Fatine in minigonna

Bambini
Capelli fluenti e minigonne mozzafiato, vitini da vespe e perizoma che spunta dai jeans, gambe slanciate e tacchi alti, sguardi da cerbiatte e ombelico bene in vista. Al mattino vanno a lezione all’Alfea College, bardate come provocanti lolite da discoteca, attrezzate magari per un allegro happy hour (aperitivo) o un movimentato rave party (festa da sballo), non certo per una faticosa giornata dietro i banchi di scuola, davanti a quella nera lavagna così poco glamour (alla moda). Per carità, non siamo così antiquati. Non è che debbano mettere per forza una divisa, il grembiule con il fiocco rosa ad esempio. Un abito d’altri tempi che su di loro (esplosive fatine sexy, figlie super griffate della società dell’immagine) avrebbe l’impatto quasi comico di un burqa. Chissà però cosa penseremmo di loro e che reazioni avremmo se un giorno, magari per una delle loro tante magie, ce le trovassimo di fronte in carne e ossa, nella vita reale, la nostra. Se una mattina insomma le incontrassimo in gruppo in metropolitana o al mercatino sotto casa, per strada oppure alla fermata dell’autobus, all’oratorio o al cinema. Qualche gallo cedrone si dedicherebbe certamente a insidiarle, richiamandone l’attenzione con fischi da trivio. Qualcun altro penserebbe magari che si dedichino ad attività ben poco eleganti, di quelle che non si addicono a signorine di buona famiglia quali in realtà sono. Tutti forse si chiederebbero chi sia stato quel genitore tanto distratto, o a tal punto negligente, da averle fatte uscire di casa conciate così. Abbigliate come regine della notte, ballerine da lap dance (balli sfrenati), perfette per danzare stacchetti come le invidiate veline di Striscia la notizia in tv. Eppure che ci piaccia o no, occorre tenerle d’occhio. Quelle ragazzine fashion (di fascino) con i poteri magici, sono infatti il mito assoluto di tante nostre figlie, il modello da seguire, l’esempio da imitare, il prototipo sul quale le bambine costruiscono la loro identità, ricalcano la loro personalità in formazione. Non è permesso alzare le spalle e cambiare canale. Tanto prima o poi le vedrete affacciarsi in un’edicola o in una profumeria, in una videoteca o in un negozio di giocattoli, in un supermercato o in libreria, allegre e solari testimonial (pubblicitarie) dei gadget più vari. Conviene allora fermarsi un attimo e scambiare due parole con queste sei ragazzine piuttosto spregiudicate per capire chi sono e cosa vogliono. Innanzitutto non fate caso ai nomi. Si chiamano Bloom e Stella, Flora e Musa, Tecna e Aisha. Ma, a dispetto dei nomi esterofili, nascono nella provincia italiana. Sono le ragazze del Winx Club, il più grande successo dell’animazione nostrana, un cartone attorno al quale balla un vorticoso giro d’affari da un miliardo e mezzo di euro, un enorme affare che ha messo in difficoltà anche un colosso come la Disney costretto ad inventarsi un clone (le Witch) per stare al passo delle fatine tricolori. Sono loro stesse a raccontarsi. Hanno tutte tra i sedici e i diciassette anni, sono delle maghette impegnate contro le forze del male, devono vedersela spesso con le Trix, le streghe cattive, sorgenti di energia negativa, ragazze come loro che cercano sempre di minare l’armonia costruita dalle Winx, di sporcarne l’immagine candida, di bombardare la pace e l’amicizia che lega le sei rivali buone. La leader è Bloom, altruista e indipendente, a volte impaziente e ostinata, insicura forse anche perché adottata da piccola. Stella è quella che a scuola non brilla, segue la moda, è vivace, ottimista, spendacciona, la pin-up (stella) del club. Flora è invece l’anima ecologista del gruppo, la secchiona, quella saggia e riflessiva, mentre Tecna è l’appassionata dell’hi-tech (alta tecnologia), ovviamente razionale, pignola, a volte perfezionista. A completare la squadra Musa, l’amante della musica con il look (aspetto) mascolino, scontrosa e indecisa, ma molto intelligente e infine l’ultima arrivata, Aisha, amante della danza e dello sport, determinata nei suoi obiettivi, la più spigolosa fra le sei. Già da questa sommaria descrizione si capisce cosa renda tanto popolari le Harry Potter in minigonna. È quello che sottolinea la sigla del cartoon (fumetto): Se tu lo vuoi, tu lo sarai, una di noi. Sono di razza e colore diverso, pronte per un mercato globalizzato, ciascuna di esse assomma una serie di qualità e caratteristiche, nelle quali ogni bambina, nessuna esclusa, troverà qualcosa di sè. Tutte individuano la propria preferita, quella che più si avvicina al proprio modo di essere, al punto da interpretarla poi nel gioco di ruolo con le amichette, nel quale ognuna è una Winx diversa. Un processo di proiezione e individuazione del sé, che nelle bambine è molto positivo. Il fatto è che l’adesione delle fatine a precisi stereotipi comportamentali e stili di vita non è ovviamente casuale. Tutt’altro. È frutto di meticolosi focus group (gruppi di riflessione) ovvero di uno stu- dio di marketing lungo e laborioso per scoprire quel che le bambine vogliono e chiedono. Le Winx sono nate così in laboratorio, cucite perfettamente sulle esigenze del proprio pubblico di riferimento, sui bisogni profondi del piccolo consumatore in formazione. Anche il look non è farina del sacco del disegnatore, ma frutto della consulenza di stilisti di primo piano (Prada, Dolce