Exodus

¦ I riferimenti a fatti e personaggi sono puramente casuali. Questa frase, un po’ come il seguire le istruzioni e le modalità d’uso ripetuta negli spot delle medicine, è un classico della produzione cinematografica e televisiva. È un cerotto preventivo, la toppa che arriva prima del buco. Dovrebbe servire a tener lontani dai film le critiche dei biografi e degli storici, le proteste dei parenti coinvolti nella ricostruzione, le ire di chi vede la realtà stravolta dalle regole della fiction. Ma spesso più che evitarle, le critiche le attira. E infatti ci risiamo. La polemica sulle licenze che può permettersi la finzione che si occupa di fatti realmente accaduti è stata riaperta da Exodus, la storia vera di Ada Sereni, la coraggiosa donna che con il marito fondò il primo kibbutz e che poi, nel dopoguerra, cercando disperatamente il suo uomo partito al fronte e morto a Dachau, decise di dedicare tutta la sua vita al ritorno in Palestina di migliaia di ebrei, nuovo Mosè che ricondusse verso la Terra promessa il popolo d’Israele disperso in Europa. I familiari della Sereni, hanno attaccato i produttori del film, accusandoli di aver distorto la figura della loro parente, presentata come una persona debole e ingenua.Monica Guerritore, che ha interpretato quel ruolo, ha risposto a muso duro alle critiche, sostenuta dalla comunità ebraica che ha difeso la fiction, mentre gli storici si lanciavano attacchi incrociati a mezzo stampa. Il problema resta irrisolvibile a meno che non si prenda coscienza di due fatti. I film tv di ricostruzione storica fanno sempre ascolti importanti, e la tv in crisi, ne proporrà di sempre nuovi. Inoltre queste fiction catturano milioni di spettatori anche perché spezzano il pane della storia per un pubblico popolare. Le regole sono queste, prendere o lasciare. Le vicende vengono semplificate e banalizzate, i contrasti accentuati per far risaltare meglio i personaggi, il contesto storico, spesso complesso e controverso, abbozzato con pochi tocchi se non dimenticato. Senza contare che almeno una love story non può mancare perché il melodramma aiuta a seguire il filo del racconto, e poi c’è da fare i conti con i budget, mai sufficienti per proporre una ricostruzione filologicamente inattaccabile. La domanda vera è: al di là della fedeltà al dato storico (sacrosanta), quello che va in onda è un buon prodotto televisivo o no? Exodus, pur mostrando alcune pecche, era comunque un buon film. Non convinceva del tutto la recitazione della Guerritore, forse troppo coinvolta dal suo personaggio. La regia, non potendo investire capitali, ha liquidato con fugaci tocchi le tante tappe di questo esodo attraverso l’Europa, squassata dall’odio e dalla guerra. Il dramma era tutto caricato sui volti dei protagonisti, non trovava eco nel contesto, procedeva per stereotipi. D’altro canto raccontava con garbo due tenere storie d’amore (con i bravi Andrea Osvart e Fabrizio Bucci) risaltava con evidenza la figura virile e affascinante del marito della Sereni (interpretato da Thomas Trabacchi), si faceva apprezzare la direzione dei bambini sul set. Il rischio è questo: che presi dalla dispute storiche, alla fine ci si dimentichi di valutare quel che la gente guarda a casa. Che non sempre è da buttar via.

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