Fratelli o fratellini?

Mio fratellino di 12 anni è una vera peste, ma con me si trova bene e giochiamo spesso insieme. A volte provo ad aiutarlo dandogli dei consigli, ma non vuole sentirmi. Io, al suo posto, sarei contento di avere un fratello che si interessa di me… anche se è vero che a volte mi comporto un po’ troppo da grande con lui. Emanuele – Roma Quando qualcuno non vuole sentirci ci possono essere molte ragioni. Per scoprirle, proviamo a pensare a quando capita a noi di non voler sentire gli altri. Può essere perché non siamo nella disposizione di ascoltare, perché siamo molto occupati o non ci sentiamo bene o, semplicemente come capita a me, non abbiamo ancora preso forza col caffè del mattino. Altre volte dipende dal fatto che, per qualche preconcetto o per precedenti esperienze, non ci sentiamo attirati dalla persona che ci parla e il rifiuto di ascoltarla coincide con un rifiuto, in un certo senso, dell’altro che è diverso da me. Per una buona comunicazione, anche nell’ambito di quella più spontanea che viviamo tra fratelli, occorre tenere presenti vari elementi: la disposizione nostra, quella di chi ci ascolta, il modo di comunicare. Il primo passo da fare, come hai ben intuito, è non atteggiarti a fratello grande, altrimenti lui si sentirà minacciato nella sua libertà e reagirà istintivamente chiudendosi. Per donare qualcosa – ed è questa la vera comunicazione -, la parola e il mio essere devono essere coerenti. Se voglio fargli sentire che gli sono vicino, devo dimostrargli che, anche se abbiamo età diverse, lo considero uguale a me: fratello e non fratellino. Dovrò poi capire cosa sta vivendo e scegliere il momento in cui intuisco che può essere contento di ascoltarmi. E quando lo farò, dovrò scegliere le parole e i toni giusti, adatti all’età, ma senza toni paternalistici. È l’arte del mettersi al posto dell’altro, un’arte che puoi imparare, accogliendolo come te stesso e, nello stesso tempo, perdendoti in lui, fino a sentire ciò che sente lui.

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