Food Systems Summit, ci saranno cambiamenti concreti?

Il vertice sui sistemi alimentari delle Nazioni Unite che si svolgerà presso la sede Fao di Roma dal 24 al 26 luglio, punterà ulteriormente sui sistemi alimentari sostenibili, valorizzando la territorialità, la cura delle risorse del pianeta, in un dialogo complesso tra l’agricoltore locale e la grande distribuzione
Food Systems Summit

Dal 24 al 26 luglio 2023 ha luogo a Roma il vertice sui sistemi alimentari delle Nazioni Unite. Il Food Systems Summit si svolge presso la sede della FAO. La precedente edizione aveva trovato sede a New York nel settembre 2021. Sulla spinta della seconda ondata di pandemia da Covid-19 una moltitudine di attori – giovani, produttori di cibo, popolazioni indigene, società civile, ricercatori, settore privato e il sistema delle Nazioni Unite – si era riunito per sviluppare una visione d’insieme capace di leggere le molteplici sfaccettature del nostro modo di produrre cibo, dell’incapacità di sfamare l’intera popolazione umana, di garanzia, spesso disattesa, dei diritti di agricoltori e allevatori di tutto il mondo, dei limiti dei sistemi alimentari incapaci di resistere alle pressioni ambientali del nostro tempo.

Nel 2020, secondo la FAO, si è registrato un aumento del 20% del numero di persone malnutrite. La produzione alimentare e i produttori locali sono sempre più vulnerabili agli impatti negativi dei cambiamenti climatici mentre, al tempo stesso, i sistemi alimentari contribuiscono fino a un terzo delle emissioni di gas serra, fino all’80% della perdita di biodiversità e utilizzano fino al 70% dell’acqua dolce; il suolo, inoltre, sta perdendo fertilità e numerosi territori stanno mutando in un processo di desertificazione.

Anche in questa edizione si intrecciano ecologia, politica sociale, economia, salute e diritti dei lavoratori in questo panorama attuale così complicato. Si farà un bilancio delle azioni intraprese a seguito dello scorso summit, si vuole puntare ulteriormente sui sistemi alimentari sostenibili, valorizzando la territorialità, la cura delle risorse del pianeta, progetti di resilienza della produzione senza lasciare nessuno indietro. I protagonisti sono molteplici: a livello politico dal segretario generale delle Nazioni Unite al primo ministro italiano, Paese ospitante della manifestazione, e da un gruppo selezionato di capi di Stato e di governo, ma soprattutto ricercatori, scienziati, attori economici e industriali, produttori e rappresentati di popolazioni indigene. Attori dall’alto e attori dal basso ma forse non troppo.

Sicuramente in un panorama di dialogo tra le parti così complicato l’agricoltore locale, l’allevatore e il pescatore non hanno molto spazio di esposizione, ma in questi anni il loro ruolo sembra comunque incisivo. Se le decisioni vanno prese dall’alto, è dal basso che si può fare la reale differenza. Se si insegna ad un agricoltore a valorizzare la biodiversità, a mettere in atto sistemi produttivi di economia circolare che riducono al minimo gli scarti, a ridurre l’utilizzo della fitochimica sostituendola con metodologie sostenibili, a valorizzare il suolo con le sue peculiari caratteristiche, a riscoprire il sapere antico e locale in grado però di mantenere una efficace produzione allora si può ben sperare. Certamente non basta una buona formazione, occorre una politica che sostenga il piccolo e medio produttore, una rete tra gli attori locali dal produttore al settore dei trasporti, alla distribuzione fino alla tavola del consumatore. E quindi la politica deve iniziare a prendere decisioni talvolta anche controcorrente: gli Stati devono attuare i propositi di salvaguardia delle risorse ambientali dall’acqua al suolo alle risorse ittiche, devono sostenere la ricerca e i centri scientifici di valorizzazione della biodiversità, devono sostenere progetti di distribuzione che abbatta il più possibile l’emissione di gas serra, devono garantire la riduzione degli sprechi alimentari e degli scarti di lavorazione, devono imporre un packaging ecologico. Non sarà facile contrastare gli interessi economici della grande distribuzione, delle multinazionali del cibo, delle industrie della chimica, che non vanno visti come gli antagonisti della storia ma come attori principali, volenti o nolenti, e pertanto coinvolti nelle decisioni ma con una vera coscienza ecologica, antropologica e di inclusione. Siamo tutti interdipendenti non solo globalizzati.

E noi dalla parte dei consumatori cosa possiamo fare in attesa che anche dall’alto le cose cambino? Anche il cittadino è attore integrato nel sistema di produzione alimentare, è l’attore finale! Il consumatore influenza la produzione perché agisce sulla scelta dei prodotti, agisce sul mercato. Puntiamo all’acquisto da produttori locali attraverso reti organizzate di cittadini, informiamoci sulle metodologie agricole utilizzate, spendiamo il nostro tempo per incontrare chi il cibo lo produce e si trova vicino a noi, frequentiamo mercati dei contadini locali che raggiungono le nostre città, riscopriamo i saperi alimentari dei nostri nonni e non è necessario consumare ogni giorno alimenti dal forte impatto ambientale, ma soprattutto alimenti vegetali, territoriali e di stagione e infine impariamo a non buttare via il cibo.

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