Errare è umano

Nella complessità in cui viviamo, nella flessibilità del mondo del lavoro, prendersi le proprie responsabilità e assumersi il rischio di sbagliare non è facile e immediato. Occorre recuperare il coraggio di agire e di essere se stessi

Con tante colorazioni differenti tutti noi usiamo la parola “errore” dandone un peso diverso contestualmente a ciò che accade. C’è chi sbaglia facilmente e chi invece ha il terrore di sbagliare. Chi si lascia andare al rischio, chi anche per prendere una scelta delega gli altri perché la possibilità di non prendere la strada corretta è un peso troppo grande da sopportare. C’è poi chi pensa di non sbagliare mai, l’ipersicuro, chi  invece ne è convinto anche quando non ha fatto nulla. A volte chi viene in consulenza pensa di delegarmi le proprie scelte; questa è una grande illusione. Non posso sostituirmi all’altro, ma solo accompagnarlo, mettendo in luce le caratteristiche personali e analizzando insieme la situazione; la scelta è assolutamente personale.

Assumersi la possibilità dell’errore, a volte, vuol dire prendersi le proprie responsabilità, diventare adulti, individuare chi siamo. Provando a riflettere sul rapporto con l’errore, possiamo osservare due limiti alla scelta razionale e quindi alla possibilità di diminuire la probabilità dell’errore: la capacità di calcolo e la conoscenza imperfetta. Nel primo caso, spesso siamo costretti a prendere decisioni in tempi celeri o non sappiamo neanche calcolare quanto tempo abbiamo di bisogno per fare la scelta ottimale. Nel secondo caso, il limite è che non abbiamo la conoscenza perfetta della realtà in cui agiamo per cui spesso ci fermiamo alla prima decisione ritenuta soddisfacente (si decide sulla base di una visione incompleta della realtà). La consapevolezza di ciò, ci fa comprendere quanto sia complesso e facile errare. Allo stesso tempo abbiamo una grande chance: fare tesoro del fallimento,  l’errore è dunque informazione.

Nella complessità della post modernità, nella flessibilità del mondo del lavoro che viviamo, nelle corse iperattive delle famiglie odierne, siamo continuamente a confronto con la possibilità di sbagliare. Accogliere dentro di noi l’errore e guardarlo con benevolenza ci fa scorgere una nuova conoscenza, un nuovo sapere per la nostra vita. Spesso ragioniamo per polarità opposte, giusto-sbagliato, la sfida più grande è unificare questi opposti e dargli lo spazio per conciliarsi dentro di noi; accettando questa umana possibilità.

Questo è accaduto a M. che cercava la soluzione a un problema lavorativo e aveva dei pensieri catastrofici rispetto all’esito che il suo comportamento poteva generare. Fare il passo sbagliato le sembrava assolutamente distruttivo per se stessa e delegava agli altri (me compresa) la scelta concreta da compiere. A un certo punto mi dice: «Ho capito, neanche tu mi dici cosa devo fare, e se sbaglio? Io non so prendere la scelta giusta!». Abbiamo ragionato molto su questa affermazione fino ad arrivare alla sua decisione, fino ad abbracciare la paura dell’errore, fino a recuperare il coraggio di agire e di essere se stessa nella relazione con gli altri. Ha affrontato la situazione, ma soprattutto la paura.
Il nuovo, il cambiamento nella nostra vita si nutre dell’errore: sbaglia chi fa, chi non fa, non sbaglia!

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