Fantabosco

Addio tv dei ragazzi! E dove li mandiamo i nostri figli? Nell'epoca dell'emergenza educativa si va nella direzione di uno svuotamento educativo del servizio pubblico.
Fantabosco

La “Città laggiù” ha deciso di sfrattare il “Fantabosco”, di mandarlo nel mondo di “Chissàddove”, sul digitale terrestre. E non si tratta di un maleficio della strega Varana, di un raggiro di Vermio, di una trappola maldestra di Lupo Lucio. No. È una decisione della Rai, che rimasta l’unica ad assicurare una programmazione di alto livello solo per i ragazzi, ha pensato bene di farla sparire dalla tv generalista e darla invece in pasto ai decoder. Quelli che solo in una parte d’Italia sono indispensabili per guardare la tv. Tradotto, potrebbe voler dire lo smantellamento di programmi come La melevisione, Trebisonda, il Gt ragazzi.

 

Accade perché il servizio pubblico, anche su questo, sembra voler inseguire la concorrenza con la sua filosofia del “massimo risultato, minimo sforzo”. È più facile mettere in onda cartoni animati che costano meno, fanno share e meglio si prestano a fare da sandwich per abbondanti farciture di spot ipercalorici di merendine e snack.

Investire cervelli, professionalità, tempo, risorse, centri di produzione per loro, solo per loro, per i nostri figli, è sembrato alla Rai un inutile spreco, quando l’Auditel inesorabilmente, da anni, sentenzia che quei programmi non fanno più ascolti, anche per la concorrenza delle reti tematiche sul satellite.

Ora, è anche vero che si potrebbero ridurre i cachet di qualche famoso spedito sull’isola, o di qualche conduttore sopravvalutato. A parte questo, significa forse che i bambini non sono un target, che le loro scelte non interessano più i signori della televisione? Tutto il contrario. Ed è questo il grande paradosso di tutta la vicenda.

 

Mai come oggi chi decide i palinsesti deve fare i conti con i più piccoli. Il telecomando lo hanno in mano loro, e non c’è programma che sia capace di passare la prova ascolti, senza accattivarsi la simpatia del minispettore. È per questo che si moltiplicano i programmi di prima serata in cui i piccoli danzano, cantano, recitano scimmiottando i più grandi. E anche le trasmissioni per adulti li cercano, provano a catturarne l’attenzione Un esempio per tutti, Striscia la notizia, tra i più seguiti dai bambini, che soddisfa i grandi con le veline e la satira, e i piccoli con il Gabibbo, il cucciolo in studio, gli inviati vestiti come supereroi, le scenografie e la grafica in stile fumetto. Per i genitori poco male, i figli si bevono invece così, assieme alle atmosfere giocose, anche volgarità, parolacce, pesanti doppi sensi.

C’è un motivo. I programmi cercano i bambini, perché sempre più spesso, con i nonni al seguito, sono proprio loro a decidere cosa mettere nel carrello del supermercato. Occorre formarli al consumo, ma pare, meglio non fare programmi solo per loro, non conviene.

 

E così prossimamente il bimbo che non ha ancora il digitale, o che non può permettersi un abbonamento Sky, al pomeriggio, potrebbe finire tra le braccia di un’altra baby sitter catodica: Maria De Filippi. «Sono preoccupata di come l’educazione all’affettività sia comunicata ai nostri ragazzi attraverso le rappresentazioni del programma Uomini e donne», dice Maria Mussi Bollini, storica responsabile dei programmi per ragazzi di Raitre. Preoccupazione da condividere se lì dove una volta c’era Milo Cotogno, oggi domina il tronista da calendario.

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