Elezioni, simboli entro Ferragosto. Attenzione ai programmi

Pochi giorni per presentare i simboli dei partiti per le elezioni politiche del 25 settembre. Reso noto l’accordo di programma del centro destra
Elezion. Cartelloni in attssa dei manifesti Foto LaPresse/ Claudio Furlan

Scade domenica 14 agosto alle ore 16 il tempo utile per presentare, presso la sede del ministero degli Interni, a Roma, i simboli dei partiti che intendono concorrere alle elezioni politiche del 25 settembre.

Le liste con i candidati potranno invece essere presentati dal 20 al 21 agosto ma le segreterie dei partiti stanno già definendo i nomi di coloro che scenderanno in campo distinguendo tra posti ritenuti blindati, candidature di mero servizio destinate alla sconfitta e quelle, invece, che richiedono esponenti in grado di battersi fino all’ultimo voto nei collegi ritenuti contendibili.

Come detto più volte è la legge elettorale che definisce le regole del gioco così come avviene nello sport quando sullo stesso campo si possono seguire gli schemi del calcio o quelli del rugby con regole che sono radicalmente diverse come lo è la stessa forma del pallone.

Per alcuni il Rosatellum ha il vantaggio di ridurre il numero dei partiti e delle coalizioni pur riconoscendo che, dopo il voto, è molto probabile che arrivino divisioni e distinguo tali da riprodurre una molteplicità di posizioni contrapposte tra loro. E con più peso relativo esercitabile dal singolo deputato e senatore in un Parlamento dimagrito nel numero dei componenti.

Nella giornata di giovedì 11 agosto si è concluso l’accordo tra Calenda e Renzi per una lista unitaria che intende rappresentare l’area riformista liberal, definita anche di centro ma solo per dare una collocazione geografica distinta tra destra e sinistra, senza alcun riferimento a ciò che è stata la Dc.

Anche i 5 Stelle corrono da soli ma pretendono, o almeno hanno affermato finora, di voler essere altro dalle definizioni tradizionali della politica: né di destra, né di sinistra, ma neanche di centro.

Entrambe le coalizioni maggiori, poi, usano il termine “centro” associato a quello di destra o di sinistra con l’intento di esprimere un’area di consenso più estesa delle ali estreme. E così nelle elezioni politiche del 2018 il centro destra si è presentato con i 3 partiti principali (Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia) assieme all’Unione di Centro rappresentata dall’ex presidente della Regione Puglia Raffaele Fitto, che poi ha scelto di aderire a Fratelli D’Italia.

Ma è Forza Italia a voler rappresentare il centro inteso come “moderazione” delle spinte più estreme potendo vantare l’indicazione sul simbolo, presentato per il 25 settembre, l’affiliazione al Partito popolare europeo. Formata in gran parte da ex berlusconiani è la lista “Noi Moderati” con il simbolo composto da tanti cerchi che racchiudono anche lo scudo crociato.  È il quarto componente della coalizione che vede insieme Forza Italia con la scritta Berlusconi presidente, La Lega con l’insegna di Alberto da Giussano che sovrasta la scritta “Salvini premier” e Fratelli D’Italia, partito contrassegnato dal simbolo della fiamma tricolore, insegna storica del Msi, e dal nome Giorgia Meloni.

È questa la coalizione che, secondo i sondaggi di metà agosto, sembra destinata ad avere una solida maggioranza in Parlamento e quindi a governare il Paese. È perciò interessante, al di là di simboli e delle definizioni, farsi un’idea delle idee espresse nell’accordo quadro di programma condivisa dal centro destra consultabile su diversi siti come quello del foglio giovanile de La voce del patriota.

Ovviamente si tratta di indicazioni generali che non entrano, ad esempio, nel dettaglio delle scelte di bilancio in grado di sostenere determinate misure che già sono entrate nel dibattito elettorale. È il caso della flat tax, o tassa piatta ad aliquota unica da applicare a gran parte dei redditi, presentata come leva per risollevare l’economia. Gli economisti de La Voce.info l’hanno già criticata giudicandola insostenibile ed iniqua, ma una versione molto più elaborata di questa misura è stata già promossa da Nicola Rossi, già consigliere economico del presidente del consiglio Massimo D’Alema e ora presidente dell’Istituto Bruno Leoni, l’espressione più compiuta del pensiero liberista in Italia.

Sulla materia esistono le posizioni più diverse tra loro ed era perciò arduo arrivare ad una riforma del fisco come auspicato da Draghi tra i punti del suo programma di governo. Lo potrà fare ora una coalizione in grado di esprimere una robusta maggioranza.

