Egitto: altra ondata di condanne a morte

In attesa delle prossime elezioni che alla fine di maggio dovrebbero permettere al Paese di avere un nuovo presidente dopo la destituzione di Morsi, continua il pugno duro nei confronti della Fratellanza musulmana
Proteste dopo la condanna a morte di oltre 600 sostenitori dei Fratelli musulmani

In questi giorni, sono stati condannati a morte 683 sostenitori dei Fratelli musulmani, e fra loro anche Mohammed Badie, guida suprema del movimento. La decisione è stata presa dal tribunale della città di Minya, nell’Alto Egitto. Lo stesso tribunale che aveva condannato a morte, il 24 marzo scorso, 529 persone, e aveva chiesto allora al riguardo il parere del grande mufti. La condanna è arrivata al termine di un processo in cui erano imputati 1.200 membri o sostenitori dei Fratelli, accusati della morte di un agente avvenuta durante un attacco ad un commissariato, proprio nella città di Minya, a Sud del Cairo. Riguardo al verdetto del 24 marzo, il grande mufti nel frattempo ha risposto che secondo la legge dell’Islam non possono essere condannati a morte quelli che non hanno partecipato direttamente agli attentati, e perciò lo stesso tribunale di Minya ha confermato ora 37 delle 529 condanne che erano state emesse nel marzo scorso. Le altre sono state commutate in periodi di detenzione, la maggior parte delle quali a vita.

Per quanto riguarda il verdetto emesso in questi ultimi giorni, la condanna non è esecutiva. I giudici, infatti, come da prassi, hanno riferito la loro decisione al gran mufti d’Egitto. Il presidente del tribunale, ricevuta la risposta del gran mufti, che, comunque, resta segreta, emette il verdetto finale, che potrà ancora essere oggetto di ricorso in Cassazione.

Questa nuova ondata di condanne a morte riporta al centro del dibattito la questione dei diritti umani. Già la sentenza di alcuni mesi fa aveva suscitato giudizi negativi da parte di gruppi per la difesa dei diritti umani e anche da parte dell’Onu, degli Stati Uniti e dell’Unione europea. Un portavoce della Commissione per i diritti umani aveva affermato che il processo era stato «frettoloso» e «con abbondanza di irregolarità procedurali». Anche nei procedimenti di questi giorni molti imputati e i rispettivi avvocati difensori non erano presenti alla sentenza. "Human right watch" ha affermato che il tribunale impedisce ai difensori di presentare le proprie argomentazioni e che il processo dura appena ore.

La sentenza definitiva per le condanne dovrebbe esserci il prossimo giugno, dopo le elezioni, che si preparano in un clima teso a fronte di due anni di costanti tensioni e colpi di scena e, soprattutto, della dura repressione nei confronti della Fratellanza realizzata in questi ultimi mesi da parte del governo del generale Abdel Fattah al-Sisi, uomo forte del Paese, che sarà candidato insieme a Hamdeen Sabahi, nasseriano esponente della sinistra laica. I Fratelli musulmani, esclusi dalla competizione elettorale e dalla scena politica, hanno già definito le prossime elezioni «una farsa», incoraggiando i loro simpatizzanti a un boicottaggio, mentre al-Sisi, ovvio favorito, ha chiesto «un’affluenza senza precedenti alle urne, per il bene del Paese».

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