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Filippo Rocco, il suono gentile del Vesuvio

di Gabriella Marino

- Fonte: Città Nuova

Dalla periferia di Napoli ai palchi italiani, il sassofonista e docente Filippo Rocco trasforma la musica in un linguaggio di gentilezza. Una vita tra jazz, insegnamento e ritorni, con il respiro caldo del Vesuvio in ogni nota

Oggi vi racconto di un professore jazz napoletano che ho conosciuto più di un decennio fa. Era un ragazzo — lo è tuttora — ma di quelli che a diciott’anni non sono più “guaglioni”. Me lo segnalò un suo collega pianista di conservatorio con quella frase che ti resta in testa: «Devi sentirlo… ha un suono bellissimo». Eh già, parliamo di sassofono, mica di “trombettelle”.

Filippo Rocco che suona il sax in uno dei suoi concerti. Credit: Azienda Creativa Artéteca.

Filippo Rocco viene da Ponticelli, quartiere orientale di Napoli non proprio famoso per le buone notizie. Ma lui, invece, è una buona notizia: un musicista che ha costruito la sua strada nota dopo nota, inseguendo la bellezza con la naturalezza di chi non si arrende alla fatica, ma la trasforma in ritmo. Nel suo modo di suonare c’è il respiro del Vesuvio: un calore costante, mai esplosivo, ma che senti sotto pelle. Quando prende in mano il sax, racconta. E mentre lo ascolti, ti ritrovi a partire con lui in un viaggio che non è mai solo musicale: è un viaggio dentro di te, nelle emozioni dimenticate, nelle malinconie che non fanno male, nei sorrisi improvvisi, nei pensieri pensierosi.

Ha iniziato giovanissimo, a 7 anni, con il clarinetto, poi il passaggio al sax, al Conservatorio San Pietro a Majella, e via via la formazione classica, il jazz, l’insegnamento, i viaggi, le collaborazioni. Una vita in musica, senza mai perdere l’ironia. Perché Filippo ha quella calma allegra dei napoletani autentici: quelli che ti raccontano un mezzo dramma e tu ridi lo stesso, perché lo fanno con la grazia di chi ha imparato a convivere con la fatica, senza mai lamentarsi. Lo chiamano “professore”, e in effetti lo è, con tanto di lauree, diplomi e conservatori alle spalle. Ma nel suo modo di essere non c’è mai distanza. È uno di quei maestri che parlano di musica con semplicità e calore, che ti fanno venire voglia di imparare non per dovere, ma per curiosità. E non è affatto scontato, sapete? Non tutti i bravi musicisti sono anche bravi maestri.

Tra una lezione e un concerto, porta in giro il suo sax con la stessa eleganza con cui altri portano un libro o un pensiero gentile. E quando suona, il pubblico capisce subito che non è solo tecnica: è anima che respira in forma di suono. Nel tempo ha collaborato con teatri, orchestre ed ensemble, ha calcato palchi grandi e piccoli, e oggi fa parte anche dell’orchestra Radio Italia Live, con la quale si esibisce in città come Napoli, Milano e Palermo. Ma chi lo conosce sa che non è la ribalta a interessarlo: è la condivisione. Filippo suona per creare legami, per unire più che per impressionare. È uno di quei musicisti che portano pace nel caos sonoro del mondo.

C’è qualcosa di profondamente educativo nella sua musica, ma non nel senso scolastico. Ogni sua nota sembra insegnare senza spiegare, come fanno le cose sincere e antiche. Lo vedi sorridere quando un allievo trova la propria voce nel suono: in quel momento capisci che la sua missione è compiuta. Dopo aver formato generazioni di giovani musicisti su quel ramo del lago di Comoa Lecco, a Milano e un po’ ovunque lo abbia portato la musica — ha scelto di tornare al Sud. Una scelta non comune, ma profondamente coerente. Inutile sottolineare la sensazione di “abbandono” degli alunni che continuano a cercarlo… ma i maestri, nel loro percorso, vagano irrequieti. Da settembre insegna al liceo musicale di Cava de’ Tirreni, dove continua a trasmettere la sua competenza ed esperienza.

Filippo Rocco è un uomo che ascolta, e per questo fa musica. Il suo sax ha la delicatezza di chi sa dire tanto senza urlare, e la forza di chi viene da una terra che sa di mare e di vulcano attivo. Napoli lo ha cresciuto, la musica lo ha adottato, e lui ha restituito a entrambe una cosa preziosa: la gentilezza del suono. Un suono meraviglioso e toccante. Eh sì, lo dovete ascoltare…

Nel suo respiro — suono gentile del Vesuvio — ci sono la passione, la pazienza e quella meravigliosa, ostinata voglia di suonare la bellezza.

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