Festival di Sanremo, no allo spregio della donna

Sono tanti gli appelli che si sono levati per impedire l’esibizione di Junior Cally, il rapper che inneggia alla violenza e alla misoginia. Una lettera

È indirizzata alla Presidenza dell’Ordine dei giornalisti del Lazio, perché prenda una posizione ufficiale e netta con i vertici della Rai, ma è trapelata anche fuori dalla storica sede di piazza della Torretta a Roma: la lettera del consigliere dell’Ordine Maurizio Lozzi con cui chiede senza mezzi termini che l’emittente di Stato blocchi l’esibizione di Junior Cally al prossimo Festival di Sanremo. Il giovano rapper romano, che da dietro la sua maschera antigas si dice rispettoso delle donne, nella sua performance “Strega” parla della donna, spiega Lozzi, «in modo vergognoso».  

Junior CallyGiornalista, sociologo, premio “Communication Award” per la comunicazione strategica nei media e negli uffici stampa, ha deciso di fare seguito ad altre lettere di protesta per la presenza, in un programma della televisione pubblica, dell’autore di un testo (irripetibile) pieno di volgarità, violenza e misoginia, che si conclude in maniera inquietante: “L’ho ammazzata, le ho strappato la borsa”.

«Fermo restando che ognuno è libero di esprimersi come desidera, tant’è che non intendo esortare forme di censura, ma sostenere invece modelli di cultura e di comportamento orientati a contenuti e valori positivi – si legge nella lettera del consigliere Lozzi –, ciò che mi preme è chiedere a voi tutti se, alla lettura di questi versi, sia davvero possibile consentire a questo individuo di esibirsi a Sanremo. (…) Come giornalista, ritengo che l’ammissione alla kermesse sanremese di questo trapper che inneggia alla violenza sulle donne sia un fatto inaccettabile».

«Il servizio pubblico affidato alla RAI – spiega Lozzi – non può permettersi di tradire la sua storica funzione educativa, veicolando e normalizzando fatti gravissimi che minano non solo la dignità delle donne, ma di tutta la nostra comunità, azzerando poi, per logiche devianti di esibizionismo, tutte quelle lotte per l’emancipazione che le donne del nostro paese hanno dovuto sostenere negli anni passati. (…) Canzoni che ingiuriano la donna, spingono alla sopraffazione, invitano a trattarla come un oggetto da stuprare, tanto più in questo triste momento storico in cui i femminicidi sono all’ordine del giorno, devono essere bandite dai media».

La dignità delle donne, insomma, non vale meno del profitto. Ne è convinto Lozzi: «Io non ci sto! Di questa svilente fotografia del mondo femminile penso che Sanremo possa farne a meno». Mentre si attende il verdetto della RAI, interpellata da più parti a prendere una posizione in merito, la lettera di Maurizio Lozzi si aggiunge alle tante voci autorevoli che ribadiscono, perché non è mai troppo, che una società che voglia dirsi civile deve basarsi sul rispetto, in primo luogo delle donne.

 

 

 

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