Ennio Fantastichini ci ha lasciato

Un attore capace di calarsi nei personaggi con squisita umanità

Se n’è andato all’improvviso, dopo quindici giorni di ospedale a Napoli, il primo dicembre. Cinema: tantissimo. Televisione: la serie Paolo Borsellino. Teatro: ultimamente Re Lear.

Il ragazzo del Viterbese, classe 1955, che a quindici anni recitava Samuel Beckett e che s’era diplomato alla Silvio d’Amico a Roma, ne ha fatta di strada. Dalla commedia di Giuseppe Bertolucci I cammelli (1988), al drammatico Porte aperte di Gianni Amelio (1990, Nastro d’argento come miglior attore non protagonista), sapeva caratterizzare con amabile ferocia o ambiguità i personaggi della commedia umana.

Dal capofamiglia reazionario in Ferie d’agosto di Virzì (1996) al boss milanese in Altri uomini di Bonivento (1997), dal padre ultra-maschilista di Mine vaganti di Ozpetek(2010) al film del 2018 Fabrizio De André – Principe libero. Era stato addirittura il re Erode nella fiction di successo Gesù di Nazareth del 1999 ed aveva lavorato con Peter Greenaway in Ripopolare la reggia.

La sua capacità di entrare nello spettro umano, alternando ironia a perfidia, dolore a bonomia, dimostrava non solo straordinarie capacità mimetiche, ma un animo capace di calarsi nei personaggi con squisita umanità, qualunque essi fossero. Così come sapeva essere signorile nella vita, come lo ricorda una collega amica, Iaia Forte. Peccato che non sia stato più conosciuto a livello internazionale. L’avrebbe meritato.

 

 

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