Nell’accordo di programma del centro destra è ben definita la contrarietà ad ogni forma di imposta patrimoniale, da applicarsi cioè ai redditi elevati, ma allo stesso tempo non sembra essere questa la priorità del centro sinistra se non in alcune espressioni minoritarie.

Per permettere un vero confronto nel merito è auspicabile che venga reso esplicito e noto un accordo quadro condiviso dai partiti alleati con il Pd, altrimenti resta in piedi solo l’accordo separato tra dem e rosso verdi e quello tra gli stessi dem con i radicali di +Europa.

Quest’ultimi hanno convinto Carlo Cottarelli non solo a stendere, in campo economico, il programma della coalizione ma a candidarsi direttamente il 25 settembre. Come già evidenziato, il professore, presidente dell’Osservatorio dei conti pubblici italiani, esprime una linea condivisa da Azione e non si comprende su questi punti quale sia la differenza tra i programmi del “centro” da quelli del “centro sinistra”.

Non esiste, come già esposto, una differenza negli schieramenti circa il primo punto del programma di centro destra in merito «agli impegni assunti nell’Alleanza Atlantica, anche in merito all’adeguamento degli stanziamenti per la difesa».

Anche sul delicato capitolo delle migrazioni la coalizione del centro destra cita scelte fatte dal centro sinistra e intende ancorare la sua posizione sulle politiche europee a proposito della “Difesa dei confini nazionali ed europei come richiesto dall’UE con il nuovo Patto per la migrazione e l’asilo, con controllo delle frontiere e blocco degli sbarchi per fermare, in accordo con le autorità del nord Africa, la tratta degli esseri umani. Creazione di hot-spot nei territori extra-europei, gestiti dall’Unione Europea, per valutare le richieste d’asilo».

Circa la produzione energetica l’accordo di centro destra prevede che vi si possa arrivare «attraverso la creazione di impianti di ultima generazione senza veti e preconcetti, valutando anche il ricorso al nucleare pulito e sicuro». Un programma che appare condivisibile da Azione e da parte del centro sinistra, anche se ultimamente il Pd si è espresso, sul piano europeo, contro l’inclusione di nucleare e gas tra le fonti rinnovabili.

Anche l’attenzione alla realizzazione delle grandi opere esprime una linea condivisa a livello trasversale. Il centro destra si esprime a favore del «potenziamento della rete dell’alta velocità per collegare tutto il territorio nazionale dal Nord alla Sicilia, realizzando il ponte sullo Stretto». Non si può ignorare, in tal senso, che questa opera controversa da più di 40 anni è già rientrata nell’attenzione del governo Draghi.

Non si parla di inceneritori o termovalorizzatori nel programma del centro destra ma vi esiste un implicito riferimento quando si afferma l’intenzione di «aumentare il livello qualitativo e quantitativo del riciclo dei rifiuti, ridurre i conferimenti in discarica, trasformare il rifiuto in energia rinnovabile attraverso la realizzazione di impianti innovativi e sostenibili».  Tesi simile a quella usata dalla giunta di centro sinistra per realizzare il termovalorizzatore a Roma.

Anche sul riferimento all’autonomia differenziata delle regioni non può nascondersi il favore espresso su tale punto da parte di Bonaccini, presidente di quella regione Emilia Romagna che in parte ancora rappresenta l’oasi dei collegi sicuri del centro sinistra.

Il dissenso più forte si registra con il favore del centro destra all’elezione diretta del Presidente della Repubblica. Tesi comunque dibattuta sui tanti tavoli delle riforme istituzionali anche se l’accenno fatto da Berlusconi alle dimissioni dovute da Mattarella, in caso di cambiamento delle regole istituzionali, ha fatto scattare l’immediata reazione del Pd. Non è un mistero l’aspirazione dell’anziano fondatore di Forza Italia a coronare i 30 anni della sua “discesa in campo” del 1994 con la salita al Quirinale. D’altra parte nella legislatura che si sta chiudendo un’esponente del suo partito sta ricoprendo il ruolo di seconda carica dello Stato.

L’attenzione puntuale ai contenuti dei programmi, esemplificata su alcuni punti dell’accordo di centro destra, permette perciò di avviare un confronto nel merito con gli esponenti dei diversi partiti, a cominciare da quelli considerati più vicini, per capire meglio ciò che si presta a diverse declinazioni e interpretazioni.

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