Elezioni Brasile: due squadre in un Paese diviso

Considerazioni dopo il primo turno che ha visto lo sfidante Lula raggiungere il 48,4% contro il 43,2% dell’attuale presidente Bolsonaro. Si va al ballottaggio il prossimo 30 ottobre

Quando sono partito del Brasile, quattro anni fa, era abbastanza comune vedere ogni tanto i colori della bandiera nazionale nei vestiti o nelle decorazioni dei bar e delle aziende. Questo succedeva, però, durante i mondiali di calcio. Quando sono tornato nel mio Paese, a dicembre dell’anno scorso, parecchie cose erano cambiate. Il primo impatto è stato vedere una quantità esagerata di persone per strada che vendono qualsiasi cosa e chiedono da mangiare. Ma l’aria da finale di mondiale di calcio era più o meno la stessa. Al contrario di prima, però, la sensazione è di vivere quella stessa ansia ogni giorno. L’avversario che bisogna sconfiggere non è più una squadra di calciatori dell’altra parte del mondo, è l’altra metà della popolazione dello stesso Paese.

Ogni giorno, quando mi sveglio, vedo che una finestra in più degli appartamenti davanti si è schierata: una in più è diventata rossa, un’altra ha la bandiera verde e gialla e la maglietta nazionale di calcio non rappresenta più tutto il Paese. Ieri, nella lunghissima coda per votare, ho portato un libro. Un gesto che in altri tempi sarebbe stato normale, è diventato un atto rivoluzionario. C’erano quelli che uscendo della sezione elettorale sorridevano discretamente e mi guardavano bene e altri che provavano a mettermi a tutti i costi in una delle due categorie di brasiliano dell’anno 2022. Non indossavo niente di rosso, non avevo maglietta verde e gialla. Nelle mani avevo un libro.

Una delle fake news dell’estrema destra durante l’ultimo anno è stata che gli spazi dei gruppi di tiratori sportivi, cui è permesso dalla legge avere il porto di armi, verrebbero trasformati in biblioteche se la sinistra prendesse un’altra volta il potere. Questa è, appunto, una delle proposte per risolvere il problema della violenza: armare la popolazione.

Ieri, alla fine della votazione, i bar della via dove abito a Rio de Janeiro erano pieni di persone in verde e giallo che seguivano la trasmissione televisiva dello spoglio dei voti. C’era un clima di festa. Mentre una piazza a pochi metri da qui era piena di persone con vestiti rossi che seguivano trasmissione anche loro in festa. Passando da un’ambiente all’altro in bici condividevo la strada con le macchine dei carabinieri.

Nel gruppo WhatsApp della famiglia, però, non c’era festa. Mia sorella, profondamente delusa dalla posizione politica dei miei genitori, ha deciso di abbandonare il gruppo. Un gesto simbolico, pieno di dolore per tutte le parti coinvolte.

Chiudo gli occhi, ogni tanto, e provo a dire a me stesso: «Passerà, passerà». E sento come se avere speranza fosse, cosi come leggere, un atto rivoluzionario.

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