anche in Europa sottoterra esistono scisti che si iniziano a sfruttare in Polonia,  ma altre nazioni europee, per prime Francia e Bulgaria, hanno proibito questo sfruttamento, temendo che le acque inquinate che vengono prodotte inquinino le falde freatiche; inoltre ultimamente si è riscontrato che fratturando il sottosuolo si provocano terremoti: gli americani non demordono ed assicurano  che questi non superano mai i quattro gradi della scala Richter!


In Italia non possiamo però affidarci per sempre al solo gas naturale: per noi la energia che sarà la più conveniente in futuro sarà quella che impareremo a risparmiare, cosa che non si realizza in tempi brevi e senza pianificazione: sarebbe quindi molto utile che il governo affrontasse decisamente il problema, rendendo ancora più stringenti ovunque i parametri di consumo energetico per le nuove costruzioni abitative ed industriali e  per le ristrutturazioni dell'esistente, ponendo anche parametri più severi di massimo consumo per tutti gli automezzi, pubblici e privati di nuova registrazione: decisioni che sarebbero senza costo per la comunità e che attiverebbero nuove professionalità e lavoro.

Ricordiamoci poi che siamo il paese del sole, quindi non dobbiamo trascurare il fotovoltaico, che grazie ai sempre accresciuti rendimenti delle celle presto potrebbe diventare conveniente anche con incentivi  statali più ridotti.
 
 

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