Europa, come si è arrivati a definire gas e nucleare fonti sostenibili?

Una storia emblematica che parte dal 2018 con il green deal europeo adottato per combattere il riscaldamento globale e arriva nel 2022 al voto del parlamento europeo. La delusione delle associazioni ambientaliste e le proteste di Austria e Lussemburgo  
Gas e nucleare nella tassonomia verde. foto Ap Parlamento europeo al voto

La transizione ecologica europea per raggiungere gli obiettivi di riduzione dei gas serra del 2030 e della carbon neutrality entro il 2050, seguendo gli Accordi di Parigi del 2015 sui cambiamenti climatici, passerà anche dall’uso del gas e del nucleare.

Fallito il tentativo del Parlamento europeo di bloccare, il 6 luglio scorso, l’inserimento di gas e nucleare nell’atto delegato della Commissione sulla tassonomia europea delle fonti di energia verdi e trascorso l’11 luglio senza alcuna opposizione del Consiglio dell’Unione Europea, il 12 luglio non è più possibile respingerlo ed entrerà in vigore il 1° gennaio 2023.

L’idea errata di una transizione graduale nello status quo

Certamente, una centrale elettrica a gas che utilizza le migliori tecnologie disponibili può avere un impatto minore sul clima di una centrale a carbone, ma non può permettere di raggiungere le zero emissioni. Mentre per il nucleare si è volutamente ignorato il problema dello stoccaggio delle scorie e l’implicito rischio delle centrali nucleari che, nonostante tutte le misure tecnologiche sviluppate, non potranno mai essere sicure, soprattutto perché un solo evento ha conseguenze devastanti per una vasta area e per centinaia di anni.

Gli interessi degli Stati contro la transizione

Hanno avuto grande influenza sulle decisioni dell’Unione Europea gli interessi particolari di alcuni grandi Paesi europei. Francia da una parte, per promuovere l’introduzione del nucleare, Germania e Italia per il gas dall’altra, sono riusciti a polarizzare attorno ai loro interessi quelli dei Paesi più fragili energeticamente, che hanno considerato questa revisione della tassonomia come una possibilità per continuare sulla strada già intrapresa, attraendo investimenti verdi su quanto già usato. Ne consegue che molti investimenti saranno impiegati su tecnologie che non avrebbero dovuto essere considerate green. Anche se fuori dalla tassonomia, queste fonti avrebbero potuto continuare a ricevere fondi, ma senza sottrarre investimenti alla transizione ecologica. Purtroppo, nata per contrastare il greenwashing, la tassonomia europea si è dovuta piegare agli interessi nazionali, nonostante la coerente scelta iniziale del 2020.

Il Green Deal Europea e gli obiettivi del 2030

L’idea di elaborare una tassonomia europea delle fonti verdi nasce nel 2018 dalla necessità di raggiungere gli obiettivi di sostenibilità del Green Deal Europeo attraverso una chiara definizione di quale siano le fonti energetiche in grado di permettere di raggiungere i primi obiettivi di lotta ai cambiamenti climatici nel 2030, con la riduzione del 55% dei gas serra rispetto al 1990. Nel 2020 è stato istituito il primo sistema di classificazione o “tassonomia” delle attività sostenibili che definiva precisi criteri per determinare se un’attività economica potesse considerarsi ecosostenibile, attraverso il Regolamento 2020/852.

La UE ha stabilito con il Regolamento gli obiettivi comuni alla base della Tassonomia basati sulla mitigazione e sull’adattamento ai cambiamenti climatici, sulla protezione e sull’uso sostenibile dell’acqua e delle risorse marine, sulla transizione verso un’economia circolare, sulla prevenzione ed il controllo dell’inquinamento, sulla protezione e sul ripristino degli ecosistemi e della biodiversità. La Commissione europea per l’elaborazione di questo documento si fece assistere da un gruppo di esperti in finanza sostenibile, denominato TEG, Technical Expert Group on Sustainable Finance, il quale fornì i criteri tecnici per poter elaborare la tassonomia europea, soprattutto su due fonti controverse e fortemente contestate, come il gas e l’energia nucleare, che infatti non furono incluse.

