Felicità

Mi spieghi il concetto di “diversamente felice” a cui fai riferimento? Giuliana - Catania

Le persone autoproclamatesi normali ritengono che il loro modo di essere sia quello giusto. Così, quando incontrano una persona portatrice di una profonda diversità umana, la chiamano “diversamente abile”; ma in realtà, nel profondo di sé, la considerano limitatamente abile. L’autoproclamato medio considera il proprio modo di essere persona come l’unico giusto ed aperto a percorsi di realizzazione, senza accorgersi che la maggior parte degli autoproclamati è più triste o annoiata di noi persone sbagliate.

Ne consegue la costante tensione a cercare di ricondurre tutti gli anormali all’interno del triste perimetro della normalità, quale unica strada per renderli felici. Vorrei chiarire che sono felice di essere autistico e non ho alcuna intenzione di diventare normale come voi. Molte delle cose che non riesco a fare considero una fortuna il non farle, mentre altre mi piacerebbe impararle, come ad esempio parlare, ma senza diventare un logorroico privo di contenuti profondi.

Come accostarsi a una persona diversamente abile? Scendendo dal piedistallo della normalità, e pensando che la mia diversità è un diverso punto di partenza da cui posso ricercare percorsi alternativi verso una diversa realizzazione. Questa ricerca mi piacerebbe farla insieme e prometto di non commiserarvi se nella vita avete avuto la tragica sfortuna di non nascere autistici. Prometto che eviterò di sentirmi al centro del mondo e, se anche voi farete lo stesso, potremmo incontrarci a metà strada, anche se ciò ci espone al rischio di scoprirci fratelli oltre le diversità.

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