Facciamo vedere il mondo unito

Dodicimila giovani di tutto il mondo, radunati a Roma per il  Genfest del 1995, intervistano la fondatrice del Movimento dei Focolari…

Benvenuta! Siamo qui soltanto in dodicimila, un piccolo numero rispetto a tutti quelli che avrebbero desiderato essere qui con noi. Ma siamo in rappresentanza di più di cento Paesi e grazie alle televisioni siamo collegati via satellite con centinaia di migliaia di giovani.
Chiara, noi ti abbiamo mandato cinquecento domande da tutto il mondo, e tu ne hai scelte dodici che meglio esprimono i temi più richiesti dai giovani dei vari Paesi.
 
Unità, segno dei tempi
Ivan (Croazia): “Tu sempre trasmetti il positivo,  l’ottimismo nonostante tutte le guerre.  Che cosa ti dà la certezza che il mondo unito non è un’utopia?”
 
Ecco, vedi Ivan, vedete tutti. Questa forse è una domanda che molti fra voi vorrebbero farmi o avrebbero voluto farmi. Come mai in mezzo a tante disgrazie, a tante calamità, a tante guerre, a tante brutte cose che succedono nel mondo, e che voi avete rappresentato qui durante questa giornata, come mai, io sarei – insieme a molti altri, naturalmente – ottimista? Il fatto è che io credo in una cosa molto,  molto, importante: che l’unità, e quindi l’unità del mondo, è un segno dei tempi. Un segno dei tempi significa una precisa volontà di Dio; e Dio non è mai estemporaneo, Lui è sempre puntuale. L’unità è una volontà di Dio per il nostro tempo. E lo stanno dimostrando tante cose.  Ancora decenni di anni fa si dimostrava questo che sto dicendo. Per esempio, voi allora quasi tutti non eravate ancora nati, ma c’era a Roma il grande Concilio Vaticano II, il quale spessissimo nei suoi documenti nominava la parola comunione o la parola unità. E non solo, ma apriva i cattolici ai tre grandi dialoghi nel mondo, che erano il principio di unità di tutto il mondo:
il dialogo con le altre Chiese, il dialogo con le altre religioni, il dialogo anche con tutti gli uomini di buona volontà. E in seguito la Chiesa ha fatto quei Segretariati così importanti per portare avanti questo dialogo. E lo ha fatto; e non solo la Chiesa gerarchica, ma anche molti movimenti nella Chiesa. E non solo nel mondo cattolico si premeva su questo concetto dell’unità, ma anche sul mondo cristiano. Perché vedete, anche qui voi non c’eravate, ma decenni di anni fa c’è stato un movimento tutte le Chiese, di cui magari fate
parte pure voi: la Chiesa anglicana, la Chiesa luterana, la Chiesa riformata, la metodista…  Fanno una marcia verso l’unità per riunirsi, per essere una sola Chiesa. Ed è il fenomeno dell’ecumenismo che vive tuttora. Quindi capite, che già pensando come erano le Chiese prima, che si combattevano anche, che erano lontane l’una dall’altra e lottavano fra di loro, vedere che tutti si stanno riunendo, chi le spinge se non qualche cosa di soprannaturale? se non un segno dei tempi?  E anche le varie religioni di cui qui c’è qualche rappresentanza. Voi conoscete, perché avete anche collaborato, la famosa Conferenza Mondiale delle Religioni per la Pace. Ebbene, riunisce le religioni più importanti del mondo, magari per uno scopo preciso: per la pace; però intanto le riunisce, intanto si conoscono,  e intanto una certa unità si stabilisce pure con loro. Ma non è solo nel mondo delle religioni che avviene l’unità, che si punta verso l’unità. Ma anche nel mondo umano, in cui viviamo noi. La stessa televisione, che porta tutto il mondo in una camera, in una stanza, in una famiglia, è già un segno di qualche cosa di unità. Ma poi gli enti internazionali, che sono così tanti e fanno tanto del bene, anche se non sono ancora perfetti, indicano che si dà al mondo uno sguardo di unità. Ma ciò che mi convince più di tutti, più di tutti, più di tutti, sapete chi è? Siete voi, gen,  voi Giovani per un mondo unito! Perché io lo so come siete nati. Voi non siete nati da una volontà umana, da una forza umana, da una capacità umana. Voi siete nati per volontà di Dio, perché è venuto sulla terra un carisma che è il carisma proprio dell’unità. Ora, se c’è uno che sa le cose e sa come farle bene, è proprio Dio. E voi siete stati informati di questo carisma, e voi avete incominciato questa marcia del mondo verso l’unità. Così.
 
