F1: 30 anni fa Senna diventava immortale

Questa settimana sono passati 30 anni da quel 1° maggio 1994, da quel GP di San Marino, da quella curva del Tamburello che ha reso Ayrton Senna immortale.
Il brasiliano Ayrton Senna sorridente dopo aver effettuato le prove valide per il Gran Premio d'Italia, il 17 agosto 1989. (Foto ANSA)

“Ah, da quando Senna non corre più… non è più domenica” cantava Cesare Cremonini nel 2005, ben 11 anni dopo la morte di Senna. Un pensiero che ancora oggi, dopo 30 anni, molti condividono, eppure, un pensiero in parte sbagliato…

La nascita di una leggenda

Nato a San Paolo di Brasile, nel 1960, Ayrton Senna è un talento naturale. Ha soli quattro anni quando inizia a guidare, ha letteralmente la corsa nel DNA e la sua famiglia, nata dalla parte fortunata del Brasile, lo asseconda in questa sua passione. Nel 1977 la prima affermazione assoluta con la vittoria del campionato panamericano, l’anno dopo si trasferisce in Inghilterra per alzare l’asticella delle prestazioni e si fa notare in tutto l’ambiente del karting. Nel 1981 debutta e vince il campionato di Formula Ford 1600, nel 1982 è campione europeo e britannico di Formula Ford 2000 e nel 1983 mette le mani anche sul campionato britannico di Formula 3.

È nel corso di quella stagione arrivano le prime offerte per dei test in Formula 1: sono parecchie, ma alla fine debutta con la FW08C di Frank Williams. L’esordio nella categoria superiore avviene sulla Toleman nel GP del Brasile del 1984 e finisce quella stagione nono nel mondiale piloti. Nel 1985 passa alla Lotus motorizzata Renault e, in occasione del Gran Premio del Portogallo, Senna sfoggia le sue doti sul bagnato e vince: è il suo primo successo in carriera e avviene con un domino che vede Ayrton doppiare tutti i suoi rivali, eccetto Alboreto, secondo a un minuto dal brasiliano. Un inizio magnifico con la Lotus con cui cresce professionalmente, chiudendo quarto nei campionati ’85 e ’86 e terzo in quello del 1987.

L’anno successivo conquista il suo primo titolo mondiale di Formula 1 correndo per la McLaren Honda, grazie alla quale vince otto Gran Premi. All’inizio del 1989 Ayrton Senna è il favorito per vincere il secondo titolo mondiale, ma arriva il suo compagno di squadra, il francese Alain Prost, a mettergli i bastoni tra le ruote. Con lui, inizia un’enorme rivalità che cresce gara dopo gara e che porta i due ad un rapporto pessimo, tanto da spingere il francese a passare in Ferrari nella stagione successiva.

Un piede in Ferrari e un cuore d’oro

“Mi aveva contattato Fiorio per la prossima stagione, ma qualcuno non ha voluto e ho dovuto rinunciare a un precontratto. Scrivilo, che si sappia che avevo un piede alla Ferrari”. Queste le parole di Senna nell’89. Il qualcuno che non lo voleva a Maranello era, ovviamente, Alain Prost, che non ci teneva di certo a riaverlo come compagno di squadra e, dopo questo episodio, dichiara guerra a Fiorio che perde il posto. Aveva un piede in Ferrari, avrebbe potuto vestire di rosso, ma no, il povero Senna non lo farà mai. Sarebbe troppo doloroso chiedersi come sarebbe cambiata la sua sorte, come sarebbe stato a fianco a Schumacher, quanti titoli avrebbe collezionato.

Nella stagione 1990 Senna rimane sulla McLaren e Prost sulla Ferrari: la rivalità tra i due, ovviamente, non accenna ad abbassarsi e alla fine della stagione, dopo aver provocato deliberatamente un incidente con Prost che era in vantaggio -così lo stesso dichiarerà un anno dopo – Ayrton è di nuovo campione del mondo.

Nel 1991 arriva, per chi non se ne fosse ancora accorto, la consacrazione ufficiale di Senna: il 24 marzo 1991 nella sua Interlagos, davanti alla sua gente, Senna fa una magia. Il cambio si rompe e al brasiliano resta solo la sesta marcia ma, nelle curve lente di Interlagos, è quasi impossibile guidare. Ayrton, però, non molla, taglia il traguardo in prima posizione e il suo urlo di gioia misto dolore passa alla storia. Alla fine di quell’anno è campione del mondo per la terza volta.

Le successive due stagioni non sono all’altezza delle aspettative per il tre volte campione brasiliano: quarto nel 1992 e secondo, dietro Prost che vince il suo ultimo titolo e poi si ritira nel 1993.  Neanche la stagione successiva va meglio: la Williams di Newey si presenta in pista con una monoposto decisamente meno competitiva rispetto al passato e troppo stretta nella zona dell’abitacolo. Ayrton si ritira nelle prime due gare della stagione e arriva a Imola senza punti. Quello che è successo in quel tragico fine settimana del Gran Premio di San Marino è, ahimè, storia nota: l’incidente di Barrichello durante le libere, la morte di Roland Ratzenberg durante le qualifiche e quel tragico incidente al Tamburello di Ayrton al settimo giro della gara, a causa del cedimento del piantone dello sterzo.

Un fine settimana che sapeva di tragedia sin dall’inizio, con incidenti che si potevano evitare, con errori che non si dovevano fare e che, alla fine, hanno consegnato alla morte una leggenda di appena 34 anni. Anche qui, sarebbe un esercizio ormai inutile e troppo doloroso pensare a cosa sarebbe successo se tutto fosse stato a norma, se non ci fosse stata fretta, se solo Ayrton non fosse stato così sfortunato quel giorno…ma niente, non pensiamo ai “se” e ai “ma”. Ci sono solo i fatti che contano, e i fatti ci dicono che quel 1° maggio 1994, in quel GP di San Marino, in quella curva del Tamburello, Ayrton Senna è diventato immortale.

“Ah, da quando Senna non corre più… non è più domenica” cantava Cremonini. In parte vero, perché le domeniche, da quella domenica lì, sono state diverse ma il nostro Cesare si sbagliava perché, anche dopo Senna, la domenica c’è ancora.

È ancora domenica, perché Ayrton non è morto invano, è ancora domenica perché, a distanza di 30 anni, il campione brasiliano continua ad ispirare giovani sportivi da tutto il mondo, perché di Senna non si ricorda l’incidente, ma si ricordano le vittorie, si ricorda quella bandiera austriaca preparata in memoria di Ratzenberg, si ricorda quella beneficenza che faceva di nascosto, quegli ingaggi segretamente devoluti ai bambini poveri del suo paese, si ricorda il suo cuore d’oro e la sua immensa fede. Una fede che, in quello sguardo triste ma rassegnato di quel 1° maggio di 30 anni fa, ci fa pensare che, in fondo, Ayrton lo sapesse già. Lui, che diceva che Dio gli era sempre accanto, forse sapeva già che quella sarebbe stata la sua ultima corsa in questa terra e che il suo prossimo ingaggio sarebbe arrivato dal Paradiso.

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