Foggia: non solo caporalato

Sedici morti. Due incidenti nell’arco di pochi giorni. Un territorio “veramente difficile” e un’agricoltura sana che vorrebbe continuare a vivere. Intervista al procuratore capo Ludovico Vaccaro

L’incidente del 6 agosto, a Foggia, all’altezza dello svincolo per Lesina, ha fatto 12 vittime ed ha acceso i riflettori su un fenomeno mai sufficientemente conosciuto, quello del “caporalato” e dello sfruttamento dei lavoratori. Piaga mai sopita, nonostante la legge 199 del 2016 abbia cercato, forse per la prima volta, di affrontarlo. Qualche giorno prima, in un altro incidente, erano morte altre quattro persone, anch’esse probabilmente impiegate nel lavoro irregolare dei campi.

Si indaga sulle cause della tragedia, ma i contorni sembrano abbastanza chiari. L’inchiesta è coordinata dal procuratore capo di Foggia, Ludovico Vaccaro. «L’inchiesta è aperta per accertare le responsabilità e la dinamica – spiega Vaccaro –, ma tutto sembra convergere in una direzione precisa. Le verifiche effettuate portano alla responsabilità del conducente del furgone che ha invaso la corsia opposta e si è scontrato con il Tir che proveniva nella direzione opposta, ribaltandosi sull’asfalto. L’autista del furgone è anch’esso deceduto».

L’autista del mezzo pesante è indagato per omicidio colposo plurimo. Ma è solo un atto dovuto che dovrà consentire i necessari accertamenti. L’inchiesta, però, non si ferma qui. Non basta accertare le dinamiche dello scontro. Nel furgone c’erano dodici persone, l’autista era marocchino, gli altri undici erano tutti nigeriani. Certamente non erano insieme per caso. Tornavano da una giornata di lavoro nei campi.

«Il fatto di trovare tante persone – spiega Vaccaro –, tutte insieme all’interno di un furgone, riporta inevitabilmente a un fenomeno purtroppo molto presente nel nostro territorio che è quello del caporalato e dello sfruttamento della manodopera, soprattutto degli stranieri, nelle aziende agricole. Stiamo svolgendo degli accertamenti per capire dove queste persone lavorassero. Abbiamo già individuato una di queste aziende e stiamo andando avanti. Non è stato facile anche il riconoscimento delle vittime, che spesso non hanno parenti in Italia. Abbiamo quindi aperto un fascicolo, ovviamente a carico di ignoti, per l’ipotesi, in questo momento solo un’ipotesi di reato, che ci porta al reclutamento illecito, all’intermediazione illecita, al trasporto illecito, allo sfruttamento dei lavoratori».

Un fenomeno molto diffuso quindi…
«Si, è un fenomeno direttamente collegato alle esigenze delle colture. Nella nostra zona, soprattutto in agosto, c’è un utilizzo massivo di lavoratori per un periodo limitato, spesso di pochi giorni, per la raccolta del pomodoro. Questo dipende, ovviamente, dalle condizioni climatiche e dalle esigenze colturali. Ma non autorizza però fenomeni di sfruttamento dei lavoratori».

Il caporalato è un fenomeno che parte da lontano, che ha radici antiche. Ma oggi esso va di pari passo con un altro problema: quello della non sostenibilità delle aziende agricole. Oggi il prodotto viene venduto a prezzi bassi e non si riescono a sostenere i costi di produzione, compreso quello della paga dei lavoratori. È un problema che viene posto più volte, anche a livello sindacale …
«Questo è uno degli aspetti di questo fenomeno, che interessa la crisi del mondo agricolo. Registriamo, da anni, una corsa al ribasso dei prezzi, che parte dalla GDO (grande distribuzione) che impone i prezzi di vendita ai produttori. Questo innesca fenomeni a catena, con la necessità, per i produttori, di contenere i costi, cercando soluzioni diverse e spesso anche non legali. C’è una terribile corsa a schiacciare i costi verso il basso e a pagare sono i “salari”. Le aziende non riescono a pagare i costi, non riescono a pagare la manodopera e il lavoro perché, a loro volta, non hanno sufficienti introiti dalla vendita del prodotto, perché il prezzo si è abbassato. Il fenomeno è complesso e non può essere risolto solo con la repressione. C’è veramente bisogno di una sinergia a vari livelli».

