Il fiume Mekong sta morendo

Il Grande dragone a nove teste, come viene anche chiamato da queste parti, sta perdendo la sua forza e il suo colore, a causa di grandi dighe, interessi e corruzione. Le conseguenze per decine di milioni di persone.

Forse per i mari dei Caraibi potrebbe essere una bella notizia: acqua colore blu, sinonimo di purezza e di vita. Per il Mekong è esattamente l’opposto. La inusuale acqua blu indica mancanza di nutrimento per la copiosa (una volta) fauna del fiume che nutriva milioni di persone. I gustosi serpenti, i famosi pesci elefante, ma soprattutto i pesci gatto, che hanno sfamato generazioni di laotiani, thailandesi, cambogiani e vietnamiti, stanno diventando sempre più rari. È quanto affermano i pescatori, per esempio quelli che operano nel lago di Tonlé Sap, in Cambogia.

Oggi queste specie animali stanno diminuendo e la fauna del fiume sta morendo. Tonlé Sap è il più grande lago di acqua naturale nel sudest asiatico ed è stato designato come riserva della biosfera dall’Unesco nel 1997: una riserva per migliaia di specie di pesci. «Non soltanto il livello dell’acqua in tutto il bacino del Mekong è calato a livelli storici dalla creazione nel 1995 della Commissione per il fiume Mekong (Mrc) – dice Mark Goichot, consulente Wwf riguardo al fiume Mekong in un’intervista al giornale The Guardian –, ma l’acqua è stranamente blu, per la mancanza dei sedimenti in sospensione». Tali sedimenti sono il nutrimento naturale per la fauna del fiume. «Questo significa che l’ecosistema del fiume è stato alterato e che questo avrà un grave impatto sulle specie acquatiche che perderanno il loro nutrimento naturale, sulle sponde del fiume, sui campi di riso irrigati con quest’acqua, sulle mangrovie».

Il nostro giornale si occupò di questo problema con un articolo del 2015, mettendo in guardia sugli effetti delle grandi dighe che si stavano costruendo. L’idea di sfruttare il Grande Mekong a scopi civili ed energetici viene dai tempi della guerra fredda, quando le tre superpotenze (Russia Cina e Stati Uniti) guardavano al fiume come a una fonte di potenziale sviluppo. Con la formazione del comitato Mrc sembra che la situazione sia precipitata: interessi commerciali, corruzione soprattutto, a scapito di uno sviluppo sostenibile e del rispetto della natura, hanno iniziato una corsa ad accaparrarsi l’acqua di questo gigantesco fiume, che nutre circa 60 milioni di persone, con conseguenze disastrose: e siamo solo all’inizio, purtroppo. Nel 1995 si prevedeva che uno sfruttamento del fiume potesse dare un «guadagno per Cambogia, Vietnam, Laos e Thailandia di circa 30 miliardi di dollari; ora, anni dopo, si comincia a capire che quelle proiezioni erano inesatte (e con tutta probabilità appositamente contraffatte da chi aveva interessi nel costruire le dighe e fornire gli impianti energetici) e il costo dell’impatto ambientale di dighe costruite in modo miope a soli scopi commerciali sta già avendo effetti disastrosi sulla vita della gente comune.

Mentre i burocrati e gli uomini d’affari se ne stanno negli uffici al fresco “con la pancia piena”, la gente che ha vissuto di pesca, di agricoltura e di piccolo commercio, inizia ad avere fame, una fame che non si esaurirà ma è destinata a diventare un vero problema di proporzioni bibliche. La Cina al momento ha 8 mega dighe che imbrigliano il Mekong nella sua “parte alta”, ed altri Paesi, come Laos, Cambogia (e Thailandia) hanno pianificato un totale di altre 140 dighe, sia per il Mekong che per gli affluenti. Sembra un bollettino di “guerra dell’acqua”!

Tra l’altro, con l’abbassamento del livello del fiume, l’acqua salata, dal mare, tende a risalire il letto del fiume, contaminando le sorgenti d’acqua dolce, come sta avvenendo al delta del Mekong, in Vietnam, aumentando i disagi della gente. Le dighe hanno bloccato gli spostamenti di circa 160 tipi di pesci diversi che non riescono più a migrare verso il Laos, per esempio, per deporre le uova: i piccoli pesci poi non riescono a nuotare verso la foce del Delta. E questo vorrà dire, per molte specie, una sicura estinzione. Negli ultimi dieci anni, i giganteschi pesci gatto sono diminuiti del 90% in quantità. La Cambogia, uno dei più grandi produttori di pesce d’acqua fresca, è sempre stata dipendente dal Mekong per la sua “sicurezza nutrizionale” e questo è messo, oggi, in forte dubbio: come si risolverà la questione? Sembra che anche il comitato Mrc sia preda di intrighi di palazzo, corruzione rampante e, soprattutto, di interessi di grandi multinazionali dell’energia e delle costruzioni, più che da interessi nazionali e a favore “della gente che non conta”, ma che vive di pesca e di agricoltura.

Entro il 2040, causa il massiccio investimento in energia che imbriglierà il Mekong, questo si vedrà privato quasi completamente della migrazione dei pesci in larga parte del suo bacino naturale, con effetti apocalittici sulla vita di decine di milioni di persone. Non si può non unirsi al coro di coloro che invocano una presa di posizione da parte della comunità internazionale a favore di questo fiume, il che vuole dire prendere posizione a favore dei milioni di persone che si troveranno in grave necessità di aiuto per mancanza di una fonte gratuita di sostentamento. Qualcuno salvi Fratello Mekong.

 

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