Franz e Franziska. Una storia d’amore contro il Reich

Viaggio della memoria sui luoghi di una famiglia di contadini austriaci che si oppose a Hitler. Una testimonianza di obbedienza alla coscienza pagata con la vita. Intervista a Giampiero Girardi della rete “Amici di Franz”
Franz e Franziska Jägerstätter
C’è un mistero sui monti dell’alta Austria che mette in crisi ogni ricostruzione accomodante sull’adesione collettiva e convinta della popolazione alla follia delirante di Adolf Hitler. Dopo i primi campi di concentramento già sperimentati nella Grande Guerra, sarebbe stato impossibile erigere in quel bellissimo territorio dell’Alta Slesia un infernale luogo di degradazione e sterminio, come Mauthausen senza il silenzio di molte coscienze cristiane. Cosa ha impedito una ribellione e un'obiezione di massa?

 

Eppure la storia umana è capace di prendere una direzione diversa, come dimostra una coppia di contadini cattolici, Franz e Franziska, padre e madre di famiglia, della parrocchia di Sankt Radegund, che dissero insieme il proprio no al nazismo radicandolo nel “sì” del loro patto matrimoniale. Come scriveva lucidamente Franz, «Io non sono del parere dei molti che ritengono che il singolo soldato non è responsabile di tutto ciò che succede e addossano la responsabilità ad uno solo, a Hitler. Indubbiamente molti di quelli che sono ancora a casa con la coscienza tranquilla hanno responsabilità magari maggiori di un soldato che uccide centinaia di uomini perché lo ritiene suo dovere».

 

Una testimonianza che continua a confutare dotti, ricchi, sapienti e che per tanto tempo è rimasta sconosciuta pur abbondando la documentazione scritta e orale. Ogni anno, il 9 agosto, senza grandi organizzazioni, si dà appuntamento tra quei monti una rete informale di persone e realtà che celebrano quella data in tutto il mondo. È il giorno della decapitazione di Franz Jägerstätter nel carcere di Brandeburgo sulla Havel, vicino Berlino, nel 1943, punito in maniera esemplare per aver rifiutato di arruolarsi nell’esercito del Führer. Una determinazione che si scontrò anche con l’indicazione del vescovo di Linz che lo invitava a desistere da questa scelta pericolosa condivisa fino alla fine con la sua Franziska, rimasta con tre figlie a carico, che ha potuto partecipare alla beatificazione del marito avvenuta proprio nella cattedrale di Linz, nel 2007, con decreto di Benedetto XVI.

 

Abbiamo rivolto alcune domande a Giampiero Girardi, punto di riferimento italiano degli “Amici di Franz”. Girardi, ha tra l’altro curato con Lucia Togni, per le edizioni “Il pozzo di Giacobbe”, il recentissimo testo “Una storia d’amore, di fede e di coraggio. Franziska e Franz Jägerstätter di fronte al nazismo”.

 

Come è nata la rete degli amici di Franz e con quale finalità?

 «La rete degli amici di Franz nasce nel segno dell’ammirazione verso un uomo grande e coraggioso, che ha dato un esempio luminoso di fedeltà alla coscienza. Si è creata così l’associazione “Franz Jägerstätter Italia”, un coordinamento “leggero” che si propone di far conoscere Franz e Franziska Jägerstätter e di diffondere in italiano la documentazione sulla loro vicenda umana e spirituale. Un ruolo importante a questo scopo ricopre Lucia Togni, che ha curato la traduzione di tutti gli scritti della coppia, con un sforzo — non solo linguistico — di comprensione e di coinvolgimento nelle dimensioni più profonde di questa esperienza».

 

Quale è il senso del vostro impegno oltre l’esercizio necessario della memoria?

«La mia impressione è che di Franz e Franziska Jägerstätter non si possa fare semplicemente “memoria”. Chi li accosta con cuore sgombro e senza la fretta del consumo culturale che ha pervaso la nostra epoca, viene a contatto con una tale ricchezza di vitalità, uno spessore spirituale, una rettitudine morale da restarne attratto. Troppo grande è la vicenda in cui ci si imbatte per non volerne essere in qualche modo partecipi e farsene a propria volta divulgatori».

 

Quale indicazione concreta in un tempo che papa Francesco ha definito “terza guerra mondiale a tappe”? Cosa ci dice questa testimonianza silenziosa e incompresa ?

«La vicenda Jägerstätter ha molto da dire ancora oggi. Essa non è soltanto un atto di coraggio e di resistenza al male, che può sembrare scontato. In realtà, ci dice che bisogna saper leggere i tempi in cui ci si trova a vivere e che occorre essere capaci di discernere, senza assecondare la massa senza riflettere. Franz Jägerstätter ci dice che non si può derogare ai valori in cui si crede, mai! E che il primato della coscienza è assoluto: essa va preservata, formata, fatta crescere. Solo così si formano persone in grado di assumersi responsabilità, di affrontare i veri problemi e di cercare soluzioni coraggiose ed innovative.

Oggi non sappiamo più stare soli e in silenzio. Franz ci insegna che è proprio lì che si trova la forza e il senso per vedere dentro noi stessi e fare le scelte più giuste. Che magari saranno riconosciute come tali solo molti anni dopo».

 

Come spiega la solitudine dei coniugi Jägerstätter in un contesto saldamente cristiano? Come si può comprendere nell’ambiente culturale odierno secolarizzato?  Come e dove esercitare la disobbedienza all'ingiustizia?

«Un cristianesimo di facciata e solo formale non serve a nulla e difatti non ha impedito le aberrazioni che sono avvenute nel XX secolo (ma anche prima…). Non stupisce, dunque, che Franz e Franziska Jägerstätter si siano trovati soli a contrastare un regime che era stato condiviso da molti e accettato da troppi.

Al di là dell’aspetto religioso (che pure è significativo per la mancanza di determinazione dimostrata dai responsabili ecclesiali negli anni Trenta e Quaranta) risalta in loro l’assunzione di responsabilità umana: la loro testimonianza è per il valore della persona e dunque ha una rilevanza generale che trascende la stessa ispirazione religiosa. In fondo è all’ingiustizia che Franz e Franziska dicono “NO” e mostrano che non si può e non si deve essere succubi di quanto la maggioranza sembra credere.

Oggi sono molte le situazioni di ingiustizia, spesso strutturale, che abbiamo di fronte. Troppo spesso ci giriamo dall’altra parte o ce ne lasciamo facilmente assuefare. A tutte dobbiamo saper reagire, nello spirito nonviolento e coraggioso che i due coniugi di Sanckt Radegund ci hanno insegnato».

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