Dall’Egitto arrivano da oltre sei mesi notizie fantastiche, veramente straordinarie, anche se purtroppo non si tratta della liberazione di Patrick Zaki né di uno stop al flusso di armi diretto in Libia. Le notizie fantastiche sono quelle fornite dal Ministero del turismo egiziano, che spera in modo abbastanza evidente di rinnovare i fasti degli anni passati, quando nella terra dei faraoni arrivavano 15 milioni di turisti in un anno (2010) e non i 3,5 milioni che nel 2020 hanno avuto il coraggio di sfidare tutto, coronavirus compreso.
Dopo le clamorose scoperte archeologiche di Saqqara, nei giorni scorsi (15 febbraio 2021), dunque, c’è stato l’annuncio ufficiale del ritrovamento dei resti di un birrificio risalente con tutta probabilità alla I dinastia di faraoni dell’antico Egitto (3150-2925 a.C.), alla quale apparteneva il semi-leggendario Narmer (o Menes), il faraone che per primo unificò l’Alto e il Basso Egitto, la cui sepoltura si trova nella grande necropoli di Umm el-Qa’ab (Peqer in geroglifico), 2 Km a sudovest di Abido, non lontano da Luxor (l’antica Tebe). Peqer è una delle necropoli più antiche d’Egitto, dove scavò per alcuni anni alla fine del XIX secolo anche il grande egittologo Flinders Petrie.
In quest’area, in una zona parzialmente esplorata fino al 1912 e con tombe e case risalenti al 3100-2700 a.C., la missione archeologica guidata da Matthew Adams, della New York University, e da Deborah Vischak, docente a Princeton, ha individuato nei mesi scorsi un’installazione composta di otto sezioni, ciascuna è lunga 20 metri e larga 2,5 ed è costituita da una quarantina di tini in terracotta, su 2 file. I tini venivano utilizzati per riscaldare una miscela di cereali (orzo, ma anche farro o grano) e acqua, per la produzione della birra (come lievito si usava un vino di datteri ricavato pestando i frutti della palma con i piedi).
L’antica installazione appena ritrovata consentiva la “lavorazione” di 22.400 litri alla volta. Secondo il professor Adams il birrificio fu costruito nei pressi della necropoli per fornire la birra utilizzata in alcuni riti dell’epoca. Infatti, uno dei primi passaggi nel complesso procedimento di mummificazione era il lavaggio del corpo del defunto con la birra, un simbolo di purificazione realizzato con una bevanda ritenuta di origine divina. In altri siti egizi, vi sono testimonianze di un uso della birra anche nei riti sacrificali.
Il sito dell’antico birrificio si trova in un territorio considerato fin dai tempi della I dinastia sacro e riservato. E il gruppo di archeologi che l’ha riportato alla luce sostiene inoltre che la struttura appare come parte importante delle costruzioni reali dell’epoca del faraone Narmer (che morì nel 3.125 a.C.), la cui sepoltura non è distante dall’impianto per la produzione della birra.
La necropoli di Peqer (Umm el-Qa’ab) che raccoglie circa 650 antiche sepolture, si trova accanto ad Abido, una delle due città sante dell’antico Egitto (l’altra era Eliopoli, oggi alla periferia del Cairo). E ad Abido si trova il mausoleo del grande faraone Seti I (1323-1279 a.C.), uno dei più affascinanti e meglio conservati edifici antichi. Seti I (XIX dinastia), che fu il padre di Ramesse II, visse circa 18 secoli dopo Narmer, ma volle il suo monumento funerario proprio ad Abido, nell’area sacra ad Osiride, il dio degli Inferi e giudice delle anime, venerato in questa necropoli per tremila anni perché si riteneva che qui fosse sepolta la testa del dio. E non è certamente un caso che la famosa Lista dei Re (la lista dei 76 faraoni che precedettero Seti I) incisa all’interno del mausoleo di Abido, indichi come primo faraone proprio Narmer (Menes).
Con molta probabilità la scoperta e la produzione della birra va fatta risalire ai Sumeri (4° millennio a.C.), ma furono gli egizi a farla conoscere ed apprezzare in tutto il Mediterraneo. Nell’antico Egitto la birra era la bevanda per eccellenza e veniva bevuta tramite una sorta di cannuccia, come risulta da alcune raffigurazioni che ci sono pervenute. Solo molto più tardi, fra l’VIII e il IX secolo d.C., probabilmente ad opera dei monaci di San Gallo in Svizzera, venne introdotto un ulteriore ingrediente che porta alla birra moderna, il luppolo.