Questa decisione fu presa nonostante uno studio specifico del Joint Research Centre (JRS), il servizio di consulenza scientifica della Commissione europea che si occupa di elaborare ricerche indipendenti di interesse delle politiche della UE, che diede un parere in cui definiva il nucleare come una fonte senza significativi danni per l’ambiente secondo il principio del “Do No Significant Harm”.

La nuova tassonomia UE per il Green Deal europeo

A fine 2021 cambiò qualcosa. Dopo il terribile impatto sulle economie della pandemia da COVID-19 e poco prima della recente invasione armata russa dell’Ucraina, la scelta europea sembrava aver perso la spinta iniziale, finendo per incentivare un sistema di produzione dell’energia fondato anche su gas e nucleare.

La Commissione ha presentato un atto per integrare e cambiare la prima tassonomia e, nonostante il parere negativo della Piattaforma per la finanza sostenibile, organo consultivo della Commissione composto da esperti che ha sostituito il TEG, viene presentato il 2 febbraio 2022 al Parlamento ed al Consiglio per essere adottato.

L’inclusione del gas e del nucleare tra le fonti sostenibili, in modo che possano essere incluse fra gli investimenti verdi per raggiungere gli obiettivi di neutralità delle emissioni climalteranti nel 2050, rappresenta un’azione normativa di greenwashing, cioè un’operazione che trasforma fonti fortemente inquinanti in fonti sostenibili.

Nel suo iter approvativo, decisivo è stato il voto della plenaria del Parlamento europeo, che il 14 giugno aveva bocciato la proposta di tassonomia nelle commissioni per i Problemi Economici e Monetari e Ambiente. In aula, infatti, solo 278 deputati hanno votato contro l’atto della Commissione, mentre 328 hanno votato a favore e 33 si sono astenuti, non ponendo più alcuno ostacolo alla sua adozione.

Il tentativo fallito di fermare tutto

L’azione di una parte dei movimenti, associazioni e partiti verdi, che avevano provato a trovare una maggioranza nel Parlamento europeo per bloccare l’atto, non riuscendoci, era stata affiancata dall’azione di alcuni Paesi europei che non hanno trovato il numero necessario per creare la maggioranza qualificata necessaria in Consiglio. Questa frustrazione ha portato due Paesi contrari all’atto, come Austria e Lussemburgo, a minacciare di bloccare l’atto davanti alla Corte di giustizia europea. Ma per ora, tutto è andato come previsto dalla Commissione e dalle lobby delle fonti fossili e dell’atomo.

Il significato di questa scelta europea

La tassonomia nasce per orientare gli investimenti privati, in quanto le sole risorse pubbliche non riescono a finanziare la transizione ecologica per raggiungere gli obiettivi fissati per il 2030 e per il 2050.

Gli investimenti green privati sono molto importanti e, se orientati con la tassonomia, possono finanziare fonti energetiche molto costose. Questo era chiaro per i Paesi che hanno promosso le integrazioni, in quanto il nucleare è una fonte molto costosa in tutte le fasi, dalla sua realizzazione, alla sua gestione fino al decommissioning ed alla gestione delle scorie.

La scelta attuale della tassonomia europea continua nella visione lineare dello sviluppo, investendo nella produzione industriale dell’energia, già fortemente finanziata dagli stati, fondata sulle fonti fossili e nucleare.

La tassonomia doveva indirizzare i rilevanti investimenti privati verso un’economia circolare, costruendola attraverso le fonti rinnovabili e una produzione più diffusa sul territorio.

In questo modo la transizione ecologica poteva divenire la strada nuova per costruire anche nuovi rapporti geopolitici.  Invece si continua lungo la strada dello scontro per difendere le fonti di approvvigionamento. La guerra d’aggressione russa all’Ucraina non ci ha fatto capire che proprio la dipendenza dal gas russo ha fortificato la posizione del presidente Putin e della Russia e bisognava recidere questa dipendenza, anche per non creare nuovi fenomeni simili in altre parti del mondo.

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Foto AP a corredo di questo articolo

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