Elezioni amministrative. Vince l’astensionismo

Calo di votanti fra il 10-20 per cento. In pochi casi si è chiusa la contesa al primo round. Le partite principali di Roma (Marino-Alemanno) e di Ancona (Mancinelli-D’Angelo) si risolveranno ai tempi supplementari il 9-10 giugno. Per il 90 per cento dei casi, i ballottaggi vedranno confrontarsi i candidati del centrodestra e del centrosinistra. Fuori gioco i candidati “5 Stelle"
Ignazio Marino e GIanni Alemanno

Si è votato per le elezioni regionali in Valle d’Aosta e per le elezioni amministrative in 564 comuni, di cui due capoluoghi di regione (Roma ed Ancona) e 14 capoluoghi di provincia (Avellino, Barletta, Brescia, Iglesias, Imperia, Isernia, Lodi, Massa, Pisa, Siena, Sondrio, Treviso, Vicenza e Viterbo). Piccole, medie e grandi città: un campione modesto (pari al sette per cento degli oltre ottomila comuni italiani), ma pur sempre indicativo di una tendenza. Nella regione Sicilia il voto amministrativo si svolgerà il 9-10 giugno, in concomitanza con il secondo turno delle elezioni svoltesi ieri nelle altre regioni.

Il dato dell’astensione. A Roma ha votato poco più del 50 per cento: il 21 per cento in meno, corrispondente ad oltre un milione di cittadini della capitale che ha disertato le urne. A livello nazionale, la percentuale media dei votanti fa registrare una flessione variabile fra il 10 e il 20 per cento rispetto alle precedenti tornate elettorali del medesimo livello. Insomma, fatte salve debite e limitate eccezioni (ad Avellino, ad esempio, ha votato il 77 per cento), quasi un elettore su due (pare si tratti soprattutto dei giovani al di sotto dei 35 anni) ha scelto di non andare al voto, passando dalla protesta all’astensione.

Le responsabilità? Vanno ripartite – anche se non in uguale misura – fra la politica e l’antipolitica. Da un lato l’incapacità della classe politica di ri-conquistare la fiducia dell’elettorato, dando segnali di ravvedimento e di inversione di rotta nei comportamenti. Dall’altro, il calo di tensione nel corpo elettorale che, appena un anno dopo rispetto al precedente turno di consultazioni amministrative e/o referendarie, fa registrare un crollo verticale nella partecipazione al voto. Anche quello "di reazione" o "di protesta", visto – ad esempio – il dato emblematico del risultato del Movimento 5 Stelle rispetto a quello conseguito appena tre mesi addietro alle politiche (a Roma: 14 per cento oggi, rispetto al 27 per cento del febbraio scorso).

Quel che è certo è che emerge una stanchezza per le troppo frequenti e ravvicinate chiamate alle urne, considerato che, in pratica, il nostro Paese vive una continua campagna elettorale dal novembre 2011.

La legge elettorale. Quale che sia l’analisi di questa tornata di voto amministrativo, un dato è certo: la legge elettorale per l’elezione dei sindaci e dei consigli comunali funziona efficacemente. Offre certezza dell’esito del voto (indicando inequivocabilmente chi vince e chi perde, chi riceve il mandato di amministrare e chi di andare all’opposizione), assicura governabilità per l’intera durata del mandato, garantisce ampio diritto di rappresentanza ai diversi soggetti in competizione (prevedendo una congrua soglia di sbarramento per l’accesso nei consigli dei rappresentanti delle liste concorrenti). Certo con le dovute eccezioni (i casi di commissariamenti e/o scioglimenti per infiltrazioni mafiose) che implicano altre problematiche e non inficiano la regola.

Non potrebbe essere un modello da prendere a riferimento anche per modificare la legge elettorale per le elezioni politiche, con i dovuti adattamenti?

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