Famiglie sotto pressione

Attaccata da tutte le parti, la famiglia resiste, anzi si associa e rilancia. Intervista a Francesco Belletti del Forum associazioni familiari.
Famiglia

Un trafiletto in una pagina interna dei quotidiani. Tutto qui. Un po’ poco per commentare la sentenza con cui i giudici di Cassazione ci hanno spiegato che finora non avevamo capito niente di cosa è la famiglia. Pensavamo fosse basata sulla decisione di due sposi che, davanti alla società, esprimono il loro amore e il loro impegno a dar vita ad una unione stabile nel tempo, per costruire quindi la cellula fondamentale della società. Invece per i giudici è semplicemente qualsiasi convivenza che a posteriori, dopo un congruo numero di anni, verificato che il rapporto funziona, lo comunica allo Stato per avere gli stessi diritti degli altri. Ma senza responsabilità.

Qualcuno ha applaudito, sostenendo che i giudici si sono limitati a prendere atto dei tempi ormai cambiati, adeguandosi alla direzione presa dalla società. Altri hanno ironizzato su questi pronunciamenti dei giudici, diventati ormai una specie di oracolo che sentenzia su tutto e il contrario di tutto, in modo imprevedibile, arbitrario e incontrollabile, con la sola giustificazione di “interpretare” in modo corretto la Costituzione e le leggi.

Per approfondire la questione e capire qualcosa di più, abbiamo sentito il parere di uno che di famiglia se ne intende: Francesco Belletti, presidente nazionale del Forum delle associazioni familiari.

 

Come se la passa la famiglia oggi in Italia?

«Rimane ancora uno dei luoghi della “vita buona” delle persone. Al di là dei segnali di allarme su tutti i fronti – povertà, fragilità di coppia, sovraccarico delle funzioni di cura – nel complesso la qualità di vita nel nostro Paese è ancora sulle spalle delle famiglie. Anche quelle che faticano ad andare avanti, per esempio dove c’è un solo genitore, sono comunque luoghi di cura e responsabilità nei confronti dei figli. La famiglia è ancora una risorsa insostituibile del nostro Paese».

 

Però ignorata, o quasi, dallo Stato. La spesa italiana è ridicola in confronto a quella degli altri Paesi europei.

«È effettivamente uno sfruttamento non responsabile. E tristemente bipartisan. Il nostro sistema-Paese ha sempre gestito le emergenze sociali e la coesione sociale sfruttando la risorsa famiglia. Ma le risorse vanno alimentate, mantenute in vita, gestite, supportate. Siamo riusciti a farlo con i beni culturali, cominciamo a farlo con la tutela del territorio, mentre viviamo di rendita su una risorsa, la famiglia, che è sempre più affaticata. In questi ultimi 20 o 30 anni, infatti, c’è stata un’accelerazione di problematiche sociali, economiche e culturali che hanno sfibrato le famiglie».

 

C’è anche una componente ideologico-culturale? Cosa pensa della recente sentenza della Cassazione?

«Una sentenza distruttiva, figlia di due gravi derive culturali: l’individualismo e la privatizzazione della famiglia. Oggi le persone vedono gli altri come vincoli alla propria autorealizzazione, mentre i legami sono elementi di libertà e sviluppo delle persone. L’esperienza della famiglia, infatti, è proprio questa: i legami sono una bella cosa, perché proteggono e custodiscono la tua identità, la tua dignità. La famiglia protegge anche dal potere; non a caso le dittature vedono la famiglia come un nemico. Bisogna riscoprire che la dimensione relazionale familiare è una dimensione costitutiva della persona. Nessuna società ha un altro luogo dove costruire l’identità della persona».

 

E la privatizzazione?

«Si dice che la famiglia è definita dalle libere scelte di vita delle persone, per cui c’è famiglia dove c’è relazione affettiva, cura reciproca ecc. Si perde l’idea di fondo della nostra Costituzione, all’articolo 29, idea diffusa in tutto il mondo, che esiste un legame socialmente rilevante e una responsabilità pubblica nel fare famiglia. Si fa famiglia con un patto tra la libertà di scelta delle persone e l’impegno sociale. Questo è il matrimonio. La società ha bisogno di un patto esplicito con la famiglia e la famiglia ha bisogno di un riconoscimento pubblico. Se uno non vuole passare attraverso questo impegno reciproco, può certamente vivere liberamente, ma si tratta appunto di una libera scelta di vita privata. Il mondo delle libere scelte private diventa vita familiare quando si assume questa responsabilità pubblica di rilevanza sociale».

 

In questa situazione, per alcuni terrificante per altri auspicabile, il Forum che fa?

«Prima di tutto chiede alla politica, all’economia e alla società condizioni sociali più a misura di famiglia. Vorremmo per esempio un mondo del lavoro che veda i carichi familiari come un valore, non un ostacolo. In molti Paesi europei c’è una condivisione delle imprese e del sistema pubblico rispetto all’idea che le persone hanno famiglia. Poi c’è la partita del fisco equo. Anche qui l’Italia è arretrata rispetto al resto dell’Europa dove si riconosce che una famiglia con tre figli è meno ricca di una composta di due sole persone, a parità di reddito. Per il nostro fisco, paradossalmente, rompere il legame di coppia è vantaggioso dal punto di vista fiscale. Questo è il primo obiettivo del Forum: costruire un discorso politico e una serie di prestazioni e strumenti che rendano più facile fare famiglia».

