Ero stanco e tu mi hai sorriso

Le nostre città si riempiono di auguri e di sorrisi a tratti sommessi, veri, talvolta purtroppo sguaiati e falsi, come smarriti. E un appello serpeggia fra i viali dei quartieri addossati alle periferie multiculturali o sui sentieri affaticati dei villaggi, avvinghiati ai colli più brulli: il nuovo anno porti vita, un vita autentica da uomini veri, da figli di un padre, un Padre… Diciamolo francamente. Abbiamo il desiderio di sentirci vivi e rappacificati, di un quotidiano fraterno, di essere abbracciati dalla vita. Luisa sta salutando i suoi colleghi di lavoro. Per queste vacanze, a cavallo fra i due anni, qualcuno fra loro raggiungerà la famiglia lontana. Col sapore di casa già sulle labbra e negli occhi lo scorrere del treno, che affiancherà ritmandolo, lo sciacquio del mare lungo la costa adriatica, anche Carlo saluta la collega. Il suo augurio però non si ferma alle espressioni più consuete. Carlo aggiunge: E grazie Luisa per il tuo sorriso, che mi ha accompagnato in questi miei primi mesi di incarico.Mi ha fatto bene. Luisa guarda stupita il suo giovane collega, in cui rivede i tratti del proprio figlio lontano, e commossa lo ringrazia, ripensando a quella osservazione. Nella vita aveva imparato ad apprezzare il sorriso delle persone incrociate al supermercato, così come negli uffici, a scuola, all’ospedale, per strada… Il cuore si era sempre scaldato a quel messaggio che non era così scontato: poteva raccontare una gioia, sostenere una difficoltà, incoraggiare una timidezza, rassicurare un’incertezza, accogliere… Ed ora ecco qui un ringraziamento. A sorpresa. Un vero regalo per quel Natale! Luisa ripensa, e non può farne a meno, ad un altro sorriso importante, piccolo piccolo, che non vorrebbe si oscurasse mai. È quello di Nesa, sei anni appena compiuti. Entrare nella classe di Nesa è sempre come aprire uno scrigno, sollevare il velo che custodisce un tesoro. Non può ignorare la bellezza di quel sorriso bambino, che racconta al mondo la gioia di esserci quando osserva e risponde con gli occhi che ha capito, anche se la sua lingua non è quella dei compagni e delle maestre. Sorride Nesa quando impara qualche nuova parola, sorride quando offre la sua merenda alla compagna di banco o corregge il fratellino impulsivo e perennemente giocherellone… Sorride quando spiega alla maestra la sua difficoltà, quando aiuta un compagno, quando ha intuito le regole del gioco delle sue compagne. Sorride senza timori di essere fraintesa. Sorride quando ascolta la musica che ama tanto o quando qualcuno le parla dei colori del Bangladesh, il suo Paese. Allora sogna con il sorriso e intorno a lei anche i litigi si smorzano, fluttuano indecisi e sfumano. Pochi giorni prima Luisa ha osservato più per sé stessa, sicura di non essere compresa dalla bambina: Il tuo sorriso è un raggio di sole e fa splendere tutta la scuola. Nesa forse non ha capito subito, però ha indicato il sole d’inverno fuori dalla finestra e ha sorriso divertita interrogando Luisa: Io sono… il sole?. Era felice Luisa di aver preso tempo, di aver scoperto quel sorriso, di essersi fermata a constatare quella risorsa contagiosa e di riprenderlo ancora con la memoria recentissima. Poi nello stesso giorno, felice coincidenza, una notizia sul quotidiano riporta Luisa indietro nel tempo: le celebrazioni per il centenario della nascita di Ezio Franceschini, rettore e studioso. Meglio tardi che mai, ha pensato Luisa, che ricorda di aver cresciuto le figlie con alcuni particolarissimi racconti dello scrittore, così grande da scrivere anche per i bambini, oltre a popolare il panorama del mondo accademico e altro… Il breve articolo è ricco di informazioni, sufficienti a inquadrare la grandezza di lui e a stimolare il curioso alla sua conoscenza. Luisa rimane sconcertata quando legge una delle sue ultime espressioni riportate nell’articolo: Non c’è stato giorno in questa mia vita, spesso faticoso, in cui non sia stato pienamente e completamente felice. Lo dico con trepidazione e tremore: felice. Sempre. È il pensiero che Luisa si ritrova a coltivare nell’ultimo difficile periodo della sua vita, proprio in coincidenza dell’augurio riconoscente del collega: vivere ogni giorno senziente alla gioia, capace di cogliere ogni piccolo spunto per gioire nella semplicità. Non è ingenuità, quindi, è un pensiero grande se ha sollecitato anche personaggi grandi! Luisa ricerca un libro, uno degli ultimi di Franceschini, sopravvissuto e accatastato nelle sua libreria e la commozione la prende quando legge nella prefazione, firmata dallo scrittore stesso, l’intenzione di dedicare l’opera alla signorina Anna e alle altre umili inservienti dell’università, sempre disposte ad accoglierlo col sorriso, nonostante le giornate dure, appresso a tanta gente importante da rifocillare e da accudire nelle faccende più pratiche dell’esistenza. È una dedica fuori schema e fuori tempo, una dedica che lascia al conformismo tutti i suoi linguaggi politicamente corretti e si lancia, anche per quei tempi ormai trascorsi, in un cielo insidioso: Dopo la sua accoglienza io mi sentivo leggero e riposato… ed ecco il volume che offro a lei e alle sue amiche: piccolo segno di riconoscenza, per quel sorriso che per tanti anni mi ha accolto e ancora mi accoglie, ponendosi come ala leggera sotto il peso della mia stanchezza. E continua, spiegando con intuizione preziosa: perché nelle beatitudini del Vangelo non c’è scritto, ma è sottinteso, ero stanco e mi avete sorriso. Una certezza e un augurio per questo nuovo anno: trovare il coraggio di un sorriso sempre, da regalare, o forse da regalarsi, per continuare una giornata faticosa, per schiarire nubi pesanti e confuse, per abbattere la stanchezza del buio e dell’individualismo sfrenato, per fare esperienza di beatitudine.

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