Fratelli-coltelli?

Fino ad un certo punto. Da vedere il bel film “Come prima” di Tommy Weber, storia di uno scontro-incontro.
L'attore italiano Antonio Folletto. Foto: Mario Cartelli/LaPresse

Siamo negli anni Cinquanta. In Francia un giovane assiste allibito ad un incontro di boxe clandestino in cui combatte Fabio (Francesco Di Leva), scappato da Procida anni prima, fascista convinto e scacciato per questo motivo dal padre pescatore comunista. Il giovane è André (Antonio Folletto) venuto a prendere il fratello che non vede da 17 anni per riportarlo dal padre malato.

Fabio è un tipaccio, un fascista macho che deve scappare perché ha parecchi nemici, così i due iniziano un viaggio verso l’Italia. Il viaggio più che di luoghi e di persone – alcune strane, come un amico fascista, un prete guercio ex partigiano – è un percorso intorno ai caratteri dei due fratelli, che sono diversissimi: uno violento, impulsivo e fedele al passato, l’altro timido, educato, con un amore infelice alle spalle. Gli scontri sono inevitabili: gli scoppi d’ira improvvisi di Fabio spaventano André fin troppo controllato ma in realtà affiora lentamente il vero motivo della fuga di Fabio: il rapporto con il padre, un uomo manesco che non dialoga.

L’attore italiano Francesco Di Leva. Foto: Gian Mattia D’Alberto/LaPresse

È in questo rapporto mancato il nocciolo del dramma vissuto dal fin troppo esuberante Fabio, manesco quanto il padre. In questa maniera il viaggio diventa la riscoperta tra i due fratelli di un possibile rapporto anche fra loro, il timido maestro elementare e il rozzo fascista preso dalla sua idea di virilità incontrollata, e invece capace di tenerezze insolite come quando accoglie un povero cane zoppo. Man mano che si scende verso la Campania –ma i luoghi sono solo uno scenario perché tutto è affidato al rapporto tra i due– e si torna alle proprie origini, in Fabio diminuisce l’aggressività, la voglia di prendere a botte qualcuno. Ritrova Procida, bella, bianca, luminosa.

Il padre sta morendo ed ha chiesto di vedere il figlio disperso e maltrattato, che non ha capito. È la parte commovente e autentica di un film che non è lamentoso e dal lieto fine obbligato, ma è il racconto di come si possa ritrovare la vita di prima, di scoprirsi fratelli appunto “come prima”.

Straordinaria la prova attoriale dei due protagonisti su cui si basa l’intero lavoro, senza mai un momento di stanca, di routine, o di superficialità. Poetica la fotografia che inquadra volti, corpi, sentimenti e la natura alpina e marina attraversata come tutto il film da un velo di malinconia. È forse il desiderio nostalgico dei giovani-adulti di ritrovare una sorta di paradiso perduto, di un rapporto fanciullesco, sereno con  la vita, i luoghi, le persone in cui riconoscersi ancora fratelli.

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