Riscoprirsi fratelli
Serafina (Angola): “Il mio Paese è dilaniato dalla guerra civile. Le fazioni politiche ci hanno divisi e fatti nemici. Come possiamo riscoprirci fratelli?”
 
Come possiamo – dici – riscoprirci fratelli. Bisogna sapere una cosa, che da quando il cristianesimo è venuto su questa terra domanda a ciascun cristiano di fare una scelta, di porsi veramente nella rivoluzione  che
deve fare di tutta la terra una fraternità. Ora, per poter fare questa rivoluzione non basta uno sguardo  umano sugli altri uomini e le donne del nostro tempo. Occorre uno sguardo – direi io – soprannaturale.  E Gesù ci ha detto come fare: “Qualunque cosa hai fatto al minimo dei miei fratelli lo hai fatto a me”. A  minimo dei suoi fratelli, a qualsiasi! Quindi non bisogna vedere soltanto il nero e il bianco, l’inglese e il francese, il bello e il brutto, l’intelligente e quello che ha scarsa intelligenza. Bisogna vedere in tutti Cristo ed amare in tutti Cristo. E se si ama il fratello si ama Cristo, e se lo si odia si odia Cristo, ma questo non lo si può fare. Allora bisogna mettersi senz’altro in questa linea di amare tutti e vedere Cristo in tutti. E questo è possibile per i cristiani, voi direte; ma come fanno quelli delle altre religioni? Be’, io vi dico che alla base di quasi tutte le religioni più importanti nel mondo c’è una cosiddetta regola d’oro, una formula d’oro che dice: “Fai agli altri quello che vorresti fosse fatto a te”, che è cristianesimo, è veramente una cosa cristiana; sono naturalmente cristiani quelli che dicono così. E io penso che questo principio valga non solo per i cristiani, non solo per le altre religioni, ma anche per tutti gli uomini di buona volontà, perché è un principio ragionevole, sano e giusto.
 
Dolore, ferite, paure
Paolo (Argentina): “Se è vero che Dio è Amore, perché permette il dolore, l’ingiustizia, le catastrofi e le guerre?”
 
Vedi, questa domanda me l’hanno fatta in tanti. Come si fa a pensare che Dio è amore quando ci sono tante calamità, tante disgrazie anche verso innocenti? Vengono ammazzati  innocenti, ecc. Sembra veramente un assurdo e anch’io mi porrei in questo stesso pensiero se non sapessi una cosa: se Dio amava una persona  questa persona era suo Figlio; eppure Lui ha permesso che suo Figlio fosse messo in croce, martoriato in una maniera incredibile. E perché l’ha permesso? Perché aveva un disegno su di Lui: che Lui salvasse l’umanità e poi risuscitasse e salisse alla destra del Padre. Ora, tutti quelli che subiscono delle ingiustizie, delle guerre, ecc., devono pensare – se lo possono; se no, lo pensano i fratelli per loro – che anche su di loro c’è un disegno simile, perché siamo fratelli di Gesù, siamo figli dello stesso Padre. Magari non si vedrà, noi non lo comprenderemo, però c’è.
 
Eric (Belgio): “Da noi sentiamo forte il razzismo, che prende anche purtroppo tanti nostri amici. Come possiamo combatterlo?”
 
Il razzismo? Io direi di fare così: prima di tutto dare il buon esempio e comportarsi con tutti quelli che non sono della nostra razza, del nostro colore, della nostra lingua, della nostra patria, da fratelli. Dare l’esempio, questo è importantissimo. Se ancora questi amici razzisti non lo capiscono, portiamoli in ambienti come questo, dove il razzismo è debellato alla radice, perché poggiano su valori cristiani importantissimi. Resteranno colpiti, almeno resteranno nel dubbio. E se ancora non si convertono ad essere contro il razzismo, parliamogli; ricordiamo che magari valgono tanto gli argomenti umani, ma più di tutti valgono sempre gli argomenti soprannaturali. C’è una frase importantissima nella Scrittura che dice che dopo il cristianesimo non vale più né essere donna né uomo, né greco né ebreo, né libero né schiavo, siamo tutti uno in Cristo Gesù.
 
