Ester, lucciola o stella?

È l’ora in cui la luna sbadiglia. È stanca, dopo avere trascorso tutta la notte in cielo, per rischiarare la strada ai gufi e alle civette, alle fragili falene e agli gnomi. Ora la luna spia l’orizzonte, per vedere se il sole compare puntuale a darle il cambio, così da poter andare a godersi il meritato riposo. Questa è anche l’ora in cui la talpa Giovanna mette sulle spalle uno scialletto di lana viola ed esce sul prato, per raccogliere un bel mazzo di trifoglio con il quale prepara una minestra davvero speciale. China sul prato, la talpa sta scegliendo le foglie più tenere, ancora bagnate di rugiada; quando, tra di esse, vede luccicare qualcosa. – Oh, una lucciola! – esclama, sollevandola delicatamente -. Come mai sei ancora nel prato? A quest’ora dovresti già essere a casa, con le tue sorelline. Hai forse smarrito la strada? La lucciola guarda Giovanna diritto negli occhi e risponde: – Guardi che si sbaglia, signora talpa, io non sono una lucciola, sono una stella! – Una stella? Che cosa dici, piccola cara? Tu sei una luccioletta, ne ho viste tante io, non posso sbagliarmi. Hai voglia di prendermi in giro? Adesso la lucciola (ma dobbiamo ancora chiamarla così?) è veramente arrabbiata. – Insomma, lo saprò ben io chi sono! Intanto, mi chiamo Ester che significa, appunto, stella: è chiaro, no? – È chiaro – risponde calma Giovanna -; ma come mai sei qui, allora? – Eh, questo piacerebbe saperlo anche a me – sospira Ester -. Chissà come ho fatto a cadere dal cielo, non me ne sono proprio accorta! – E adesso, cosa pensi di fare? – Non lo so, ma non mi preoccupo. Mio padre, il sole, è tanto potente, troverà il modo di venire a riprendermi! – Nel frattempo, se vuoi, puoi venire a casa mia. È quella tana laggiù, sotto terra. – Sotto terra? E tu vorresti portare una stella sotto terra? Ma io sono nata per stare nel bel cielo limpido, non voglio andare a sporcarmi nella terra! – Scusami, cara, non volevo offenderti. Io vado. Se avessi bisogno di qualcosa, la mia cadi sa, te l’ho detto, è laggiù: c’è un campanellino appeso allo stelo di un ranuncolo e c’è il mio nome, Giovanna, sulla porta. Ciao, piccola! – Addio, vecchia talpa, addio! – risponde Ester -.Ti farò un salutino dal cielo questa notte” – aggiunge con un pizzico di superiorità. Mezzogiorno è passato. Il sole splende alto nel cielo ed Ester è ancora là, sola, sul prato. “Perché il sole non manda nessuno a prendermi? – si domanda -. Eppure ormai dovrebbe essersi accorto che io non sono rincasata. Mah, forse sarà molto occupato. Ci sarà, come al solito, qualche esercito di nuvole che vuole scacciarlo dal cielo. Aspetterò ancora un pochino” intanto potrei andare a dare un’occhiatina alla casa della talpa”. Dlin dlin! Dlin dlin! Il campanellino annuncia a Giovanna che c’è una visita. – Ciao, piccola lucciola, che bella sorpresa! – esclama la talpa, aprendo la porta. – Ancora questa storia della lucciola? Ma non mi sono spiegata bene, questa mattina? – Sì, sì, ti sei spiegata benissimo, ma io sono vecchia e dimentico le cose, devi avere pazienza con me. Ora vieni, Ester, avrai fame: scommetto che non hai ancora mangiato! – Mangiato? Certo che non ho mangiato! Si è mai sentito dire che le stelle mangino? – Scusami cara, non conosco le abitudini delle stelle. Comunque qui c’è un piatto di minestra di trifoglio” Ester guarda il piatto di sottecchi: un profumino delicato ha riempito tutta la tana. – L’assaggerò per cortesia – dice, prendendo il piatto con noncuranza. Con poche cucchiaiate avide, in un attimo, Ester ha ripulito il piatto. – Vedo che ti è proprio piaciuta! – esclama contenta Giovanna. – Piaciuta? Ma se non ho neppure sentito che gusto aveva! Noi stelle ci nutriamo di altre cose: di bellezza, di poesia, di sogni.Ah, ma perché perdo il tempo a parlare con te di queste cose? Tu non le puoi capire, sai parlare solo di minestre, tu! Tra un battibecco e l’altro, giunge la sera. Ester allora corre sul prato e grida, rivolta alla luna e alle stelle, sue sorelle: – Ehi, sono qui, venite a prendermi! Ma lassù nessuno sembra accorgersi di lei. È già passata una settimana. Questa notte Ester si è seduta silenziosa su una foglia di margherita: ha gridato così tanto che non ce la fa proprio più. E poi si sente anche un po’ scoraggiata: possibile che nessuno in cielo si sia accorto della sua mancanza? Eppure da qui, dalla terra, si vede benissimo che lassù c’è un buco vuoto perché manca lei, la stella Ester! Mentre sta meditando sulla sua sfortuna, Ester viene attratta da un lamento. Si china a guardare e scorge un piccolo grillo che piange, disteso nell’erba. Gli si avvicina e, prima ancora che possa dire qualcosa, il grillo la vede ed esclama tra i singhiozzi: – Oh, una lucciola, una lucciola! Come sono fortunato! Ester si sente avvampare dalla rabbia e sta per rispondere al grillo, ma come si fa a discutere con un poveretto che piange spaventato? “Pazienza – pensa -, quando si sarà calmato gli spiegherò come stanno veramente le cose”. – Luccioletta, per favore, rischiarami il cammino! – la prega il grillo. E così Ester accetta di fare la parte della lucciola e riaccompagna a casa il grillo. Là trovano Mamma e Papà Grillo, la cicala Letizia, il calabrone Anselmo e persino l’Ape Regina, tutti preoccupatissimi per l’assenza del grillino. Ed Ester viene accolta da un coro di “Grazie!” che sembra non finire più. Poi tutti si danno un gran daffare: le formiche versano dolci sciroppi nei calici dei fiori, la cicala Letizia intona un canto in onore di Ester e l’Ape Regina fa portare dalla sua casa una squisita torta al miele. Ester è così felice che si dimentica che le stelle non mangiano e partecipa con allegria al banchetto, gustando tutte quelle delizie.Terminata la festa, però, si ritrova di nuovo sola sul prato. Guarda le stelle che splendono nel cielo e si chiede: “E se fossi davvero una lucciola? Eppure, fino a questa mattina, ero sicura di essere una luminosissima stella, un’abitatrice del cielo!” Ma forse non ha molta importanza essere stella nel cielo o lucciola sulla terra, se la mia luce può servire a qualcuno”. – E poi – dice Ester guardando fissa le stelle – voi siete troppo lontane e non potete sentire com’è bella la parola “grazie”, come scalda il cuore e non conoscerete mai il sapore della torta al miele o della minestra della talpa Giovanna. Sì, sono proprio fortunata – conclude la piccola lucciola e si addormenta tranquilla su un fiore.

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