Filippine, il vulcano Taal semina panico

In poche ore la vita di centinaia di migliaia di persone è radicalmente cambiata: e forse per sempre. L’eruzione del vulcano più piccolo al mondo  
AP Photo/Gerrard Carreon

Molte volte l’ho osservato dalle colline della bella cittadina di Tagaytay, a una decina di chilometri appena in linea d’aria, il bel vulcano Taal, meta turistica per migliaia di persone, ogni anno.

AP Photo/Aaron Favila
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Tagaytay è diventata famosa proprio per la splendida vista sul lago, dall’alto della sua posizione sul ciglio di un altro cratere, più antico e più vasto. Sinceramente, mi ha sempre destato una sottile inquietudine questo piccolo cratere, in mezzo a un grande lago, anch’esso di origine vulcanica, ma mai avrei pensato che esplodesse in modo così violento e in così breve tempo, senza dare alcun preavviso: è accaduto domenica 12 gennaio. Pietre, cenere, zolfo e quant’altro sono state gettate in aria fino a 15 chilometri di altezza.

Sul bordo del  grande cratere di Tagaytay è situata una “cittadella” storica dei Focolari. Mentre scrivo ho sentito i miei amici che domenica erano rimasti letteralmente intrappolati sulle strade dalla pioggia di fango che aveva invaso le zone circostanti il vulcano.

Le ceneri avevano viaggiato per chilometri, fino a raggiungere anche la capitale, Manila, a ben 70 chilometri dal luogo. Il fango, che per intenderci è composto da un misto di terra, pietre minerali, e altri elementi minerali che componevano il “tappo” del piccolo (in altezza) vulcano, è estremamente pericoloso se inalato. Questo composto chimico, unito alla pioggia di questi giorni, forma una pesante poltiglia, che quando diventa secca, si trasforma in una sorta di pesante cemento, che ha già iniziato a distruggere i tetti di alcune abitazioni, facendoli crollare, oltre a uccidere fauna e flora che ricopre.

L’aeroporto di Manila è stato chiuso per due giorni, con la cancellazione di più di 500 voli. L’allerta per una nuova, imminente, potente e devastante eruzione del Taal è al quarto grado 4 (su 5): si teme un evento del genere nei prossimi giorni o settime al massimo, e con esso anche uno tsunami delle acque del lago dove il vulcano è situato.

AP Photo/Aaron Favila
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L’ordine di evacuazione è stato lanciato e i militari sono intervenuti per aiutare la gente; si pensa circa 300 mila persone saranno colpite dagli effetti del vulcano e dovranno, se la situazione continua ad essere pericolosa.  lasciare le loro case e trovare rifugio nella capitale o nelle altre provincie. A oggi gli evacuati sono 30 mila. La diocesi di Manila ha già aperto le sue porte, e domenica scorsa migliaia di persone hanno trovato rifugio nei locali messi a disposizione.

Al telefono gli amici dei Focolari mi dicevano che la gente inizia a prestarsi aiuto reciproco, ad accogliere che è nel bisogno, spesso con atti di piccolo eroismo. Le Filippine, che a Natale avevano già patito gli effetti di un devastante tifone, soprannominato Phanfone, con 16 morti e distruzioni per milioni di dollari, ora devono affrontare un’altra emergenza che si preannuncia di proporzioni bibliche. Si spera che le previsioni devastanti non si avverino.

I filippini sono abituati ai cataclismi e al prestarsi soccorso: tutta la nazione, come alcuni dicono, è un «unico vulcano» ed «un bel giorno – come scherza la gente – salteremo tutti in aria: perciò conviene aiutarci già da ora, l’uno con l’altro». Ricordiamo che nel 1911 il vulcano fece più di 1.300 morti, mentre l’ultima eruzione, più limitata anche se grave, è avvenuta nel 1977. La gente, intanto prega e chiede un nuovo miracolo: che il vulcano Taal ritorni a dormire.

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