Finalmente Robben

Dopo le delusioni degli ultimi anni, il campione olandese trascina il Bayern Monaco alla conquista della Champions League nel derby tedesco contro il Borussia Dortmund
Arjen Robben

Lo scatto fulmineo verso il pallone vagante in area, l’anticipo e il dribbling sul difensore avversario, il portiere in uscita che non può nulla sul morbido tocco di sinistro, con la palla che lentamente rotola in rete, mentre il tabellone luminoso di Wembley segna l’89° minuto di gioco. Tifosi in festa da una parte, delusi e con le mani tra i capelli dall’altra, in un bel sabato sera londinese di fine maggio. È racchiusa in questi pochi attimi, pieni di emozioni contrastanti, la catarsi sportiva di un atleta che da tempo sognava un epilogo così. Esattamente 371 giorni prima quell’atleta, Arjen Robben, e la sua squadra, il Bayern Monaco, vivevano il loro dramma calcistico nello stadio di casa, l’Allianz Arena, perdendo ai rigori da strafavoriti una finale di Champions contro il Chelsea probabilmente più debole degli ultimi anni. Uno smacco difficile da dimenticare per il club, ma soprattutto per il talento olandese che allora, nel corso del primo tempo supplementare, aveva fallito dal dischetto il tiro del possibile trionfo.

Come se non bastasse l’amarezza per la sconfitta della squadra e l’errore personale, Arjen aveva dovuto subire i fischi di una buona parte dei suoi tifosi e le critiche sferzanti di un monumento del club come Franz Beckenbauer, che sulla gara del numero 10 si era espresso senza giri di parole: «Il solito Robben che ci fa perdere le partite più importanti». Una battuta al vetriolo, che pur nella sua ineleganza riassumeva bene l’opinione di molti addetti ai lavori che vedevano in Robben un fuoriclasse eternamente incompiuto, incapace di incidere nei momenti decisivi. Del resto, appena qualche settimana prima, in campionato, aveva sbagliato un altro rigore nello scontro diretto che di fatto aveva dato il via libera al secondo Meisterschale consecutivo del Borussia Dortmund. Ed era peraltro ancora vivo il ricordo della finale dei Mondiali del 2010 persa dalla sua Olanda contro la Spagna, con l’attaccante orange che per due volte si era fatto ipnotizzare da Casillas, gettando al vento la possibilità di conquistare un titolo storico per il Paese dei tulipani.

In breve, calcare il terreno di Wembley dopo tante delusioni all’atto conclusivo non sarà stato semplice per Robben. E immaginiamo che nella mente del calciatore si siano materializzati i fantasmi del (recente) passato quando nel primo tempo ha sprecato un paio di ottime occasioni in area di rigore, facendo crescere l’ansia e il disappunto del proprio pubblico. Anche stavolta, come nella finale dell’anno prima, il Bayern partiva da favorito, sebbene il derby tedesco col Borussia forgiato da Jurgen Klopp apparisse sulla carta più ostico della sfida al Chelsea di Di Matteo. Di certo, non è stata una partita facile per la squadra allenata da Jupp Heynckes, che da un lato aveva sì i favori del pronostico, ma dall’altro si trovava di fronte a un tabù lungo 12 anni: la vittoria in campo internazionale. Una vittoria che nessuno nell’attuale rosa zeppa di campioni del Bayern, da Schweinsteiger a Lahm, da Muller a Ribery, poteva vantare nel suo palmares prima della finale di Wembley, la terza in quattro stagioni (la prima sconfitta arrivò nel 2010 contro l’Inter del Triplete), al punto da meritarsi la poco invidiabile etichetta di “perdenti di successo”.

Nello stadio londinese, Muller e compagni hanno finalmente spezzato l’incantesimo, avendo la meglio su degli avversari mai domi, che si sono arresi solo di fronte alla splendida combinazione all’89° tra Ribery e Robben, capace di avventarsi su una palla con una velocità e una classe che dimostrano tutta la voglia di riscatto accumulata in mesi e mesi d’attesa, come testimoniano le stesse parole dell’olandese al termine della gara. «Mi sembra incredibile, prima della finale mi avevano detto che sarei stato io a segnare il gol decisivo, però ora stento a crederci: è stata una liberazione». Liberatoria è stata anche, a gara conclusa, l’ideale riconciliazione tra i tifosi bavaresi e Arjen, con il giocatore sorridente che per diversi secondi è rimasto quasi in contemplazione davanti al proprio pubblico, verso cui ha alla fine allargato le braccia, dando vita a quella che probabilmente verrà ricordata come l’immagine più bella di questa finale di Champions.

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