Monica (Italia): “Nella mia e nella nostra vita spesso succede che soffriamo. La delusione da parte di un amico, la sofferenza fisica, l’apatia per la routine quotidiana. Alcuni si consolano per la morte di qualcuno con l’idea dell’aldilà; altri dicono che la malattia bisogna accettarla. Ma potresti dirmi tu come vivi il dolore; c’è un significato, un’alternativa in più?”
 
Io ho trovato la soluzione del dolore in Gesù. Voi direte: ma perché? Perché Lui poteva trovare mille, mille, mille, mille, mille modi per salvarci, per salvarci tutti, per redimerci; ha scelto invece il dolore. Dalla qual cosa bisogna dedurre che il dolore è una cosa importantissima.  E allora, come faccio io? Cerco di non quando arriva, di non scansarlo, di non contrariarlo, cerco di accettarlo, di abbracciarlo.  Ed è molto, perché la vita è come  un viaggio. Noi siamo avviati verso una vita – anche se non crediamo – verso una vita eterna,
meravigliosa, bellissima, però qui è una prova: bisogna fare questa corsa, bisogna fare questo santo viaggio, bisogna sempre camminare, e sempre più in su. Ma camminando si possono trovare degli ostacoli, e sono le sofferenze. Mentre le gioie, le gioie no, non fanno ostacolo. E allora, ecco una cosa molto intelligente è quella
di amare le gioie ma anche il dolore, e più intelligente ancora, amare le gioie e più il dolore. Io invito tutti voi gen, che siete sulla buona strada, a fare così.
 
Oreste (Santo Domingo): “Tante volte noi siamo presi da molte paure, soprattutto quelle di non essere accettati dai nostri coetanei o di non aver successo nella vita. Come fare per toglierci una volta per tutte queste paure che a volte ci frenano?”
 
Ecco vedete: speriamo che in questo momento ci togliamo una volta per sempre queste paure. Il nostro gen domanda, dice: “Noi abbiamo paura perché qualche volta gli altri ci respingono”.  È logico, è logico! Gesù ci ha messi nel mondo, ma noi non vogliamo essere del mondo, mentre siamo circondati alle volte da  persone, da ragazzi, da amici che sono nel mondo e sono del mondo. Quindi alle volte ci vedono diversi e magari ci criticano, ci prendono in giro, ridacchiano su di noi. Che cosa bisogna fare? Questo essere diversi è una nostra qualità, è una bellissima cosa. Bisogna accettarla come una gloria, perché siamo come Gesù. Chi segue Lui avrà le persecuzioni, è logico! Quindi vi perseguitano? Non vi vogliono bene? Vi vedono diversi? Vi deridono? Dite nel vostro cuore: finalmente sono un seguace di Cristo. Se invece mi vedessero come loro,
come tutti questi che naturalmente sono nel mondo e anche del mondo, io sarei uno spacciato; come cristiano sarei spacciato. Quindi non aver dolore, aver tanta gioia, cacciare questa paura e avere il coraggio di dimostrarsi diversi.
 
Essere liberi
 
Maria (Finlandia): “Nel mio Paese, nel nome della libertà si fa proprio di tutto. Vorrei sapere: cosa è per te la libertà?”
 
La libertà per me – ci ho pensato tante volte, ci pensavo anche quando ero piccola come voi… giovane come voi, all’università, mi ricordo –, la libertà per me è andare sempre più verso il bene, perché ho costatato: il bene libera, il male rende schiavi. Ora, per avere la libertà bisogna amare.  Perché ciò che ci rende più schiavi è il nostro io. Quando invece si pensa sempre all’altro, o alla volontà di Dio nel fare i propri doveri, o al prossimo, si pensa all’altro non si pensa a se stessi e si è liberi di se stessi. Perciò avanti, cercando e vivendo la pienezza… con pienezza la nostra libertà, amando.
 
Jenny (USA): “Io vorrei vivere per qualcosa di grande. Mi attira una vita come la tua, tutta per Dio e per gli altri, però mi sento sola perché oggi non si dà nessun valore a questo tipo di scelta. Come posso fare?”
 