e Gabbana) che hanno messo a punto il guardaroba, i gioielli e gli accessori delle Winx come fossero modelle da sfilata (e che dopo esser stati presentati nel cartoon puntualmente vengono messi in vendita). Nulla è lasciato al caso, trucco e acconciature comprese. E anche i loro visi riproducono le fattezze di alcune icone dell’immaginario popolare: Bloom assomiglia a Britney Spears, Flora a Jennifer Lopez quanto Cameron Diaz si specchia in Stella e Aisha copia Beyoncé. Accadeva in realtà anche con la Barbie, la bambola modellata sull’avvenenza di Marilyn Monroe. Ma certo, in tempi in cui si parla di emergenza anoressia, proporre delle top model (modelle d’alta moda) filiformi come esempio, qualche problema lo pone. Legittima l’esigenza di vendere – nota con arguzia Concita De Gregorio su La Repubblica -, ma non si potrebbe, per esempio, coniugarla con un’esigenza di salute, di buona educazione alimentare, di varietà? Se le Winx oltrechè passare il tempo a vestirsi e truccarsi, all’ora di pranzo si nutrissero (mangeranno, no?) di verdure, sbucciassero una mela, spiegassero che lo yogurt fa diventare più belle e più forti, i bambini – è sicuro, è proprio matematico – le imiterebbero. Braccio di ferro mangiava spinaci, no? Bloom non potrebbe mangiare pomodori?. A parte la loro passione per lo shopping (spesa) – palese invito al consumo facile – non è che le Winx siano in generale un modello negativo. Rispetto ai cartoon giapponesi il passo avanti è notevole. Sono piccole donne che sognano d’essere principesse, legate da una forte solidarietà femminile, solari e romantiche, fragili e determinate, dotate di straordinari poteri magici che mettono al servizio del bene. Sono ottimiste e non mollano, si godono la vita, sprigionano energia positiva, si aiutano a vicenda e ognuna è indispensabile alle altre. Studiano, si impegnano e portano rispetto per le insegnanti mentre si innamorano di bellimbusti che sembrano usciti da un film di Hollywood. Pochi sanno che le teen-fate (fate adolescenti) risultano iscritte all’anagrafe di Loreto e che dietro il loro successo, a parte il genio dell’ormai miliardario Igino Straffi, c’è l’intraprendenza di un sacerdote marchigiano, don Lamberto Pigini, fondatore della Rainbow spa, la società che le ha inventate e lanciate. Quando l’Espresso gli chiese se non fossero troppo sexy per avere l’approvazione di un prete, lui rispose che le Winx erano in realtà il modo per veicolare valori come la solidarietà e l’amicizia. E poi – aggiungeva -, conoscete un altro modo per comunicare questi valori ai giovani d’oggi?. Può essere. Anche perché la cosa più discutibile delle Winx è in definitiva un’altra. Nate per parlare alle teenager (adolescenti) loro coetanee, sono in realtà amate solo dalle sorelle minori, da bambine piccole e piccolissime, che si ritrovano precocemente a confrontarsi con problematiche più grandi di loro, di fatto portate a scavalcare l’infanzia e pensare già da adolescenti con i primi problemi di cuore e l’ossessione per la moda. Al tempo in cui si mette la merenda nel cestino o si impara la tabellina del due, il vero pubblico (4-12 anni) delle Winx si confronta già con la biancheria intima da grandi o i piccoli consigli su come sedurre un ragazzo. Un corto circuito nella crescita, uno scherzo malefico a cui forse neanche le Trix avevano ancora pensato. DOPO CENERENTOLA Per il filosofo Galimberti, la società tecnologica dei nostri ragazzi non è né brutta né bella, è rapida, mentre i genitori sono pre-tecnologici. Così è per le Winx, adolescenti allegre, dotate di poteri magici, amabili, fragili, ma anche determinate e decise… che faticano ad essere spiegate dal mondo degli adulti. Come per tanti fenomeni moderni, c’è chi azzarda critiche feroci per i contenuti futili e noiosi, chi le esalta come vere e proprie symbol (simboli) delle ragazzine di oggi. Effettivamente Cenerentola arrivava a sposare il principe azzurro per una magia legata al merito di essere una ragazza volenterosa, sincera, onesta e dedita al lavoro, mentre le Winx sono dotate di poteri magici naturali in grado di convivere con le loro fragilità e i loro valori spesso banali. Occorre però sempre considerare che, se un cartone ha così successo, significa che manifesta qualcosa in grado di attirare le nostre adolescenti, soddisfacendo bisogni che gli adulti non riescono a vedere. Queste ragazze magre, carine, a volte mature, a volte puerili ed infantili, sono lo specchio di molte nostre ragazzine e rappresentano, nel bene e nel male, molti dei loro pregi e difetti. E con la magia avviene la trasformazione che tutti gli adolescenti cercano. Peccato che ci sia di mezzo una magia che premia non tanto il sacrificio o l’onestà, quanto l’apparire e il fare bella figura. E allora? Occorre che gli educatori non rinuncino mai a far comprendere il senso della vita, la fatica del crescere, smitizzando ciò che nel cartone è solo illusione e futilità. Ezio Aceti LA PAROLA AI LETTORI Le vostre bambine somigliano alle Winx? Scrivete a: segr.rivista@cittanuova.it con oggetto Winx. p.s. I lettori ci scusino per le tante parentesi che traducono i termini in inglese. Ciò però ci ricorda che il linguaggio dei nostri figli o nipoti è farcito di anglicismi, espressione di una globalizzazione discutibile, ma reale!

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