Electrolux. Bentornata politica industriale

Un nuovo piano di investimenti e contratti di solidarietà nell’accordo siglato con il gruppo svedese in Italia. Il segnale per non svendere il grande patrimonio manifatturiero del Paese
Electrolux

Dopo nove mesi di trattativa è arrivato l’accordo con la multinazionale Electrolux per il mantenimento dei quattro impianti produttivi italiani (Solaro, Forlì, Susegana,Porcia) e, soprattutto, la ridefinizione del progetto industriale fino,al 2017, della produzione di lavastoviglie, lavatrici, forni e piani cottura e frigoriferi. La delocalizzazione può attendere. Si tratta di un risultato raggiunto con l’impegno comune di sindacati, Confindustria, vertici delle Regioni interessate e il governo nazionale. Un segnale di quella politica industriale lungamente attesa e che potrebbe avviare, anche in Italia, quel processo di rimpatrio dell’attività produttiva (reshoring) sostenuta Oltreoceano dall’amministrazione Obama. I 150 milioni di euro che l’azienda si è impegnata ad investire nell’innovazione tecnologica nei prossimi tre anni vanno oltre i numeri di una programmazione che si può considerare ordinaria per una società di quelle dimensioni. Quel tipo di investimento segnala la presenza del valore aggiunto costituito dai saperi dei lavoratori e dal tessuto sociale considerato nel suo complesso.

La chiave di volta dell’accordo è costituito dall’applicazione del contratto di solidarietà chiamato “difensivo”  premiato dalla legislazione italiana con una riduzione contributiva, misura rafforzata con il decreto lavoro in via di approvazione. La riduzione della giornata lavorativa per tutti è accompagnata da un’integrazione salariale pubblica e dal mantenimento della maturazione della pensione in misura piena. Si tratta del cavallo di battaglia di gran parte del sindacato come alternativa ai licenziamenti e rimette in gioco un dibattito, sempre attuale, nelle società industriali complesse che richiedono l’alternarsi di alta intensità di lavoro per grandi volumi di produzione e un ridotto numero  di addetti. Un discorso complesso, spesso banalizzato, che va oltre la distribuzione dei turni.

L’accordo definisce pragmaticamente alcuni accorgimenti come la riduzione del monte orario dei permessi sindacali aziendali (maggiore finora di quelli contrattuali), la riduzione delle pause aggiuntive nello stabilimento di Porcia (Pordenone) e la redistribuzione delle ferie che permettono di non fermare il ciclo produttivo durante il periodo estivo.

La chiusura del sito di Porcia e la riduzione brutale delle retribuzioni secondo gli standard “polacchi”, paventati dall’azienda  in un primo momento, sembrano perciò lontani e l’accordo riceverà l’assenso dei lavoratori che, in questi mesi, hanno indetto 150 ore di sciopero. Come è scritto nell’accordo, restano in piedi tutte le procedure incentivanti l'esodo volontario verso la ricollocazione esterna, il pensionamento e l’attivazione di nuove imprese. Per lo stabilimento di Porcia, l'Electrolux si è impegnata anche a favorire la ricollocazione dei dipendenti con  l’insediamento di un altro importante gruppo industriale nelle aree inutilizzate dell’area. L’accordo è arrivato grazie anche all’impegno dei governi regionali di diverso colore politico a trovare risorse e incentivi per sostenere il mantenimento di una storica attività produttiva che riversa benessere economico su tutto l’indotto.

La soluzione esemplare della vertenza Electrolux potrebbe fra crescere la fiducia in un Paese che non ha bisogno di concessioni dall’alto o interventi pietosi perché , come ha messo in evidenza recentemente il rapporto redatto da Fondazione Symbola ,Unioncamere  e Fondazione Edison, l’Italia, esprime una grande capacità manifatturiera: siamo «uno dei soli cinque Paesi al mondo che vanta un surplus manifatturiero sopra i 100 miliardi di dollari. In compagnia di grandi potenze industriali come Cina, Germania, Giappone e Corea del Sud». Vuol dire che non è un destino obbligato ciò che è avvenuto, ad esempio, con il trasferimento della produzione della Fiat dalla Sicilia in Serbia.

Il piano per il patto europeo sull’industria (Industrial Compact), al centro del dibattito del prossimo Parlamento europeo, può rappresentare l’occasione per ridiscutere le regole di una globalizzazione che suscita un’insana competizione per l’esistenza,  tra lavoratori anche delle Nazioni del continente.

Il successo di un piano esigente come quello concluso con la Electrolux dipenderà dalla visione di lungo termine che saprà accompagnarlo. 

  

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