Ecco, quello che può fare: lei sente un’attrattiva verso qualche cosa di molto bello, però è un tipo di scelta che oggi non si comprende. Bene, bisogna stare attenti a non dar troppo valore a quello che pensano gli altri. È molto più importante, per questa nostra gen, la voce che lei sente dentro, l’attrattiva che sente
dentro. Può essere il prodromo di una chiamata grandiosa. Stia ben attenta a non calpestare quella chiamata, quella attrattiva e lasci che la gente canti. Non importa niente, noi andiamo avanti per la nostra strada. E non abbia paura di rimanere sola. Vedete, gen, anch’io all’inizio ero sola. E mi è venuta l’idea: magari un giorno sarò sola, e sarò sola, sola, sola. Ma quando ho pensato che finché c’è un tabernacolo sulla terra con Gesù Eucaristia, io non sarò mai sola, mi sono risolta. E poi, come vedete, sono circondata da un po’ di gente. E non siete voi soli!
 
Maria Chiara (Brasile): “Quando si pensa al mio Paese, viene subito in mente povertà; però è anche vero che il consumismo c’è e si cerca di produrre sempre di più semplicemente per un benessere materiale. Ma ci rendiamo conto che questa società ci fa sempre più schiavi e anche se uno non lo vuole. Allora Chiara, cosa ci dici per reagire a tutto questo?”
 
L’avete detto tante volte anche durante questa giornata: adesso vige nel mondo una cultura dell’avere. Si crede che avendo ci si realizzi, mentre invece non è così. Bisogna opporre a questa cultura dell’avere la cultura del dare. Voi direte: ma perché? Come mai avete inventato la cultura del dare? È una parola del Vangelo: date. Così dice Gesù: date – e aggiunge – e vi sarà dato, e vi sarà messa in grembo una misura piena, traboccante, cioè avrete tanta, tanta altra roba da poter dare ancora per averne ancora di più, ancora di più. Ora questa cultura del dare voi già la vivete, perché c’è, da quando è nato il Movimento e anche da quando ci sono i gen e i Giovani per un Mondo Unito, una comunione dei beni: voi date il vostro superfluo, voi raccogliete dovunque si può raccogliere. Qualcuno dà addirittura tutto quello che ha.  Quindi voi la vivete questa cultura del dare. Però c’è stato un giorno in Brasile che io mi sono trovata lì, e ho visto la grande miseria che c’è in questo Paese, come in tante altre parti. Ho visto quella che chiamano “la corona di spine”, cioè come le grosse città sono coronate di tante baracche: non si sa neanche che nome dare, “mocambos”, “favelas”, dove la povertà è estrema.  E vedevo che fra questi che vivevano in questa povertà c’erano anche i nostri, i quali non venivano sovvenuti da noi perché non arrivavamo a tutti. Non si arrivava a tutti. Ecco allora che nasce un’idea formidabile: l’idea dell’“Economia di comunione”. E cioè: suscitare tra i giovani, anche tra gli anziani, delle aziende o orientare aziende già esistenti verso un preciso scopo e cioè dare gli utili dell’azienda, dopo aver tenuto quelli necessari per portare avanti l’azienda, per creare delle strutture dove si possano formare degli uomini nuovi con la cultura del dare, e poi per poter dare ancora questi utili, altre parti di utili a tutti i nostri che sono nel bisogno. L’abbiamo incominciato, siamo partiti. Dopo due, tre anni sono già quattro/cinquecento queste aziende un po’ sparse nel mondo, che fanno secondo questo stile. E già hanno avuto un grande successo. Pensate, per esempio, che l’opinione pubblica  tante nazioni ne parla. Ma poi ci sono dei gen che sono innamorati ormai dell’economia, tanto che loro studiare a scuola, all’università, l’economia. E ci sono quelli che fanno le loro tesi, ma tante, tante tesi, sull’Economia di comunione. Inoltre ci sono dei politici e anche degli economisti lungimiranti, che vedendo quanto si fa con l’economia di comunione, dicono:  “Questa è una microrealizzazione, però questa si estenderà molto, molto al largo”. Perciò siamo molto felici di come vanno le cose.
 
