Etiopia: la grande diga è quasi pronta

“Grand Ethiopian Renaissance Dam” (grande diga del rinascimento etiopico): già il nome attribuitole la dice lunga sulle attese legate a questa gigantesca opera, che ha un costo previsto di 4,6 miliardi di dollari.
(AFP PHOTO / ADWA PICTURES)

La Grand Ethiopian Renaissance Dam (Gerd), la diga realizzata sul Nilo Azzurro in territorio etiope, a pochi km dal confine con il Sudan, è pronta a produrre elettricità dopo la riuscita della seconda fase di riempimento del bacino idroelettrico. Lo ha detto lunedì 19 luglio un funzionario etiope che ha voluto mantenere l’anonimato: «Il primo riempimento è stato fatto l’anno scorso, il secondo è ora completo e sarà annunciato ufficialmente oggi o domani».

La costruzione della Gerd è iniziata nel 2011 sul Nilo Azzurro, nel nord-ovest dell’Etiopia vicino al confine con il Sudan. Il Nilo Azzurro si unisce al Nilo Bianco a Khartoum, per formare il Nilo vero e proprio, che poi attraversa tutto l’Egitto fino al Mediterraneo.

Fin dall’inizio, nel 2011, il progetto Gerd è stato motivo di contese tra l’Etiopia e i suoi vicini Sudan ed Egitto. I colloqui tra i tre paesi sul funzionamento della diga e sul riempimento del suo bacino non vanno Avanti, da più di quattro anni. L’Egitto rivendica un diritto sul Nilo in base ad un trattato del 1929 che gli conferisce il veto su qualsiasi progetto di costruzione sul fiume. Un altro trattato del 1959 ha portato la quota di competenza egiziana sul Nilo al 66%, e al 22% quella del Sudan: questo secondo il Cairo. Ma l’Etiopia non è mai stata coinvolta in questi trattati, e pertanto afferma di non essere vincolata dalle loro disposizioni.

Le trattative avviate sotto l’egida dell’Unione Africana (Ua) non hanno finora consentito ai tre Paesi di raggiungere un accordo sulle modalità di riempimento e funzionamento dei bacini idrici della Gerd. L’Egitto chiede un riempimento molto graduale, l’Etiopia sostiene che occorre approfittare della stagione delle pioggie per ottenere il massimo riempimento possibile.

Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha ripreso la questione l’8 luglio scorso per cercare di negoziare un accordo, ma l’Etiopia ha respinto l’iniziativa a livello diplomatico, affermando quanto sia «deplorevole constatare che l’andamento dei negoziati è stato rallentato e politicizzato».

Il Gerd è un progetto infrastrutturale cruciale per l’Etiopia, per il suo sviluppo economico e per l’elettrificazione in un Paese dove attualmente 65 milioni di persone non sono allacciate alla rete elettrica. Secondo un rapporto della Banca Mondiale del 2018, «circa il 70% della popolazione etiope vive senza elettricità».

(AP Photo/Mosa’ab Elshamy, File)

Tutta la difficoltà della questione si riassume di fatto in questa frase: l’Etiopia vuole l’elettricità, l’Egitto ha paura di rimanere senz’acqua. La diga etiope potrebbe infatti influenzare il trasporto fluviale sul Nilo, in Egitto, se il livello dell’acqua fosse troppo basso, e pregiudicare il sostentamento degli agricoltori egiziani che dipendono dall’acqua del Nilo per l’irrigazione dei campi.

A luglio 2020, l’Etiopia aveva annunciato di aver raggiunto l’obiettivo di immagazzinare 4,9 miliardi di metri cubi d’acqua, ed aveva pianificato una seconda fase (quella realizzata in questi giorni) di accumulo di ulteriori 13,5 miliardi di m3. Ma il bacino della mega-diga, quando sarà completato, avrà una capacità totale di 74 miliardi di metri cubi d’acqua. Diventerà una delle più grandi dighe idroelettriche in Africa e renderà l’Etiopia uno dei principali produttori di energia dell’Africa orientale.

Già in questa fase, comunque, il bacino è in grado di attivare due turbine per la produzione di 5 mila megawatt. Al completamento del progetto (previsto nel 2022), la produzione dovrebbe superare 6.500 Mw.

 

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