 

Con pochi risultati ancora…

«Sì, i risultati sono ancora marginali rispetto ai nostri obiettivi: abbiamo ottenuto qualche riconoscimento per le famiglie numerose, qualche miglioramento sulle politiche di conciliazione, qualche asilo nido in più e miglioramenti nelle politiche per l’infanzia; ma, per esempio, se pensiamo agli ammortizzatori sociali, il nostro sistema protegge le famiglie adulte e i lavoratori, ma pochissimo i giovani, chi deve mettere su famiglia e fare figli. Anche per questo abbiamo un basso tasso di natalità. Siamo agli inizi ma vogliamo essere battaglieri. E questa è la seconda qualità del lavoro del Forum: dare voce, speranza e consapevolezza alle famiglie e alle associazioni familiari. Vedi il Family day con un milione di persone in piazza».

 

Viene il desiderio di darvi una mano…

«Il nostro progetto è raccordare le associazioni familiari. Per cui chi è interessato può verificare se sul proprio territorio ci sono già famiglie che insieme fanno azioni sociali, politiche, servizi. Su www.forumfamiglie.org c’è la lista di queste associazioni. Abbiamo una struttura regionale e stiamo costruendo Forum locali in tutte le città e province. Vogliamo avvicinare le famiglie alla esperienza associativa locale, occupando piazze e giardini, i propri spazi di socialità, insieme ad altre famiglie. Se ottenessimo questa adesione delle singole famiglie, avremmo vinto la nostra battaglia».

a cura di Giulio Meazzini

 

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Una città a misura di famiglia

A Parma il sistema contributivo comincia ad essere finalmente a misura di famiglia. È stato introdotto, infatti, il quoziente familiare per rendere più equo il sistema di tariffazione e accesso ai servizi comunali: nidi, scuola infanzia, servizi socioassistenziali, invalidità di un componente della famiglia. Se per esempio ho tre figli, sia le tasse che il diritto di accesso agli asili nido ne tengono conto, e vengono calcolate in modo diverso rispetto a chi ne ha due o nessuno. In pratica l’Ise (Indicatore situazione economica) tiene conto del maggiore lavoro di cura di una famiglia, specie se numerosa, e dà una priorità maggiore nell’accesso ai servizi comunali di tutti i tipi.

È una valorizzazione del lavoro quotidiano che la famiglia svolge, per esempio nel campo educativo e nel lavoro di cura con i figli o con gli anziani, nel dialogo tra le generazioni, nella coesione sociale. Riconosce la famiglia cioè come soggetto sociale.

Finora a livello nazionale non si è riusciti a far adottare questo metodo di tassazione forse perché mancava un esempio iniziale, una buona pratica che facesse vedere che non è una spesa maggiore per il comune. Parma dimostra proprio questo: il comune non ci perde.

A Parma il progetto è iniziato con un protocollo d’intesa tra Forum delle associazioni familiari, Agenzia della famiglia del comune di Parma e università, proprio per valutare, dal punto di vista economico, sociale, politico e di tariffazione, se la cosa era fattibile. Parma, primo esempio in Italia, diventa un laboratorio e un riferimento anche per l’Europa: diverse città italiane ed europee, infatti, stanno osservando con interesse il suo modo di operare. Si crea infatti un benessere maggiore per tutti, col coinvolgimento anche delle realtà associative locali e delle famiglie, che diventano coscienti che loro stesse possono rinnovare il tessuto sociale.

C’è una forte volontà politica per cui gli amministratori comunali hanno costruito una apposita agenzia interassessorile, perché lavorare per la famiglia non si può relegare ad un solo assessorato. L’azione è trasversale. La famiglia è un valore per tutta la città. E questa è la buona pratica migliore, un buon inizio di politiche familiari ad hoc.

Ermes Rigon

(Presidente Forum associazioni

familiari Emilia Romagna)

 

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Città nuova per la famiglia

Per sostenere le famiglie nella loro vita quotidiana e sociale, la nostra rivista propone una collana di libretti indirizzati esplicitamente alle tematiche familiari. Dal rapporto di coppia, alla maternità e paternità, fino allo stile di vita sobrio e alle problematiche indotte dalle separazioni, dipendenze da droga ed eventi traumatici. Il tutto visto dalla prospettiva della “cultura dell’unità”. Non mancherà un riferimento diretto alla fondatrice dei Focolari, Chiara Lubich, vista attraverso gli occhi e la vita quotidiana di una famiglia che le è stata vicino fin dall’inizio.

I titoli proposti in abbonamento per il primo anno (2010) sono i seguenti: In due – cinque segreti per la vita di coppia; Padre papà – una figura decisiva; Madre mamma – insostituibile presenza; Crescer(ci) – adolescenti e genitori insieme; Per amicizia – gratuità, scommessa, gioia; Vi conosco – una vita con Chiara Lubich; Con stile – sobrietà e non solo; Hanno ucciso mio figlio – tra disperazione e speranza; In crisi – coppie alla fine del tunnel; Dipendenze – alcool gioco sesso droghe.

 

 

La parola ai lettori

 

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