La Chiesa
Yann (Francia): “Che cosa diresti a uno che dice: ‘Gesù sì, ma la Chiesa no’?”
 
È una domanda anche questa che mi fanno tante volte. Dicono: Gesù sì, Dio sì, la Chiesa no. Si capisce anche che facciano una domanda del genere, perché Gesù, Dio, è perfetto, e la Chiesa è formata da uomini, come siamo anche noi, imperfetti; anche qualche volta nella gerarchia.  Non c’è da scandalizzarsi: siamo uomini. Ma qui bisogna star attenti perché, se si ragiona così, si va a finire in una contraddizione.  Quando Gesù è venuto sulla terra, ha avuto parole meravigliose per dire quello che dovevamo fare: “Amatevi a vicenda”, “Ama il prossimo tuo come te stesso”, “Guardate i gigli del campo,  guardate gli uccelli dell’aria…”. Per cui noi sappiamo come comportarci estraendo queste parole dal Vangelo. Però Lui ha detto anche altre parole. Per esempio, ha detto a Pietro: “Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa” e ha fondato il Papato. E ha detto agli apostoli: “Andate, predicate a tutte le genti, battezzandole nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo” e ha dato loro dei poteri: di assolvere i nostri peccati e di celebrare l’Eucaristia.  
con ciò ha fondato i Vescovi, i Sacerdoti e tutto quello che noi chiamiamo gerarchia. Perciò, se noi togliamo certe parole a Cristo e ne teniamo altre, dividiamo Cristo a metà. Ma Cristo non può essere diviso. Perciò dobbiamo convincere quelli che dicono così: guarda che forse ti sbagli; forse non hai conosciuto in profondità chi è veramente Gesù Cristo.
 
L’unità
Elena (Russia): “Sono cristiana della Chiesa ortodossa. Siamo vissuti in Russia per 70 anni con l’idea del collettivismo, cercando di costruire una società comunista. Ora molti pensano che l’unità sia un appiattimento dell’individuo all’interno della collettività. Come posso io spiegare a loro che l’unità porta invece alla piena realizzazione della persona?”
 
Ecco, perché la vera unità è quella che è fatta ad immagine della Santissima Trinità. Noi abbiamo un Dio solo in Tre Persone distinte, e sono diversissime l’una dall’altra: il Padre non è il Figlio, il Figlio non è il Padre, il Padre e il Figlio non sono lo Spirito Santo.  Quindi la Trinità ti dà la vera unità, quella per cui Gesù ha pregato: “Padre, che tutti siano uno come io e te”, ti dà di realizzare te stesso, viceversa di quello che si può pensare. E come si realizza l’unità? Anche qui con l’amore. Perché amando, più tu dai più ti realizzi, più sei tu, perché si ha ciò che si dà, ciò che si dà ci fa essere. E noi saremo, se vivremo l’unità, l’uno diversissimo dall’altro, con personalità diversissime l’uno dall’altro,  eppure tutti uno in Cristo Gesù. E così le nostre nazioni, quando saranno unite, quando veramente si amerà la patria altrui come la propria, avranno le loro caratteristiche meravigliose, potenziate dall’unità, che vengono fuori stupende; e saranno tutte uno, la famiglia, la grande famiglia dei figli di Dio.
 
Puntate in alto
Noel (Filippine): “A cuore aperto, che cosa vorresti dire a tutti noi che siamo qui nel Palaeur, ai giovani del mondo che ci seguono per televisione?” Io vi ripeto quello che ha detto una volta santa Caterina da Siena, quella grossissima santa, quella donna meravigliosa, parlando ai suoi discepoli, quando ha detto: “Non accontentatevi delle piccole cose, perché Egli, Dio, le vuole grandi”. Quello che vi dico io: gen, giovani, non accontentatevi delle briciole. Avete una vita sola, puntate in alto, non accontentatevi delle piccole gioie, cercate quelle grandi, cercate la pienezza della gioia.  E voi potrete chiedermi: “Ma dove la troviamo, Chiara?” Ebbene, finisco il mio discorso con voi ancora nominando Gesù. Lui ha detto che chi vive l’unità avrà la pienezza della gioia, quindi è l’eredità che voi avrete se vivrete quest’Ideale,  sarà la pienezza della gioia. E questo è l’ultimo mio augurio e l’ultima parola che voglio dirvi.

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