Elly Schlein: sette riflessioni

Analizziamo alcuni elementi che ruotano attorno all'elezione di Elly Schlein, dalla rinascita post elettorale del Partito Democratico all'attuale scenario della politica italiana
Elly Schlein
Elly Schlein vota nella sede Pd di via Mentana a Bologna, durante le elezioni primarie per la corsa a segretario nazionale del partito (Foto Guido Calamosca/LaPresse)

Di lei si parla ogni giorno da almeno una settimana. Da domenica 26 febbraio Elly Schlein ha vinto, a sorpresa, le primarie del Partito Democratico, sovvertendo le previsioni della vigilia. Nelle primarie di circolo, Stefano Bonacini, attuale presidente della regione Emilia Romagna, aveva conquistato il 52,87 per cento. Elly Schlein si era attestata al 34,88, con 18 punti percentuali in meno. Staccati gli altri, Gianni Cuperlo (7,96) e Paola De Micheli (4,29 %). Nelle primarie aperte, anche ai non iscritti e ai sedicenni, Elly, a sorpresa, ha trionfato. In maniera netta. E un nuovo volto si è affacciato ai vertici della politica italiana, cambiando anche alcuni paradigmi di riferimento.

L’elezione di Elly Schlein porta con sé alcune riflessioni, elementi che abbiamo imparato a riconoscere in questi mesi in cui il Pd ha vissuto il suo difficile travaglio post elettorale, avviando il congresso e l’individuazione di una nuova classe dirigente.

Il primo elemento lo definirei: il personalismo della politica. Bonaccini, Schlein, Cuperlo e De Micheli hanno deciso da sé di candidarsi. Nessun dibattito e proposta interna al partito ha portato alla loro individuazione. Questo è un bene, perché in alcuni casi alcune candidature non verrebbero mai proposte da alcuni gruppi di potere, ben presenti nei partiti, ma è anche un limite. Quale proposta ha saputo esprimere il popolo del Pd? Quali gli strumenti per far sì che il dibattito nei territori porti a nuove analisi e a nuove proposte ? Le tanto vituperate correnti e componenti avevano certamente molti difetti, ma forse qualcosa poteva essere salvato.

Il secondo elemento: il Pd è un «partito scalabile»? Un partito in profonda crisi, di contenuti e di risultati, è riuscito a trovare al suo interno la forza di rinascere. Perché conserva al suo interno dei meccanismi di democrazia concreta, perché un popolo fatto di iscritti veri, in carne ed ossa, non affidati solo a una piattaforma. Non è molto, perché tutto questo va di pari passo con elementi di grande criticità: partito di potere, abbarbicato su sé stesso, partito che conserva al suo interno la capacità di conservare e riciclare maggiorenti di tutti i tipi, partito con la difficoltà di definire un’identità di sinistra che sappia viaggiare di pari passo con i tempi nuovi del terzo millennio.

Gli elementi di criticità ci sono e ci sono tutti, specie in alcune periferie dove alcuni “senatori” sono diventati, di fatto, i proprietari del partito. Ma nonostante tutto ha ancora nel suo statuto e nel suo Dna la capacità di scrivere una pagina nuova. E in questi pochi spazi Elly Schlein e altri sono riusciti a inserirsi. Non è poco. Proviamo ad analizzare cosa succede altrove e magari andiamo a verificare quanti congressi, veri o presunti, siano stati effettivamente celebrati in questi anni. E ci accorgeremo anche che alcune forze politiche designano dall’alto i propri rappresentanti, i propri coordinatori, regionali o provinciali e questi, a loro volta, designano i rappresentanti di circolo.

Il terzo elemento: questa elezione è un terno al lotto. Difficile sapere in anticipo quanto si vince e cosa si vince. È una scommessa. Un risultato affidato anche all’imponderabile. Chi ha votato lo ha fatto avendo pochi elementi di valutazione reale e cosa accadrà oggi è difficilmente prevedibile. Non conosciamo ancora quali scelte farà la Schlein, stiamo cominciando a vedere qualche segnale in questi giorni. Anche questo è frutto di uno dei meccanismi strani della politica attuale in Italia.

Il quarto elemento: in Italia c’è voglia di sinistra. Di sinistra vera. Le elezioni scorse hanno dimostrato quanto fosse forte e reale la “voglia di destra” e questa ha condotto a risultati concreti, a un successo elettorale preventivato e preventivabile, ma importante e forte, soprattutto nei numeri. Le primarie, con una grande partecipazione, hanno dimostrato che alcune istanze ideali ci sono e non sono affatto defunte. Sarà interessante, nei prossimi mesi, verificare quale sarà il livello del confronto tra due aree politiche portatrici entrambe di valori forti, di proposte radicali, spesso diametralmente opposte.

Ci auguriamo che il dibattito resti su toni alti, di confronto reale, che aiuti noi italiani a comprendere la diversità di una proposta politica, che ci aiuti a scegliere una prospettiva reale e una direzione di marcia del Paese, allontanando i facili luoghi comuni e, peggio ancora, i vituperi, le polemiche sterili, i confronti su slogan e non sui contenuti. Il fatto che ai vertici delle due maggiori forze politiche italiane ci siano due donne, due donne capaci di proporre contenuti reali, è un valore aggiunto. Meloni e Schlein sono la scommessa del 2023.

Il quinto elemento: ci ripetiamo. Il ruolo delle donne in politica. Meloni e Schlein sono ai vertici perché sono state capaci. Non sono il frutto di una proposta dei leader. Ce l’hanno fatta da sole. Con le loro forze. Non è poco. Perché la politica in Italia, finora, è stata troppo spesso coniugata al maschile. E il cammino delle donne è sempre stato più difficile.

Il sesto elemento: i meccanismi della democrazia. Il Pd è l’unico partito che oggi opera con le primarie. Che hanno molti limiti e, primo tra tutti, il fatto che sono affidati alla libera e spontanea organizzazione del partito. Non ci sono regole stabilite, lo Stato italiano e il nostro sistema elettorale non prevede ancora le primarie. Il vulnus da colmare. Anche per dare certezza e concretezza a un meccanismo di democrazia che può produrre frutti. Le primarie, più ancora che le elezioni, sono espressione di una volontà reale del Paese perché va a votare solo chi ha un interesse, una conoscenza e una capacità di analisi. Non è poco, specie se considerato che nel nostro sistema elettorale prevale ancora il voto clientelare, quello di apparati e gruppi di potere che spesso surclassa la volontà reale dell’elettore. È un livello di voto un po’ più alto che, pur senza sottrarre spazi al suffragio universale, bisognerebbe valorizzare.

Il settimo elemento: la subcultura. Elly Schlein in questi giorni è sulla bocca di tutti. L’attenzione nei suoi confronti è cresciuta: inevitabile ha portato con se elementi di morbosità e, in alcuni casi, anche a slogan e frasi sessiste. Non si è sottratto un tal sindaco di Grosseto che sui social ha postato fotomontaggi e frasi sessiste, a riprova, casomai ce ne fosse bisogno, che un certo tipo di subcultura alligna un po’ ovunque attorno a noi e purtroppo anche nelle istituzioni. Di quest’ultimo elemento avrei preferito non scrivere, perché appartiene a quella frangia di persone che non faranno mai la storia. Poco hanno a che fare con la politica e con la ricerca del bene del Paese. Ma ci sono. Purtroppo.

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