Un fenomeno che ha quindi risvolti sociali e politici, che si interseca anche con la presenza sempre maggiore di lavoratori stranieri, che vivono nel bisogno e più facilmente vengono sfruttati
«Si, il fenomeno è alimentato dal fatto che ci sono “serbatoi” di manodopera disponibile a basso prezzo, c’è il fenomeno, sempre più preoccupante, di persone che vivono in veri e propri ghetti, che sono nati in più posti. È un fenomeno estremamente preoccupante, anche per i possibili risvolti sociali e umani. Vi sono migliaia di persone che alloggiano in condizioni ai limiti della vivibilità. Vivono in condizioni penose e con un grande bisogno di guadagnare, anche pochi euro. Se non ci fosse questo “bisogno” non si innescherebbe questo fenomeno di sfruttamento dei lavoratori».

Come lavora la sua Procura?
«Siamo in un territorio di frontiera, siamo in trincea. Conosciamo il fenomeno del caporalato e dello sfruttamento della manodopera. Abbiamo istituito un pool che si occupa specificatamente del caporalato. Ci sono state indagini, arresti, denunce. Ma i casi che sono venuti alla luce finora sono veramente pochi rispetto ad un fenomeno certamente più vasto. C’è un fenomeno del lavoro nero che è veramente devastante, alimentato proprio dalla manodopera di questi ghetti. In alcuni tra questi, vivono talvolta centinaia o migliaia di persone. Uno è la cosiddetta “Pista” di Borgo Mezzanone, che è sorto su una vecchia pista aeroportuale dismessa, dove uomini e donne sono accampati, privi dei servizi essenziali. Spesso si tratta di persone irregolari che quindi alimentano più facilmente la sacca di coloro che diventano vittime del caporalato. Nel caso dell’incidente del 6 agosto, però, gli immigrati avevano tutti regolare permesso di soggiorno».

Cosa chiedete? Cosa serve a questo territorio?
«Abbiamo chiesto al ministro un ampliamento dell’organico e l’invio di nuovi magistrati, oltre a completare l’organico attuale che ha dei posti vacanti. Questo territorio, ripeto, è una frontiera. La notte successiva al giorno dell’incidente, c’è stato un omicidio, poi l’assalto ad un furgone portavalori. È un territorio veramente difficile».

Come vi muoverete? Che tipo di lavoro l’attende nei prossimi giorni?
«Il fenomeno, come dicevo, è complesso e diversificato. Nel nostro territorio ci sono, ad esempio, molti lavoratori africani, spesso irregolari. Poi ci sono i cittadini europei (bulgari, rumeni) disposti anch’essi a lavorare per pochi euro. Vi sono i lavoratori locali, per i quali ci sono condizioni diverse, ma anche qui con sacche di irregolarità. Questo fenomeno deve essere affrontato nelle sue diverse e complesse sfaccettature. Bisogna effettuare i controlli nelle aziende e bisogna avere le risorse per farlo, bisogna intercettare il fenomeno del caporalato, della intermediazione illecita. Bisogna “tagliare” il serbatoio di manodopera a basso prezzo che sono i “ghetti”, che sono sorti un po’ ovunque, in cui gli immigrati vivono in condizioni disumane».

Il lavoro dei magistrati e delle forze di Polizia si interseca con quello del mondo politico, del legislatore che dovrà affrontare un fenomeno complesso: la repressione del caporalato deve andare di pari passo con un processo che porti a ridare dignità a uomini sfruttati e vessati, ma che punti anche ad affrontare l’emergenza economica e sociale del comparto agricolo. C’è anche un’agricoltura sana, che non vuole morire. Che vuole continuare ad avere ricavi utili per pagare, con dignità e onestà, i salari dei lavoratori.

 

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